
Le elezioni, il referendum e il disimpegno dei cattolici (grave errore)

Pubblichiamo la rubrica di Alfredo Mantovano contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Fra i dati che emergono dalle ultime elezioni amministrative vi è l’ormai consolidata irrilevanza del voto dei cattolici. Nessun candidato fra coloro che giungono al ballottaggio nelle città più importanti ha questo profilo, neanche implicito; durante la campagna elettorale non si sono ascoltati richiami a impegni concreti verso le famiglie, per la parte di competenza dei comuni. L’area del non voto somma il 38 per cento di coloro che si sono tenuti lontani dai seggi con la quantità di schede bianche e nulle: per la prima volta in competizioni con un così largo numero di elettori supera la metà degli aventi diritto.
Una parte di questo territorio non rappresentato è costituito da cattolici. I quali non sono scomparsi in natura: le manifestazioni del 20 giugno dello scorso anno e del 30 gennaio di quest’anno lo confermano. E non solo quelle manifestazioni: l’impegno generoso per fronteggiare gli effetti della crisi e le emergenze che viviamo proviene quasi esclusivamente da un volontariato orientato dalla fede. Se però oggi nel cuore di una città come Roma – con la quale la Chiesa cattolica ha ancora qualcosa a che fare – la carica di sindaco è contesa da due candidati che non hanno avuto di meglio negli ultimi giorni che concordare sullo spaccio libero e sul matrimonio same sex, vuol dire che quel mondo non ha nessuno che ne interpreti i princìpi e gli obiettivi.
Si può accettare questo come una calamità, come la piena di un fiume. Ma proprio il voto amministrativo dà l’occasione per ricostruire una rappresentanza: per il governo di una città l’individuazione di una persona conosciuta e stimata sul territorio, affiancata da un lista civica omogenea, senza connotazioni ideologiche ma protesa alla soluzione delle difficoltà quotidiane dei singoli e delle famiglie, potrebbe attrarre in misura maggiore rispetto a candidati improbabili, scelti all’ultimo minuto da partiti non più credibili. Ma questo esige un lavoro di formazione e di coordinamento che non si improvvisa poche settimane prima del voto. Esige che il tema sia messo a fuoco nelle comunità e nei movimenti ecclesiali, animato dalla consapevolezza – che non manca ma forse va riavviata – che l’amore per il prossimo passa anche dall’amore per la polis, nel senso proprio del termine.
Oggi tutto ciò appare non più delegabile, in un tempo nel quale gli spazi di agibilità politica tendono a restringersi. Se in qualche grande città al ballottaggio può vincere chi al primo turno ha superato di poco il 20 per cento dei consensi, vuol dire che è stato preferito da circa il 10 per cento dei residenti nel comune: la scarsa legittimazione democratica del primo cittadino non può che alimentare ulteriormente la disaffezione al voto, e con essa l’archiviazione della partecipazione attiva alla guida del territorio nel quale vive.
In vista del referendum
È un segnale grave: chi non si sente rappresentato né da un sindaco né dall’opposizione rischia di essere attratto da forme di protesta che di democratico non hanno nulla. Nelle prossime elezioni politiche il mix fra riforma costituzionale e nuovo sistema elettorale potrebbe far sì che una sola forza politica – fidando sul consolidamento della lontananza dalle urne di una parte ampia degli elettori – giunga ad avere la maggioranza dei deputati con poco più del 10 per cento degli iscritti ai registri elettorali. Può accadere a Renzi, ma può accadere al Movimento 5 Stelle.
Al di là delle sorti dell’attuale primo ministro, un sistema elettorale come quello che – a riforma costituzionale approvata col prossimo referendum – entrerebbe in funzione dal primo turno delle politiche accentua l’assenza di rappresentatività e allontana ancora di più le istituzioni dal corpo sociale. È una valutazione da non trascurare in vista dell’appuntamento referendario di ottobre. Pensare che tutto ciò si vinca con la lontananza dall’impegno attivo fa rischiare brutte sorprese: peggiori di quelle – pur non lievi – patite finora.
Foto Ansa
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10 commenti
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Non contiamo niente nei comuni. Non contiamo niente nello Stato (divorzio, aborto, pillole del giorno dopo, di cinque giorni dopo, matrimoni gay, eutanasia fra poco). I vescovi si defilano per sopravvivere (comunione ai divorziati…). Chi ci rappresenta ormai? Gandolfini? Questo settimanale (grazie lo stesso)? È un po’ poco…
Francamente ti dirò che non vedo male la comunione ai divorziati risposati, per ragioni che non dirò qua per non andare OT.
Concordo che molti vescovi sono un cancro per la Chiesa Cattolica, e prendono posizioni spesso contrarie alla maggioranza dei Cattolici e del Papa stesso, facendo la figura delle pecore e dando l’impressione di non voler disgustare i politici, probabilmente per salire anch’essi sul carro del vincitore e prendere almeno alcune bricioline della spartizione.
Quanti di loro, per esempio, hanno mostrato una posizione netta di fronte al genocidio dei Cristiani in Medioriente, e delle altre minoranze religiose?
A volte vale più un prete di dieci vescovi, almeno i preti con cui ho a che fare io, autentici leoni, forse perché di parrocchie provinciali, gente vera, schietta, che o stai con la Chiesa o contro la Chiesa, non esistono mezze vie.
Lo scorso Natale il vescovo di Padova chiese “un passo indietro” riguardo ai presepi, non farli in luoghi troppo vistosi, se no gli atei si lamentano, poverini.
Ecco, di fronte ad un vescovo così io mi auguro un passo in avanti, non indietro.
Gandolfini a Roma ha portato via 7000 voti alla Meloni.
Comunque nei Comuni non è vero che non contiamo niente.
Dipende dai Comuni, da chi li amministra, da chi è stato eletto.
Nello Stato, è vero, non contiamo niente, lo Stato è di sinistra, dunque contro di noi nei fatti anche se a parole dice di essere con noi.
Allora trasferisciti in Vaticano!
Io resto dove sono nato, dove lavoro, dove ho la mia proprietà, dove ho i miei famigliari, hai capito?
Spero di essere stato molto chiaro.
Questa è la mia patria, e qui combatto fino alla fine (come metodi pacifici, sottinteso, almeno fin tanto che non siamo in guerra aperta dichiarata, ed in quel caso infausto non mi tirerò indietro).
Quattro zolle di terra e quattro mattoni mi sono costati fatica e sacrifici e rinunce, e non mollo l’osso fin tanto che sarò vivo.
Il mio commento era per Peter. Ma a questo punto vale anche per te.
Bè, a te, dalla casa di cura, dove ti mettono davanti al computer a trollare giorno e notte, domenica e festivi compresi, cara trollona, qui “samuele” non ti schioda di sicuro nessuno.
E se tutta l’energia e il tempo che impieghi a trollare, li mettessi nel toglierti da questa situazione degra dante ?
Non lo dico per dire, riflettici.
Se la carica cdi sindaco è contesa da due candidati che non hanno avuto di meglio negli ultimi giorni che concordare sullo spaccio libero e sul matrimonio same sex, NON vuol dire SOLO che quel mondo non ha nessuno che ne interpreti i principi e gli obiettivi, ma vuol anche dire che chi ha il dovere di fronteggiarli, è diviso, frammentato in due, tre o quattro candidati i quali da soli hanno il 100% di chance di non farcela.
Tra la Meloni e Marchini c’era il 32% di voti, poco meno della Raggi e più di Giacchetti.
Al centrodestra bisognerebbe dare una legnata sul groppone, perché così imparano a fare gli scemi (o a fare accordi segreti per presentarsi divisi lasciando il campo libero alla Raggi e Giacchetti, che ne sappiamo? Berlusconi è molto ricattabile).
Comunque io, se il centrodestra farà ancora la fesseria masochistica di presentarsi alle elezioni in questo modo, non voterò, mi metterò tra quel 30-40% che non vota più.
O Salvini, Meloni e Berlusconiani de-Berlusconizzati (si deciderà andare in pensione prima o poi, si?!, visto che c’ha anche la fidanzatina che lo sollazza) combattono insieme (e allora possono vincere) o è meglio sciogliere tutto e non votare più.
Tanto a Roma che a Torino la vittoria gli è stata regalata.
E se non mettono la testa a posto e si uniscono sarà sempre così.
Allora tanto vale andare in montagna il giorno delle elezioni.
Sai, Menelik, “se va avanti così” -mi dicevo- “eumenterà il numero dei non votanti” ; mi son sbagliata? La gente, arresa, fugge da chi dovrebbe tutelarli, rappresentarli,AIUTARLI. Lo Stato, che dovrebbe essere un poco la tua casa, non solo disorienta e tradisce l’anima di un popolo, ma addirittura sfinisce, esaspera, chiede, pretende…..La gente si stanca!, e lo considera tempo perso l’andare al voto…tanto, fan tutto loro, io conto poco! I politici sembran una lobby a parte, un mondo a parte……
Mandate l’articolo (che condivido) a Lupi, ad Alfano e a tutto Ncd.
Grazie.
Sebastiano, che c’entrano Lupi Alfano e tutto ncd? Lascia che i morti seppelliscano i loro morti..
Qui si tratta di fare altro. Roba che parta dal popolo cristiano