«Prof, si è mai messa un dito nel culo?». La scuola è morta. Facciamo qualcosa

Di Tempi
12 Aprile 2007

Dite se ricordate a memoria d’uomo che il quotidiano italiano più autorevole abbia mai pubblicato nel suo editoriale di prima pagina, quello del direttore, una notizia così: «Il colloquio che segue è tratto da un filmato su YouTube, registrato con un cellulare nella classe di una scuola italiana la settimana scorsa. Un alunno di una quindicina d’anni, è vicino alla cattedra con un microfono in mano e finge un’intervista alla professoressa. Alunno: “Ma lei, professoressa, ha mai provato a mettersi un dito nel culo?”. Professoressa (imbarazzata e sussurrando): “Ma che dici, via.”. Alunno: “Ma lei quanto guadagna?”. Professoressa (come sopra): “Non molto di certo.”. Alunno: “Pensa che guadagnerebbe di più facendo la puttana?”.
È quanto molti lettori avranno già letto con disagio e sconcerto nel bello e drammatico fondo di Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera di lunedì 2 aprile. Avete visto per caso il ministro Fioroni battere un colpo? Avete visto per caso qualche autorevole personaggio, giornalista, politico intellettuale che fosse, farsene un cruccio? Davanti alla condizione in cui si può ben immaginare sia la scuola italiana se in una classe possono accadere scene del genere, che razza di risposta “adulta” c’è? Sappiamo che non è un caso isolato e che da mesi leggiamo, discutiamo, sociologizziamo su scene analoghe. Bene, cosa si fa oltre a dire e a disdire il divieto di telefonino, richiamare “le regole” e bla,bla, bla? Non vogliamo mettere in croce nessuno, nemmeno un ministro che sembra più preoccupato del suo futuro al vertice della Margherita che del suo presente al vertice del sistema scuola. Ce l’abbiamo con l’ipocrisia che fa gridare allo scandalo e poi fa seguire niente. Si dirà: sono anni che parliamo del disastro educativo. Ma non vi sembra che abbiamo superato ogni limite? Non vi sembra che siamo dei falliti e che tra cinquant’anni qualcuno dirà di noi: «Bestie!» Il bello è che questo è un paese in cui élite arroganti ci impongono battaglie demagogiche intorno a tutti i diritti possibili e immaginabili. Il bello è che qualsiasi pirla, basta che sia battezzato dai media, conta più del grido di dolore di tutta la categoria dei genitori e degli insegnanti. Bisogna cercare di immaginare come si può fare per tirare fuori la scuola italiana dal disastro in cui è piombata da che, direbbe il nostro Giovanni Cominelli, autorità ha smesso di esser quella presenza indomita, che fa male ma che è necessaria. Perché l’autorità segnala la finitezza della libertà e piega la soggettività a incassare l’urto della realtà. Cioè a imparare, a conoscere, a essere veramente liberi. Abbiamo idee di come fare? Facciamo uno “Scuola day”, facciamo quel che volete, ma facciamo qualcosa.

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