Kent Haruf, un autore eccezionale con una vita normale

Di Walter Veltroni
14 Marzo 2017
Si dice che era malinconico. Come fosse un insulto. Non era allegro neanche Leopardi, ma senza la sua malinconia saremmo tutti più fessi

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) –In questo spazio cercheremo di segnalare ai lettori le cose belle che ci capita di incontrare nella vita. In fondo le vere amicizie, anche i veri amori, nascono quando qualcuno ti fa conoscere un film, un quadro, un disco, un libro, un luogo, un cibo che tu scoprirai di apprezzare. Sono doni spesso inaspettati, gratuiti, figli di un entusiasmo vissuto e del quale si sente il bisogno di parlare ad altri. Perché la felicità, come diceva il protagonista di Into the Wild (film da non perdere), «esiste solo se è condivisa».

Condividiamo dunque Kent Haruf. Se non avete letto la “Trilogia della pianura” di Kent Haruf la vita non vi ha completamente squadernato il suo bouquet di meraviglie. Sono tre volumi, pubblicati da NNE, una piccola e meritevole casa editrice. Lui è ingiustamente, assurdamente, morto tre anni fa. Uno scrittore eccezionale, con una vita normale, fatta di fatica per sbarcare il lunario, di lezioni a studenti universitari inconsapevoli di trovarsi davanti a un genio. E gli ultimi anni, in una casa di tronchi, prima di una insulsa malattia polmonare. Il suo mondo è meraviglioso. Quella città di Holt, con le sue anime perdute e semplici, è un luogo che tutti avremmo voluto conoscere. Eccolo, il dono. Eccole, le cose belle che, passando da un cervello alla vita di altri, le rendono più piene, più ricche. Il dono è inventare, spesso dal proprio dolore o dal proprio disagio, dei mondi, conosciuti i quali un umano si sente migliore o, almeno, più consapevole.

Si è detto che Haruf è un malinconico. Come fosse un insulto. Anche Leopardi non era un buontempone, ma senza la sua malinconia saremmo tutti più fessi. I personaggi di Haruf non hanno fretta, vivono gli avvenimenti e i pensieri assaporandoli, entrano in contatto con le grandi cose della vita: la nascita, l’amore, la morte con la naturalità e la complessità che segnano queste esperienze nel tempo di ciascuno di noi.
Haruf doveva essere una persona gentile, dunque un rivoluzionario. Lo immagino così, entrando nel mondo delle sue parole.

@VeltroniWalter

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