Don Ciccio Ventorino, che da discepolo divenne "figlio" di don Giussani

Di Egisto Mercati
17 Agosto 2018
Senza alcuna enfasi, a tre anni dalla morte, posso dire che don Ciccio, così era chiamato Francesco Ventorino dagli amici, mi è stato compagno, amico, fratello per 45 anni. Lo

Senza alcuna enfasi, a tre anni dalla morte, posso dire che don Ciccio, così era chiamato Francesco Ventorino dagli amici, mi è stato compagno, amico, fratello per 45 anni. Lo conoscevo di vista, ma all‘inizio del Clu a Perugia (1970) varie circostanze permisero una frequentazione più assidua. Passavamo ogni tanto, insieme a Vando Valentini che veniva da Fermo (da molti anni sacerdote a San Paolo, Brasile), interi giorni a studiare preparando comuni esami di filosofia. Io studiavo il contenuto degli esami , lui (già licenziato alla Università Gregoriana) si chiedeva perché il tal professore avesse deciso di fare quel corso e perché lo avesse impostato in quel modo. E i suoi esami erano una discussione, anzi una sfida, rispettosa, al docente di turno.
La sua vita era ed è sempre stata sostenuta da “perché”, non oziosi, ma pertinenti, radicali, che costringevano a tirare fuori le ragioni ultime delle nostre scelte. Poi ci perdemmo un po’ di vista, ma nel 1994 durante un pellegrinaggio in Terrasanta da lui guidato, si riaccese l’antica amicizia. Intensa, fraterna, fatta di reale condivisione di un cammino che ha avuto, per lui, asprezze e fatica dolorosamente sopportata come una purificazione. Ogni suo attimo era un passo decisivo della sua conversione, un’offerta a Dio della sua obbedienza alla forma che il Mistero prende nell‘incessante fluire delle circostanze.
Quando gli chiesi quale fosse stato il momento più bello della sua vita, mi rispose dicendo che questi momenti erano stati due. Uno, quando era diventato sacerdote, l’altro quando, dopo aver seguito da discepolo per tanti anni don Giussani, si accorse di esserne diventato figlio. E per molti che lo hanno conosciuto questo suo spalancarsi all’amore di un padre è stata una vera benedizione. La sua preziosa eredità.

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