Tutte le partite in cui vuole entrare Putin (sfruttando le crepe lasciate da Obama)

Di Rodolfo Casadei
03 Ottobre 2015
Invia uomini, armi, stringe alleanze, crea zone sicure. Mentre Putin lotta per la sopravvivenza di Damasco, Obama dice «mai con Assad» e gioca allo scontro tra sciiti e sunniti
epa04958560 Russian President Vladimir Putin (R) arrives for the Presidential Council for Civil Society and Human Rights meeting at the Alexadrovsky hall in the Kremlin in Moscow, Russia, 01 October 2015. Russia said 30 September that it had begun airstrikes against the Islamic State terrorist group in war-torn Syria, but the Syrian opposition alleged that the raids had hit territory held by other rebel groups and killed civilians. EPA/YURI KOCHETKOV / POOL

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Perché la Russia ha deciso un’escalation della sua cooperazione e presenza militare in Siria a fianco del governo di Bashar el Assad? Che incidenza avrà l’intervento di Mosca sull’evoluzione e sull’esito finale del conflitto? Che effetto avrà sulle fortune dell’Isis e per ricaduta sul futuro di tutti coloro, stati e popoli, che si trovano nel raggio d’azione del califfato?

La risposta alla prima domanda deve distinguere fra le ragioni immediate e a breve termine e quelle strategiche, di lungo periodo, molto più interessanti da mettere a fuoco. Il motivo immediato del rafforzamento della presenza militare russa, che è cominciato col trasferimento di una trentina di aerei ed elicotteri da combattimento presso l’aeroporto internazionale di Latakia e che in venti giorni di operazioni ininterrotte ha già portato sul posto blindati, carri armati e circa 2 mila uomini, è la necessità di arrestare la ritirata delle forze lealiste, che da sei mesi perdono terreno, e impedire un eventuale tracollo del regime siriano. Quest’ultimo evento comporterebbe una serie di conseguenze per la Russia che Putin intende a tutti i costi evitare: la perdita delle basi militari nel paese (la base navale di Tartus, unico porto in cui possono attraccare le navi militari russe nel Mediterraneo, e il centro ascolto di Latakia); la vittoria da parte di fazioni armate come l’Isis e Jabhat al Nusra (la consociata siriana di Al Qaeda) nelle quali combattono molti estremisti islamici di passaporto russo o di paesi ex sovietici del Caucaso (ceceni, ingusceni, daghestani e tatari) i quali tornerebbero in forze e con abbondanza di mezzi militari e finanziari nelle regioni di provenienza per scatenarvi un jihad anti-russo; l’espansione dell’area di influenza di un paese della Nato come la Turchia e di un paese alleato strategico degli Stati Uniti come l’Arabia Saudita a spese del sistema di alleanze russo. Dopo l’Ucraina che ha svoltato a ovest con la deposizione del presidente Yanukovich nel febbraio 2014, la Siria sarebbe il secondo paese nel giro di un anno e mezzo che scivola dall’area di influenza russa a quella americana.

Le probabilità di un collasso improvviso del regime di Bashar el Assad sono basse, quelle di una rapida contrazione del territorio sotto il suo controllo sono decisamente più alte, e quelle di una vera e propria sconfitta per l’azione a tenaglia dei ribelli islamisti guidati dai qaedisti di Jabhat al Nusra (in coordinamento con la quale combattono anche le forze del filo-occidentale Libero Esercito siriano, è il segreto di Pulcinella) e degli uomini dell’Isis, è molto probabile nell’arco di uno-due anni in base alle inerzie attuali. In un discorso del 26 luglio scorso il presidente Assad ha ammesso che la politica della presenza dell’esercito in tutti gli angoli nevralgici del territorio è ormai impossibile da mantenere a causa della “mancanza di risorse umane”, e che dunque è necessario ripiegare su un perimetro più ridotto. Dopo quella data il governo ha ripreso il controllo di una località ai confini col Libano, grazie all’intervento degli hezbollah libanesi e un’opera di mediazione da parte delle Nazioni Unite, ma ha perso altre posizioni nell’est e nel nord del paese.

Questi sviluppi hanno reso sempre più probabile la creazione di una “zona cuscinetto” turco-americana nel nord, lungo il confine con la Turchia occupata da militari di Ankara e forse anche, in numero ridotto, americani, oltreché interdetta al volo dei velivoli militari siriani. Presentata come una zona di sicurezza per i civili in fuga dalle brutalità dell’Isis, l’area servirebbe in realtà soprattutto a rifornire i ribelli anti-Assad non affiliati all’Isis e a preparare un intervento militare turco-americano-ribelle per “salvare” la Siria da una conquista del potere da parte dell’Isis al momento del collasso finale del regime di Assad. Putin ha anticipato la mossa, dando il via alla creazione di una speculare zona di sicurezza che deve garantire la sopravvivenza in condizioni non troppo precarie del governo di Damasco.

A chi giova lo stato di tensione
Le prospettive strategiche della mossa di Putin sono molto più interessanti da analizzare. La prima cosa che balza agli occhi è la ripresa dell’iniziativa strategica da parte russa, il ritorno a una politica offensiva e propositiva dopo che Mosca era stata costretta sulla difensiva e a costose politiche reattive nel contesto della crisi ucraina. Una lettura convenzionale vede nell’annessione della Crimea e nel sostegno militare ai ribelli del Donbass iniziative espansionistiche del potere russo, e nell’intervento militare in Siria un’azione dettata da interessi particolaristici, ma anche da un senso di responsabilità verso la comunità internazionale e dalla volontà di collaborare al ritorno della pace e della sicurezza in un Medio Oriente liberato dall’Isis, obiettivi che sono nell’interesse di tutti, anche dei rivali strategici di Mosca.

La lettura geopolitica degli avvenimenti è esattamente opposta: in Ucraina la Russia ha reagito in maniera azzardata e senza calcolare bene le conseguenze alla perdita di profondità strategica determinata dall’improvviso passaggio dell’Ucraina dalla sfera di influenza russa a quella americana. Non è stata aggressiva, ma violentemente reattiva. In Siria la Russia sfrutta la questione Isis per riproporsi come attrice protagonista in Medio Oriente, per tornare a svolgere un ruolo negli equilibri mondiali, per attuare una politica che proietta la sua potenza sulla regione come ai tempi dell’Unione Sovietica. E lo fa approfittando della debolezza della posizione americana nella regione. Anche in questo caso, esiste una lettura convenzionale dei punti deboli e degli errori degli Stati Uniti e una lettura geopolitica che è più profonda. La lettura convenzionale sottolinea che l’America è intervenuta in armi quando non avrebbe dovuto farlo (guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein) e non è intervenuta quando avrebbe dovuto farlo (i primi due anni dell’insurrezione in Siria); che non ha saputo assistere la transizione politica dei paesi dove la Primavera araba ha abbattuto i governi vigenti, consegnando Libia e Yemen alla guerra civile e l’Egitto di nuovo ai militari; che combatte con poca convinzione l’Isis per non rafforzare i governi sciiti filo-iraniani (Damasco e Baghdad) messi alle corde dagli uomini di al-Baghdadi; che è alleata con forze reazionarie e ambigue come l’Arabia Saudita e la Turchia; che non è capace di creare una forza ribelle moderata anti-Isis e anti-regime in Siria.

Ma la lettura geopolitica è ben diversa. Gli Stati Uniti sono la potenza egemone mondiale, e il loro interesse strategico è sempre quello di evitare l’ascesa di potenze egemoni regionali. Il collasso istituzionale, l’anarchia diffusa e le fratture settarie dell’Iraq post-Saddam Hussein rappresentano un fallimento dell’azione americana se la chiave di lettura è l’idealismo neo-con che attraverso l’occupazione militare dell’Iraq intendeva ridisegnare le linee di sviluppo del Medio Oriente sulla base dei valori democratici e liberali americani come era stato fatto col Giappone e con la Germania dopo la Seconda Guerra mondiale; ma rappresentano un indubitabile successo se la chiave di lettura è la realpolitik egemonica: l’Iraq non aspirerà mai più all’egemonia nel Medio Oriente, una minaccia per gli interessi americani è definitivamente sventata. Dunque, l’interesse degli Stati Uniti in Medio Oriente è il prevalere di uno stato di tensione e di rivalità fra più attori che renda impossibile l’emergere di una potenza dominante. A causa di ciò, anche la politica di “degradazione e ultimamente distruzione” dell’Isis dichiarata da Obama è inevitabilmente ambigua. L’Isis è una forza rivoluzionaria che utilizza il terrore per creare un’entità politica totalitaria che aspira all’egemonia regionale e che minaccia alcuni alleati locali degli Stati Uniti; però è anche un fattore di instabilità e di divisione fra i paesi del Medio Oriente e una spina nel fianco dell’Iran e dei suoi alleati. Finché non diventa troppo forte, è obiettivamente funzionale alla politica di “divide et impera” americana. Non c’è bisogno di teorie del complotto per ammettere questa realtà.

Scrive il politologo francese Henri Hude: «Gli Stati Uniti conducono una politica egemonica camuffata da politica liberale universalista. Il gioco sul “grande scacchiere” consiste nel mantenere il loro potere evitando l’emergere di un rivale globale. A questo scopo, l’islamismo è l’alleato a rovescio tanto indispensabile agli Stati Uniti quanto lo erano i turchi per il re di Francia contro l’imperatore d’Asburgo. Questo principio permette di comprendere come gli Stati Uniti mantengano una relazione ambigua con gli islamisti, che ostentano odio per il “Grande Satana”, ma nuocciono esclusivamente agli avversari americani. Il mondo musulmano, lasciato a se stesso, forse non chiederebbe altro che di modernizzarsi e svilupparsi. Ma in questo caso evolverebbe nel senso di paesi indipendenti che penserebbero ai loro interessi e non a fare quelli di Washington. Questi barbuti barbari, impedendo a qualunque regime serio di stabilirsi in queste regioni vitali, garantiscono la continuazione del gioco».

Contro i sunniti filo-americani
Sotto l’amministrazione Obama il gioco si è fatto spudorato, e i tentativi di occultarlo grotteschi. Vedi la notizia, da nessuno al mondo presa per buona, che la Casa Bianca e il Congresso degli Stati Uniti sarebbero stati ingannati da un pugno di alti ufficiali che per quasi un anno avrebbero modificato i rapporti per far credere che l’America stava vincendo la guerra contro l’Isis e nascondere la modestia dei risultati reali. Non è a causa di un complotto dei generali che Washington combatte l’Isis con un braccio solo… Ma al di là di questo, la strategia dell’instabilità permanente e dell’ambiguità nei confronti dell’Isis ha due ricadute molto problematiche da gestire per gli americani – ed è su quelle che Putin fa leva per mettere in difficoltà gli Stati Uniti e per rilanciare il ruolo e l’influenza della Russia nella regione. La prima è che con la sua politica dell’equilibrio di potenza al ribasso l’America scontenta non soltanto i nemici, com’è normale, ma i loro stessi alleati: Arabia Saudita e Turchia in prima fila. La seconda è che gli Stati Uniti non possono evitare di combattere l’Isis, ma allo stesso tempo non possono evitare di non combatterla fino in fondo.

La Russia ha individuato queste due crepe e agisce per allargarle. Diversamente da Washington, Mosca sembra proporre ai paesi della regione di mettere la parola fine all’instabilità e di concludere una nuova Yalta di cui essa stessa sarà parte ma anche garante. I colloqui del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov con l’Arabia Saudita sul futuro della Siria e la creazione di un centro di coordinamento a Baghdad per la lotta contro l’Isis che riunisce ufficiali delle forze armate russe, irachene, iraniane e siriane sono segnali chiari della direzione della politica russa. Mosca sposa la causa dell’asse sciita contro l’ampio ma poco coeso fronte dei paesi sunniti filo-americani; non però in un’ottica di scontro permanente, bensì di spartizione delle sfere d’influenza come avveniva in Europa con la Cortina di ferro ai tempi della Guerra fredda, e come Putin avrebbe voluto ripetere in una nuova forma con la creazione dell’Unione Euroasiatica, alternativa ma nello stesso tempo partner dell’Unione Europea. In secondo luogo, la Russia può permettersi di combattere l’Isis e il resto del radicalismo jihadista senza riserve mentali, perché i suoi interessi coincidono con quelli di tutti i paesi della regione, sia quelli sciiti di cui i wahabiti dell’Isis sono nemici teologici, sia quelli sunniti nei quali l’Isis vorrebbe salire al potere deponendo gli attuali governanti, come nel caso di Egitto e Arabia Saudita. Dunque sia sunniti che sciiti hanno ragione di fidarsi della Russia più che degli Stati Uniti sotto questo aspetto.

In linea di principio, dunque, il ritorno della Russia in Medio Oriente potrebbe inaugurare un’epoca di maggiore stabilità e di cessazione dei conflitti, con ricadute positive per le popolazioni civili che non sarebbero più costrette a fuggire all’estero per sopravvivere. Molto però dipenderà da come gli altri attori della partita – paesi arabi, Stati Uniti ed Europa – risponderanno alla nuova situazione.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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10 commenti

  1. Babbalucius

    Non ha senso distinguere SIIL e Jabhat al-Nusra solo perché tali gruppi estremisti differiscono sul modo di uccidere gli infedeli. Se Jabhat al-Nusra gode della fiducia di certi senatori degli Stati Uniti, allora il vero problema è l’istruzione di tali senatori (provate a staccare il senatore McCain dai suoi burattinai ed autori dei discorsi e subito si vedrà che tipo di persona sia davvero). Ancora una volta: SIIL e Jabhat al-Nusra sono della stessa pasta.
    I miliardi spesi da famiglia reale saudita, CIA e altri agenti nel tentativo di cacciare Bashar al-Assad sono stati letteralmente gettati nelle sabbie.—
    Il Generale di Brigata Masud Jazayeri, Vicecapo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane, afferma che le forze armate statunitensi riforniscono le truppe del SIIL di armi e uniformi da quando la coalizione è stata creata.

    1. Raider

      Quello che per l’islamo-nazista multinick non ha senso qui, lo ha in un altro thread: la doppiezza islamica non deflette mai dalla linea di follia paranoica.
      Se Isis è al Qaeda in Siria e Iraq sono la stessa cosa, allora al Qaeda in Siria e Iraq è la stessa cosa di al Qaeda e dei talebani in Afghanistan e Pakistan: che, però, l’islamo-nazista multinick esalta come ‘resistenti all’invasione.’
      Così, per l”islamo-nazista di osservanza iraniana, i talebani, nemici considerati mortali dal regime degli ayatollah, sono diventati rispettabili ‘resistenti’ all’”invasione del 2001″:.. Quindi, al Qaeda è da combattere in Siria in quanto nemica di Assad e perciò, sullo stesso piano dell’Isis, anche se al Qaeda in Siria combatte l’Isis: però, se al Qaeda fa in Afghanistan né più né meno di quello che l’Isis combina in Siria, va bene, perché combatte gli occidentali e il governo instaurato dagli occidentali, così come è avvenuto con i governi iracheni post-Saddam!
      Vale a dire che, per gli islamo-nazisti, l’unico criterio di giudizio valido è combattere gli occidentali, gli “invasori”…: anche i talebani, anche al Qaeda vanno bene: i crimini, le stragi, la distruzione delle memorie del passato pre-islamico (vedi i Buddha di Bamyan), il rifiuto della modernità (dall’energia elettrica all’istruzione garantita anche alle donne: v. il caso esemplare di Malala, sfigurata dai talebani pakistani perché andava a scuola) in quanto ‘invasione culturale occidentale: va bene tutto, a islamici e nazi-islamici, purché si tratti di combattere contro gli Occidentali.
      E allora, la differenza con l’Isis è sul piano tattico, ma il principio è lo stesso – guerra! guerra! guerra! all’Occidente – e la finalità, identica – l’Occidente è da sottomettere e islamizzare.
      Ecco perché grideremo sempre
      W L’OCCIDENTE!
      NO ALL’ISLAM!

  2. Babbalucius

    Lo scacchiere è completamente cambiato nel momento in cui la Russia ha deciso di entrare in campo e ha rotto tutta la rete di menzogne costruite in questi anni. I dati della cosiddetta coalizione occidentale parlano chiaro e dicono che è da quattro anni che bombardano il regime di Assad e la Siria, cioè uno Stato sovrano, senza riuscire a far cadere Assad. La Russia cambia scenario quando decide di colpire tutti i nemici di Assad, ovvero i cosiddetti ribelli e i miliziani del Daesh senza alcuna distinzione.—
    Inoltre la Russia in questo momento, dal punto di vista della legalità internazionale, è l’unica ad avere la legittimità di sorvolare i cieli della Siria perché in accordo con il governo siriano. Tutti gli altri – Francia, Gran Bretagna, Turchia e Stati Uniti d’America – non hanno alcun diritto di fare ciò che hanno fatto. Tutto questo è stato capovolto dalla decisione di Putin

    1. Raider

      La santificazione di Putin a opera degli islamo-nazisti è ridicola, ma rivelatrice della cecità ideologica e teologale degli islamo-nazisti anti-occidentali. Come mai Putin interviene solo ora – ma truppe di terra, nisba? Glielo ha chiesto il fidato padrone della Siria? Visto che la macchina dell’assistenza tecnica russa non bastava più?
      Ah, ecco, allora, la famosa legalità internazionale cui si appella chi ne ha fatto strame nel caso ucraino, dove l’insurrezione è legittimata dall’interesse nazionale russo. Legittimo, guerra (non è un dettaglio) per interposto russofono a parte: ma altro, rispetto alla legalità internazionale pro domo sua.

  3. Yusuf-1

    Da “Moon of Alabama” – Russia’s Campaign To Snuff Off The CIA’s Al-Qaeda Forces :

    La Siria è la sorella della Russia e verrà difesa. L’amministrazione Obama ha quindi deciso che non interferirà con gli attacchi russi ai mercenari della CIA e ai loro camerati di al-Qaida. Alcuni rilasciano dichiarazioni preoccupate, ma è solo spettacolo. Ma le candidate alle prossime elezioni presidenziali non sono così intelligenti. Hillary Clinton e Carly Fiorina hanno chiesto una no-fly zone degli USA sulla Siria settentrionale che naturalmente significherebbe iniziare la guerra con la Russia e i suoi alleati. Queste donne vogliono attaccare le forze russe per difendere al-Qaida! Nota: Il Paese che decide chi sorvola o meno la Siria è la Russia. Cari elettori statunitensi, siete pregati di non permettere mai più a questi maniaci di avvicinarsi al potere.
    I mercenari della CIA in Siria, 10000 uomini addestrati, armati e pagati nell’ambito di un programma segreto, cooperano direttamente con i terroristi di al-Qaida e Ahrar al-Sham. Il NYT finalmente lo riconosce in due pezzi oggi. Il primo dice: “I combattenti che avanzavano qui (a settentrione) non erano dello Stato Islamico, ma dell’esercito della conquista, un gruppo che include una filiazione di al-Qaida nota come Fronte Nusra e altri gruppi islamisti, tra cui diversi gruppi secolari segretamente armati e addestrati dagli Stati Uniti”. Un secondo pezzo sull’esercito della conquista: “L’alleanza si compone di una serie di fazioni islamiste per lo più, tra cui il Fronte Nusra, affiliata siriana di al-Qaida; Ahrar al-Sham, un altro grande gruppo; e fazioni ribelli più moderate che hanno ricevuto segretamente armi dai servizi d’intelligence di Stati Uniti ed alleati”. I gruppi che combattono insieme nell’esercito di conquista, naturalmente, condividono armi, munizioni e altre forniture. Assai probabilmente hanno anche ideologie simili. La CIA di Obama, Petraeus e Brennan ha consapevolmente armato al-Qaida in Siria e l’ha fatto per un bel po’.

  4. Ale

    Ho trovato l’articolo molto interessante. Il motivo per cui noi europei dobbiamo continuare a seguire gli USA nonostante tutto… per me rimane un mistero, anzi un suicidio visto che grazie a loro abbiamo orde di profughi da Africa e Medioriente . Solo che ho il grande timore che possa scoppiare un conflitto tra USA e Russia e noi siamo geograficamente vicini ai Russi con tante belle basi Nato-USA , visto che anche stamani i TG hanno rimarcato quanto mister premio Nobel per la Pace sia contrariato per l’intervento russo in Siria. Per mister premio Nobel per la Pace la priorità è far cadere Assad e non abbattere l’ISIS.

    1. Jens

      Se fosse possibile, gli Europei eviterebbero di seguire gli USA: farebbero volentieri (ognuno) per conto loro. Peccato che non lo possano fare, e allora sono costretti a stare con gli USA. Perché stare con la Russia è sempre molto rischioso: si sa mai che ai Russi non salti in mente di dividere in due l’Europa come dal ’45 al ’91… e poi i Russi storicamente non sono un popolo avvezzo alla democrazia.
      Ecco perché gli Europei preferiscono stare con gli USA.

      1. Ale

        Jens l’Europa non fu divisa in due solo ad opera dei Russi ma dalla coalizione dei vincitori della seconda guerra mondiale ovvero USA e UK da un lato e Russia dall’altro. Studia un libro di storia prima di scrivere..frignacce..o sei cresciuto a milkshake e cheeseburger per cui i cattivoni ..anzi “l’impero del male” e’ tutto il resto del mondo tranne che i fantastici a stelle e strisce?! Purtroppo noi siamo, per usare un eufemismo, diventati una loro colonia per cui possono venire qua comportarsi da porci e rimanere impuniti. Vedi il caso dell’ovovia sulle Alpi italiane con i cavi tranciati da un aereo militare USA che volava a bassa quota nonostante l’ovovia lì presente da ..sempre..20 o 30 morti non ricordo bene e lo stronzo che guidava impunito e subito rimpatriato. Poi ci sono altri casi tipo due ragazzi uccisi sulle strisce pedonali anni fa da un’americano ubriaco subito rimpatriato in una città della mia regione.. Sono intoccabili con licenza di uccidere e rimanere impuniti. Non sono affatto esempio di democrazia perché :
        1) hanno la pena di morte che tanto democratica non è
        2)hanno un alto tasso di analfabetismo che non porta molta democrazia
        3)hanno un divario enorme tra ricchi e poveri con stato sociale inesistente..non mi sembra democratico
        4)la loro democrazia sono i cibi spazzatura che causano il più alto tasso di obesità tra adolescenti
        5)hanno l’eutanasia e le cliniche dove vendono pezzi smembrati di embrioni abortiti ..molto democratico
        6)sono così prigionieri di lobby delle armi e FED (banca di privati che vende dollari a caro prezzo ai cittadini USA) che nonostante 16 anni di stragi nelle scuole ad opera di folli non hanno ancora limitato la vendita di armi da fuoco..
        Vuoi che continui ?! perché l’elenco è lungo caro Jens .. Sinceramente vorrei che il mio Paese, l’Italia riacquistasse un poco della propria sovranità e mandasse a quel paese USA ed anche l’Europa di BCE, altra banca privata, ed i vari teocrati del..ca@@o che erano stipendiati da banche come JP Morgan o come cavoletti si chiama..sempre dei soliti inciucioni. Gli americani non sono cretini e sanno di stare sui maroni a tanta gente nel mondo per le politiche scellerate di questi signori bancari, tanto che tra i più grandi critici degli USA trovi proprio loro cittadini quali il regista indipendente Michael Moore. Per cui se Putin rompe loro le uova nel paniere personalmente son felice. Poi per che vuole continuare a vederli con prosciutto,anzi cheeseburger, sopra gli occhi..faccia pure, magari si trasferisca la’ . Poi scusa ma lo smanettaro di internet e servizi segreti USA se non ricordo male di nome Snowden ..fuggito dai “democratici” USA in Russia dove lo vogliamo mettere?!

  5. Fabio G

    “…Scrive il politologo francese Henri Hude: «Gli Stati Uniti conducono una politica egemonica camuffata da politica liberale universalista. Il gioco sul “grande scacchiere” consiste nel mantenere il loro potere evitando l’emergere di un rivale globale…”

    Ci sanno fare, fino ad ora sembra che ci siano riusciti.

  6. Filippo Vaglia

    Casadei con questo articolo ha dimostrato di essere una penna indipendente. Per chi desidera approfondire le cause dell’attuale guerra russo-ameriana consiglio la lettura dell’analisi di Rostislav Ishchenko dal titolo “Cosa vuole davvero Putin ?”.

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