Carrón al Meeting. Abramo, la nascita dell’io e Charlie Hebdo

Di Leone Grotti
24 Agosto 2015
Il dialogo tra don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, e lo studioso ebreo Joseph Weiler, presidente dell'European University Institute

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Rimini. Il rapporto che si è instaurato tra Dio e Abramo è rivoluzionario, ed è per questo che il Meeting ha deciso di metterlo al centro della sua XXXVI edizione. In un dialogo a due, Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, e l’ebreo Joseph Weiler, studioso di diritto internazionale e presidente dell’European University Institute, hanno spiegato che rapporto c’è tra questa rivoluzione e la contemporaneità.

LA PROPOSTA DI DIO. Introdotto dalla neo-presidentessa della Rai, Monica Maggioni, Weiler ha esposto la triplice rivoluzione del rapporto tra Dio e Abramo: «Prima di tutto Dio non impone ad Abramo di partire per la terra promessa, gli offre un’alleanza, lo responsabilizza. Abramo poteva anche dire di no. Anzi, Dio aspetta con ansia la risposta di Abramo. La relazione è quasi di parità».

UN NUOVO PARADIGMA. La seconda e la terza rivoluzione «si vedono quando Dio decide di distruggere Sodoma e Gomorra. Qui c’è una rivoluzione copernicana: prima quello che diceva Dio era di conseguenza giusto. Ora invece Abramo si oppone a Dio, ricordandogli che non deve commettere ingiustizie. Non solo dunque, il paradigma cambia: una cosa ingiusta non può venire da Dio, ma la moralità si trova radicata nella natura umana, che Abramo è capace di esprimere».

IL RISVEGLIO DELL’IO. Ma se Abramo è stato capace perfino di opporsi a Dio, fa notare don Carrón, «è perché tutto il suo desiderio era stato tirato fuori dall’intervento di Dio, che ha risvegliato il suo “io”. È la provocazione che ha permesso al suo “io” di emergere». Un “io” risvegliato e pieno di desiderio come quello di Abramo è ciò che però non si trova più nella società di oggi. «Nei miei studenti la riduzione è evidente: parlano solo di diritti, mai di responsabilità».

LIBERTÀ E VERITÀ. Poi nel salone della fiera riminese vengono mandate in onda le immagini della strage di Charlie Hebdo. «Questa violenza, questo vuoto è anche un problema nostro», commenta il successore di don Luigi Giussani. «Cosa abbiamo oggi da offrire a chi arriva nel nostro paese che sia adeguato al desiderio di compimento che tutti abbiamo nel cuore? In Europa abbiamo capito che solo attraverso la libertà si può arrivare alla verità. Che cosa offriamo? Come risvegliamo la coscienza e l’io?».

IL FASCINO CHE VINCE. Alla domanda risponde lo stesso don Carrón, ricevendo l’assenso anche del professor Weiler: «Serve la testimonianza. Bisogna testimoniare che l’incontro con Cristo, o con la propria forma religiosa, cambia la vita. Ma noi cristiani crediamo ancora nella capacità della fede che abbiamo ricevuto di esercitare un’attrattiva su coloro che incontriamo e nel fascino vincente della sua bellezza disarmata?».

@LeoneGrotti

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3 commenti

  1. Fabio

    Carron ha ragione : cosa offriamo ai chi arriva , se abbiamo distrutto tutta l’eredità cristiana europea?
    Offriamo leggio che distruggono la famiglia, il gender, a gente come gli africani che hanno nella famiglia l’unico punto fermo della loro esistenza ?

    Siamo come gente che prima distrugge la sua casa e poi ci invita la gente a cena tra le macerie e senza il tetto.

    Forse invece la benedizione sono gli africani che vengono a riportarci quel che noi abbiamo dato loro nei secoli scorsi : il senso della famiglia e il Vangelo.
    Non dimentichiamoci che se al Sinodo sulla famiglia non sono passate trionfalmente certe cose è stato solo per la presenza dei vescovi africani.

    Carron ha ragione , ma sogna : siamo noi che dobbiamo re imparare dagli africani quel che fino a cent’anni fa abbiamo in segnato loro : il cattolicesimo.

    E non mi stancherò mai di dire , storicamente parlando (non entro nei meriti del Diritto Canonico e delle questioni ecclesiali) che chi ha capito questa situazione, storicamente, è stato mons Lefebvre , missionario, Arcivescovo di Dakar per 30 anni , e che forse conosceva meglio dei prelati in Vaticano la situazione africana occidentale (l’area da cui oggi arrivano gli africani portati dagli scafisti Lampedusa).
    Si era opposto alla decolonizzazione comprendendo tutte le ripercussioni che questo avrebbe potuto avere ed ha avuto (parlo solo storicamente). E’stato fatto passare per scemo , emarginato, e gli errori oggettivi che ha commesso non sono imputabili moralmente solo a lui, ma anche a chi l’ha portato a commetterli , non ascoltandolo, non ricevendolo malgrado le sue ripetute richieste ( come riferiva Guitton) .

    Che in Vaticano non si sappia tutta la verità ne ho avuto conferma conoscendo un prete italiano anni fa coinvolto nel massacro del Ruanda : mi confidò che arrivato a Roma ricevette una sonora strigliata da Papa Giovanni Paolo II che gli disse “lei dovrà pagare” : poi il Papa che almeno ha avuto l’onestà di ascoltarlo (i preti che accoglievani es. gli Hutu in parrocchia per proteggerli , erano paradossalmente accusati di farlo per favorire il loro massacro da parte dei Tutzi, tipo tonnara , e viceversa : un casino !
    Tutto ciò è avvenuto grazie alla decolonizzazione), bene dopo averlo ascoltato Papa Giovanni Paolo II si è scusato con lui per averlo giudicato male, e giustificandosi gli disse che si era basato sulle notizie fornitegli di suoi collaboratori in Vaticano.
    Ecco in che mani siamo. E sono loro, gli africani.

    1. Fabio

      Per inciso questo prete ringraziava l’Umanitaria Padana, che l’aveva aiutato a tornare in Italia.

      1. Fabio

        L’Umanitaria Padana è un organismo della Lega Nord che opera in Africa e Medio Oriente da anni.
        Ho conosciuto anche un vescovo siriano che ne ha beneficiato ed era grato.
        Tutte queste cose sono ignorate di più e quindi non sono servite a portar voti alla Lega.

        mons. Galantino può informarsi.

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