Un don Camillo a Cervia. Dialoghi minimi guareschiani

Di Rodolfo Casadei
28 Aprile 2019
Ci vuole una bella dose di coraggio, o di incoscienza, per proporre un remake in versione letteraria dei guareschiani dialoghi fra don Camillo e il Crocifisso. Recensione del libro di Pierre Laurent Cabantous, arciprete a Cervia

Ci vuole una bella dose di coraggio, o di incoscienza, per proporre un remake in versione per ora solo letteraria dei guareschiani dialoghi fra don Camillo e il Crocifisso, noti ai lettori della saga Mondo Piccolo e resi celebri e popolari da una fortunata serie di film negli anni Cinquanta e Sessanta. Può aiutare il fatto che l’autore sia anche lui, come il personaggio di Giovannino Guareschi, parroco di una località emiliano-romagnola; che la località coincida con la cittadina balneare di Cervia, dove Guareschi trascorreva le vacanze estive e dove morì il 22 luglio 1968; che il sacerdote di nascita sia italo-francese come italo-francese era Fernandel, al secolo Fernand-Joseph-Désiré Contandin, l’attore che con la sua fisionomia inconfondibile ha fatto del volto di don Camillo un archetipo. Ma soprattutto aiuta il fatto che Pierre Laurent Cabantous, dal 2013 arciprete della parrocchia concattedrale S. Maria Assunta a Cervia e prima di allora parroco di campagna alle porte di Ravenna, sia, come scrive Costanza Miriano nella prefazione, un “vero prete”, «uno che ha consegnato il suo cuore al Signore, e che, con tutte le mancanze e i limiti di un uomo, rimane fedele alla sua chiamata mettendoci tutto se stesso».

DICIOTTO PICCOLE CATECHESI

Proprio come il don Camillo guareschiano. Dopodiché cominciano le differenze: «Le diciotto piccole catechesi fatte con il sorriso», come le definisce don Pierre parlando dei suoi immaginari dialoghi con Gesù, sono nate come altrettanti post sulla pagina Facebook del sacerdote e non come brani di romanzi; diversamente da don Camillo l’arciprete di Cervia non ha a che fare tanto con baldanzosi comunisti la cui umanità profonda non è stata del tutto compromessa dall’ideologia, ma con le anime d’oggi a rischio di disintegrazione per l’azione disgregante dell’individualismo e del consumismo, che però ancora non ha intaccato un nucleo ultimo dove Dio Padre, Suo Figlio e la Madre di Lui sono presenti e agiscono, come don Pierre ha modo di rendersi conto anche grazie ai richiami del Cristo con cui dialoga. E infine va detto – la cosa non è poi così secondaria – che don Cabantous è sensibilmente più bello di Fernandel, e per parlare italiano con inflessione italiana (e un poco romagnola) non ha bisogno, come l’attore francese, del doppiaggio di un Carlo Romano, essendo lui nato a Ravenna e non a Marsiglia.

Gli argomenti spaziano nel quotidiano del parroco, dei fedeli e della gente tutta del borgo. Spunti minimi come la musica in piazza davanti alla concattedrale, i foglietti per la Messa che non bastano mai, l’orologio del Comune indietro di cinque minuti, gli inviti a pranzo, l’invadenza della festa di Halloween, l’uscita notturna con gli scout, diventano occasioni per mettere in risalto verità che consolano e mobilitano; che non sono più intrappolate nelle pagine dei teologi e degli esegeti ma sbocciano dai fatti basilari della vita. Sulla libertà:

«I vostri progenitori hanno temuto che, se Dio fosse stato troppo grande, avrebbe tolto qualcosa alla loro vita: il nucleo del peccato originale. Pensavano di dover accantonare Dio per avere spazio per loro stessi. Questa è stata anche la grande tentazione dell’epoca moderna, degli ultimi tre-quattro secoli. Sempre più si è pensato e anche si è detto: “Ma questo Dio non ci lascia la nostra libertà, rende stretto lo spazio della nostra vita con tutti i suoi comandamenti! Dio deve dunque scomparire; vogliamo essere autonomi, indipendenti. Senza questo Dio noi stessi saremo dèi, facendo quel che vogliamo noi”. Era questo il pensiero anche del figliol prodigo, il quale non capì che, proprio perché si trovava nella casa del padre, era “libero”. Andò via in paesi lontani e consumò la sostanza della sua vita. Alla fine capì che allontanarsi dal padre, invece che libero, lo aveva reso schiavo; capì che solo se fosse ritornato alla casa del padre avrebbe potuto essere libero davvero, in tutta la bellezza della vita. È così anche adesso: si pensa e si crede che, accantonando Dio ed essendo autonomi, seguendo solo le proprie idee e la propria volontà, potendo fare quel che si vuole senza che nessun altro possa darci alcun ordine, si diventi realmente liberi. Ma dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore di Dio sul suo volto. Alla fine risulta solo il prodotto di un’evoluzione cieca e, come tale, può essere usato e abusato».

PRETI E PORCI AL MERCATO

Sulla sofferenza: «Non ho mai voluto la sofferenza e la morte: esse, come ben sai, sono entrate nel mondo con il peccato. Provo verso la sofferenza la vostra stessa ripugnanza, ma ho accettato di bere il calice della passione fino all’ultima goccia. La sofferenza è una grande scuola, la scuola più difficile: è una scuola di vita perché libera l’esistenza da tutto ciò che è effimero e illusorio, e abitua a comprendere i valori profondi e perenni, a vedere le cose nella luce superiore della fede. È una scuola dove non contano le parole, contano le lacrime».

A volte don Pierre diventa irascibile come il don Camillo di Guareschi: sbatte giù il telefono all’ennesimo turista che chiama non solo per sapere l’orario della Messa, ma anche quanto durerà (!), risponde per le rime al tizio che lo apostrofa vedendolo al mercato in abito talare («Urto, senza volere, un tale con uno strano cappello in testa, il quale immediatamente esclama: “Oggi al mercato si vedono preti e porci”. “Mi scusi, anche lei è un prete?” gli chiedo. “Io?! Mo’ propi!” “Allora, deve essere un porco”»).

Più spesso mostra un temperamento apprensivo e trepidante. Come quando si tratta delle tempeste dentro alla Chiesa. Allora Gesù gli fa la grazia di parlare direttamente con sua madre, la Vergine Maria. Che lo tranquillizza così: «Non essere spaventato, don Pierre Laurent. Il timone della Barca di Pietro è retto da Mio Figlio; se a voi sembra assopito, in realtà è sempre vigile e, quando vuole, placa, con un solo cenno, ogni tempesta. E poi, dalla Croce, mi ha chiesto di accogliere tutti voi nelle mie mani e, soprattutto, nel mio Cuore».

(Pierre Laurent Cabantous, Un don Camillo a Cervia, Itaca Edizioni, pp. 59, euro 10. I profitti saranno destinati al restauro della chiesa di Santa Maria del Suffragio a Cervia)

@RodolfoCasadei

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