Leah Sharibu è prigioniera di Boko Haram già da due anni

Di Redazione
21 Febbraio 2020
Il presidente della Nigeria, Buhari, parla molto ma fa poco per liberare la 16enne che non si è voluta convertire all'islam. Il padre: «Per il governo non esistiamo»
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Sono passati due anni (19 febbraio 2018) da quando l’allora 14enne Leah Sharibu è stata rapita da Boko Haram dal suo villaggio di Dapchi, nel nord-est della Nigeria. Le sue 109 compagne, salvo le poche decedute in seguito al rapimento, sono state liberate in massa il 21 marzo, ma lei no. Come dissero i terroristi islamici ai genitori: «Si è rifiutata di convertirsi all’islam, ha detto che non lo farà mai, ma finché non diventerà musulmana non sarà rilasciata».

COSTRETTA A SPOSARE UN TERRORISTA

Oggi Leah Sharibu ha 16 anni e secondo indiscrezioni, confermate anche a tempi.it, è viva ma è stata costretta a sposare un comandante di Boko Haram. Violentata, ha concepito un figlio in cattività, ma la famiglia della ragazzina non ha perso la speranza di ritrovarla: «La cosa più importante per noi è di riaverla indietro sana e salva. Devono liberarla, a prescindere dalle sue condizioni. Non importa se torna con un bambino, l’importante è che stia bene».

IL POMPOSO COMUNICATO DEL PRESIDENTE BUHARI

Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria di etnia fulani, a più riprese accusato di non fare nulla per liberare Leah, ha rilasciato un comunicato pochi giorni fa:

«Leah è ancora nelle mani dei terroristi perché, a loro dire, non ha abiurato la sua fede cristiana. Ma noi, in quanto rappresentanti del governo di e per tutti i nigeriani, affermiamo che nessuno ha il diritto di costringere un’altra persona a cambiare la sua fede contro la sua volontà e che ogni vita è sacra. Faremo di tutto per liberare lei e gli altri rapiti, a prescindere dalla loro fede religiosa. Mentre raddoppiamo i nostri sforzi, non possiamo mai permettere ai terroristi di dividerci, cristiani contro musulmani, musulmani contro cristiani. Siamo tutti figli di Abramo. E tutti i nigeriani hanno lo stesso valore e gli stessi diritti davanti alla legge e davanti a Dio».

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«PER IL GOVERNO NON ESISTIAMO»

Nonostante le sue pompose dichiarazioni, alle quali non è nuovo (basta ricordare quando disse trionfante nel 2015: «Abbiamo tecnicamente sconfitto Boko Haram»), la verità è che il governo sta facendo poco o nulla per salvarla. Questa, perlomeno, è l’accusa che gli rivolge il padre di Leah, Nathan, in un’intervista all’emittente nigeriana Channel’s Tv:

«Buhari non mi ha mai telefonato, nessuno del governo mi ha mai telefonato da due anni a questa parte, anche se una volta un funzionario delegato è venuto a casa nostra. È come se per loro non esistessimo. Ringrazio tutti i nigeriani, cristiani e musulmani, che pregano per noi e chiedono al governo di liberare Leah. Chiedo al presidente Buhari di mantenere le sue promesse alla mia famiglia, alla nazione e al mondo intero. La situazione della mia famiglia, a causa del rapimento di Leah, è terribile».

«LEAH AMBASCIATRICE DEL CRISTIANESIMO»

La storia di Leah ha scosso tutto il paese. Emmah Isong, segretario nazionale dell’Associazione cristiana pentecostale, l’ha definita «ambasciatrice del cristianesimo nella Repubblica di Boko Haram». Se dal 2015 al 2017 le attività terroristiche di Boko Haram erano diminuite, ora gli islamisti sono tornati a compiere violenze quasi ogni giorno. A questa minaccia nel nord del paese si aggiunge quella dei pastori Fulani, che l’anno scorso hanno mietuto più vittime di Boko Haram e che imperversano nella Middle Belt nigeriana.

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