Prima di dire “buon 2007”, decidete se subirete gli schiaffoni dell’islamismo

Buon anno! È d’obbligo dirlo, non per formalità o per esprimere una generica speranza, ma per manifestare la volontà di operare per il meglio. Ma di qui a credere che il 2007 sarà un “buon” anno ne corre. Sarà un anno molto difficile. Non potrà essere altrimenti. Quel che possiamo augurarci è che le difficoltà e gli eventi drammatici cui ci troveremo comunque di fronte non siano vissuti come tappe di un piano inclinato verso il peggio, ma che la nostra società sia capace di guardarli a occhi aperti.
Cosa ci attende l’hanno spiegato chiaramente gli auguri del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad all’Occidente: «Vi prenderemo a schiaffoni». E ha aggiunto: «Voglio che sappiate che la nazione iraniana vi ha già umiliato più volte e lo farà ancora in futuro». Non è detto che ci riesca ma il guanto di sfida è lanciato e i fatti insegnano che non si tratta di chiacchiere. Guardare a occhi aperti le difficoltà significa vedere la sfida mondiale dell’integralismo islamico, che va dall’Indonesia all’Africa, passando per l’Afghanistan, l’Iraq, il Libano e la Palestina, una “sfida di civiltà” lanciata all’Occidente: soltanto tappandosi gli occhi per non vederla rischiamo di scivolare sul piano inclinato di cui sopra. È una sfida che passa anche attraverso l’Europa, in cui l’integralismo islamico ha posto profonde radici: nelle grandi città olandesi la maggioranza dei giovani sotto i 18 anni è già islamizzata e le proiezioni indicano che, continuando così, nel 2050 l’Austria sarà a maggioranza musulmana. Dappertutto dilaga una visione estremista e arrogante dell’islam che considera intoccabili i propri simboli e offende senza ritegno quelli delle religioni cristiana ed ebraica.
Se la risposta dell’Occidente sarà l’odio di sé, la sfida dell’integralismo islamico – per quante sconfitte parziali possa subire – sarà vincente. È difficile nutrire speranza se l’atteggiamento prevalente sarà del genere di quella bibliologa australiana secondo cui Maria Maddalena «era una imprenditrice ebrea attiva nel settore del pesce secco in grado di finanziare un rabbino itinerante chiamato Gesù» (non è malizia pensare che l’accenno ai pesci preluda a una spiegazione “razionale” del noto miracolo). La battaglia per la sopravvivenza della civiltà occidentale sarà persa se non riusciremo a contrastare questa marea di baggianate e l’assuefazione inebetita per la letteratura autolesionistica (udito in tram: «Non so cosa regalargli per Natale», «E regalagli Il Codice da Vinci»). La sconfitta è certa se perderemo il senso della democrazia, che non è soltanto diritto di voto ma obbedienza alle regole che garantiscono la libertà e contrasto di chi quelle regole non intende rispettare. Un uomo politico europeo ha dichiarato che, se un voto portasse al governo un partito che mira a sostituire la legislazione attuale con la sharia, occorrerebbe prenderne atto: costui non sa più cos’è la democrazia, ha perso ogni legame con la cultura politica liberale dell’Occidente, è diventato un dhimmi. Sarebbe sensato ammettere al voto un partito (che peraltro esiste) il quale propugni la legalizzazione della pedofilia? Non lo sarebbe, e così non lo è ammettere al voto un partito che miri a legalizzare la sharia. In quello stesso momento, la democrazia sarebbe morta.
Purtroppo dilaga la cupidigia di asservimento. Ma se non continuassimo a nutrire la volontà di contrastarla e la fiducia di potervi riuscire, non meriteremmo neppure di scambiarci gli auguri di buon anno.

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