Formigoni, la questione è la democrazia. E riguarda noi. Tutti noi

Di Fabio Cavallari
12 Maggio 2012
«Non dirò "io sto con Cl", bensì io sono di Cl se si tratta di difendere i principi fondanti della nostra civiltà». Lettera di un non credente a Tempi.

Caro direttore,
vorrei evitare di iniziare il mio ragionamento anteponendo l’astuto quanto puerile incipit «io non sono di Cl ma sulla faccenda Formigoni…». Trovo fastidiosa l’idea che una negazione identitaria, costituisca il presupposto ideale perché una posizione ottenga cittadinanza e considerazione. Ho voluto sottolineare questo passaggio perché ritengo che quanto sta accadendo attorno al Palazzo della Regione non sia affatto un problema di delimitata competenza ciellina. Voglio dirlo nella maniera più laica possibile, sempre che questo termine non abbia subito irrimediabilmente la sua Caporetto.

Il tema del dibattito è la democrazia. Con tutta sincerità, se fossimo qui a discutere delle sorti interne di un movimento ecclesiale, io potrei anche disinteressarmi della cosa. Il punto non è neppure capire se il Governatore e gli uomini che da vent’anni costituiscono il nocciolo duro dell’esperienza lombarda, riescano a tener botta o debbano arrendersi alle orde dei barbari moralizzatori. Certo, in caso di débacle sarei umanamente dispiaciuto per tutti gli amici con cui sono entrato in empatia umana in questi anni. In realtà, il vero dramma risiede nel tentativo, ben più ampio, di azzeramento degli spazi democratici nel nostro paese. Non stiamo discutendo di un affare che riguarda le logiche interne di una stretta schiera di uomini legati a Cl e neppure delle contraddizione insite nella natura di ogni individuo.

Qui la posta in gioco siamo noi. Tutti noi. Nessuno si deve sentire escluso. Il tentativo, neppure tanto velato, di dipingere una Comunione e Liberazione buona quando opera nel sociale o nelle cooperazioni internazionali, ed una mefistofelica quando, attraverso gli uomini che in quell’alveo culturale sono cresciuti, si ritrova a trattare con il potere e la politica, è una mistificazione figlia dell’astrazione.

In verità, tutto ciò odora di vecchio. Da quanto tempo si tenta di ridurre il cristianesimo ad un fatto privato, richiudendolo nell’alveo del personale, come se si potesse ragionevolmente sprangare l’uscio della propria coscienza quando si varca la porta d’uscita di un luogo sacro. È la storia di sempre, che oggi si ripete con una virulenza, tanto malevola quanto volgare.

Quanto stupisce è l’occultamento di una realtà palese, chiara e limpida. L’azione di governo di Formigoni in questi anni ha portato la Regione Lombardia a collocarsi nelle posizioni di vetta dei territori virtuosi di tutta Europa. Le eccellenze della sanità, l’ammodernamento nelle infrastrutture, i percorsi di formazione professionale, non sono risultati che il governatore ha ottenuto per ingraziarsi gli amici di Comunione e Liberazione. Non sono atti di partigianeria che hanno escluso parte della popolazione. Il beneficio che è nato da quelle opere è andato a vantaggio di tutti. Credenti o non credenti come il sottoscritto, conservatori o progressisti.

Quel metodo di lavoro però non è nato a tavolino, dentro le stanze del Pirellone, ma è la derivazione diretta di un’esperienza che vede nell’insegnamento di don Giussani e in quell’avventura ecclesiale il suo presupposto culturale e identitario. I principi di sussidiarietà che hanno permesso di avere strutture sanitarie all’avanguardia ed accessibili a tutti, la possibilità di costruire reti di collegamento stradale anche quando lo Stato ha iniziato a chiudere i rubinetti del credito, la creazione dei percorsi educativi e di riqualificazione, sono il risultato di quel cammino iniziato nel lontano 1954 al Liceo classico “Berchet” di Milano. Cancellare la “diversità” lombarda riducendola ad una bieca avventura affaristica, non è solamente una falsa manovra ingannevole e truffaldina, ma è un atto di lesa maestà nei confronti della democrazia. Così facendo non si colpisce “semplicemente” Comunione Liberazione, ma si tolgono spazi sostanziali di libertà. Ecco perché nessuno si deve sentire escluso.

L ’operazione messa in atto dai nuovi moralisti, sospinti da un bigottismo e da un senso della purezza che è solo una falsa pretesa intellettuale, sta mettendo a rischio il terreno dove ogni giorno compiamo il nostro cammino.

Non dirò allora «io sto con Cl», bensì io sono di Cl se si tratta di difendere i principi fondanti della nostra civiltà, come dirò sono radicale se la lotta è quella per l’amnistia, o sono compagno se l’obiettivo è quello di mettere alla berlina le perversioni del nostro capitalismo straccione.

Questa è la libertà. Questo è il mio essere laico.

Fabio Cavallari

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5 commenti

  1. Giovanni

    Fai davvero pena…

    Da un punto di vista puramente giuridico il sig. Formigoni Roberto, al suo III mandato, non doveva neppure candidarsi, ascoltasse davvero l’Evangelo, avrebbe sentito il <> profferito dal Cristo duemil’anni fa’…

    Diceva S. Giovanni Bosco che la Sua missione era formare “Buoni cristiani e onesti cittadini”, il sig. Formigoni Roberto non è nè l’uno, nè l’altro!
    (N.B. A scanso di querele si precisa che, formalmente è illegale il terzo mandato di presidente della regione lombardia del sopracitato F. R.).

  2. Robert Benson

    Oh la la, adesso tirate fuori pure la democrazia in pericolo… stiamo rimanendo a corto di argomenti? Ma i vostri due amici hanno commesso i reati contestati o no? Stiamo parlando di un fatto di cronaca con implicazioni inevitabilmente politiche o di un evento fantapolitico-apocalittico?? Contenti voi di continare a pensare che pur facendo le stesse cose degli altri siete migliori, speciali, e che tutto questo accade esclusivemente perchè i cattivi ce l’hanno con voi. Non vi viene da pensare che magari la gente ce l’ha con voi non per ciò che siete, ma perchè a voltr non siete quello che dite di essere?

    1. Su Connottu

      Egregio Robert Hugh Benson,
      lei ha appena dato un esempio da manuale di cosa significa presentarsi per ciò che non si è.
      Ma vista l’altissima concezione che lei ha di se stesso, con buona pace dell’evidenza, la invito a considerare anche la possibilità che:
      – esista un regolare processo per stabilire le responsabilità penali di chi si trova in stato di detenzione preventiva.
      – che almeno sino all’avvenuta celebrazione del processo, eventualmente attraverso tre gradi di giudizio (mi rendo conto: un’inutile e costoso cerimoniale, per lei che è perfetto) chi ha rapporti di conoscenza e amicizia con le persone sottoposte a carcerazione preventiva possa esprimere, in merito alle accuse, un’opinione diversa da quella dei pm.
      – la responsabilità penale sia personale. Su questo aspetto osservo che l’articolo 27 della costituzione repubblicana, in Italia, la pensa diversamente da lei. Spero di non offendere con questo la sua autostima.
      – la costituzione della Repubblica italiana sia ancora in vigore.

      Cordialità

    2. Gianluca Mariani

      Oh la la, ma violare il segreto istruttorio, violare la segretezza della corrispondenza, utilizzare la carcerazione preventiva come se piovesse, fregarsene della presunzione di innocenza fino a condanna definitiva, il tutto in violazione della Costituzione italiana non è una questione di democrazia?
      Lo sputtanamento a mitraglia con qualunque mezzo di alcuni e le amnesie selettive per gli amici da parte di certa stampa moralista per togliere di mezzo alcuni e salvare altri – senza il voto del popolo – non è una questione di democrazia?
      Le “implicazioni inevitabilmente politiche” che dovrebbero valere per alcuni ma non valgono per altri- ad esempio Errani, Vendola, Penati, Bersani – non sono una questione di democrazia?
      Strano modo di concepire la democrazia il suo!

  3. Enrico

    Posso dire di riconoscermi nel ragionamento di Fabio Cavallari. Con tutto quello che vediamo entrando nelle varie strutture sanitarie dove SI VEDE l’organizzazione del personale e si intuisce il lavoro che sta dietro.
    In compenso molte altre ottime iniziative non vengono riportate dai mas media, o si vengono a sapere casualmente in occasione di dossier o inchieste (Il Sole 24 Ore o simili) su argomenti specifici.

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