
A Pittsburgh nasce una «parrocchia per soli neri»

«Sorge sulla collina che domina la città. Questo a promemoria di quanto siano importanti per noi i cattolici neri». Il vescovo David Zubik ha accolto la richiesta della comunità cattolica nera di Pittsburgh: fare di San Benedetto il Moro una parrocchia “personale” per «rispondere a bisogni spirituali spirituali e culturali unici» e contribuire a «sradicare il razzismo».
La chiesa di San Benedetto il Moro, da 130 anni punto di riferimento nel distretto di Hil, sorge di fianco al Freedom Corner: è qui che si sono dati appuntamento il 1 giugno oltre cento leader religiosi, cattolici e protestanti provenienti da tutta la Pennsylvania per protestare contro la morte di George Floyd e le violenza della polizia. A gennaio, come da programma della diocesi, era stata “fusa” ad altre due chiese vicine per formare la Parrocchia della divina misericordia, ma i parrocchiani non erano contenti: su mandato di monsignor Zubik era stata pertanto istituita a febbraio una vera e propria “task force” per conferire a San Benedetto lo statuto di parrocchia personale, cioè priva di giurisdizione territoriale ma dedicata a una comunità specifica, come avviene comunemente negli Stati Uniti per le parrocchie che celebrano la messa secondo la forma straordinaria del rito romano, o per i i gruppi di rito orientale, o per avviare attività pastorali specifiche a beneficio di minoranze di lingua e nazionalità diverse.
Se sorprende fino a un certo punto che a richiedere lo “statuto speciale” e a concepirsi come minoranza in base alla razza siano stati i cattolici neri (nel loro rapporto al vescovo denunciavano la disparità economica, l’indifferenza razziale, la sfiducia nei confronti di uomini e ragazzi di colore invitando il clero a tradurre l’amore per le persone in «azioni culturalmente e spiritualmente» appropriate e ad affrontare le «dinamiche del razzismo e del privilegio bianco»), sorprendono le parole del vescovo che ha definito «provvidenziale» in questi giorni di proteste e manifestazioni l’idea di creare una parrocchia «separata» per la comunità nera. «È un momento critico. E spero che sia un momento in cui tutti ci rendiamo conto che dobbiamo sradicare il razzismo, che è un peccato. E non sono sicuro che in passato siamo riusciti ad entrare in empatia con i nostri fratelli e le nostre sorelle neri».
Come si fa, nel nome dell’eguaglianza, dell’inclusività e della lotta al “white privilege”, ad avvallare l’idea di una parrocchia «per cattolici neri», idea che più segregazionista non si può? Tempi ha già parlato in più occasioni del fenomeno dilagante dell’apartheid autoinflitta nelle università americane. Che ora tocchi alle chiese plaudere alla creazione di parrocchie ghetto (per quanto «aperte a tutti») per sconfiggere l’intolleranza e il razzismo sembra ancora più paradossale.
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