La coscienza pura di Sansonetti sul caso Battisti

Di Renato Farina
15 Ottobre 2017
Erano stati in migliaia a difenderlo: tra cui famosi scrittori e giornalisti. Ora zitti. Tutti? No, non tutti. Tutti – a mia conoscenza – salvo un vecchio comunista

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Qui vorrei tessere l’elogio di una coscienza pura: è il cucchiaino di bellezza e bontà che per me vale di più della secchiata di schifezza versataci addosso da una storia tetra e purulenta.

Cesare Battisti è ovvio debba essere consegnato alla sua pena in Italia. Ci sono stati sette processi: e la vicenda si è conclusa in Cassazione con due condanne all’ergastolo per quattro omicidi. Lo penso e lo credo. Mentre scrivo non so come si concluderà la pratica dell’estradizione di cui si sta discutendo ancora, dopo tredici anni di nulla di fatto, tra Italia e Brasile. Il terrorista non pentito si ritiene un perseguitato. Si è fatto prendere mentre era in fuga verso la Bolivia con la scusa puerile di una gita per prendere pesci: e hanno preso all’amo lui. Lo hanno liberato per un cavillo e ha alzato beffardamente un boccale di birra alla faccia nostra.

Per questo atto odioso e per l’ostentata codardia non ce n’è uno, tra i famosi sostenitori di un tempo, che abbia alzato la mano e rivendicato il buon diritto di questo militante dei “Proletari armati per il comunismo” a chiedere asilo e ottenerlo. O a rifare i processi. Erano stati in migliaia a difenderlo: tra cui famosi scrittori e giornalisti. Ora zitti. Tutti? No, non tutti. Tutti – a mia conoscenza – salvo Piero Sansonetti, un vecchio comunista (ha la mia età, sopra i 60) ora direttore dell’eccellente quotidiano Il Dubbio.

Scrive: «Battisti è stato condannato in contumacia e senza uno straccio di prova. Solo un pentito che lo ha accusato, molto tardi, e accusandolo è uscito di prigione. Stop. Riscontri zero. È il problema di come furono fatti i processi in quegli anni. Fuori da ogni garanzia. Ed è il motivo per il quale almeno una decina di paesi (non solo il Brasile e compresa la Gran Bretagna) rifiutano le estradizioni per più di cinquanta italiani esponenti della lotta armata rossi e neri». Può essere che sia un assassino e probabilmente lo è – questa è la sua tesi, se capisco bene – ed è orribilmente antipatico, una pessima persona, eccetera: ma se i processi hanno calpestato i diritti del presunto omicida sono nulli e da rifare.

Non sono qui ora a discutere questo giudizio. Ma in mezzo a tanti che si nascondono per non rovinarsi la popolarità, uno, almeno uno, espone il suo fianco nudo in nome non di appartenenze ideologiche ma per rispetto della propria coscienza. Io credo che abbia torto. Ma è bello ci sia una persona così nel giornalismo italiano. E sia anche mio amico.

Foto Ansa

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