La “guerra” tra il Parmesan il Parmigiano reggiano

Di Elisabetta Longo
11 Marzo 2015
Il prodotto contraffatto è più famoso e diffuso dell'originale? Intervista a Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano

parmigiano reggiano1Nel mondo circolano più falsi Parmigiano reggiano, che quelli originali? Ad averlo dichiarato, nei giorni scorsi, è stata Coldiretti, che ha pubblicato un rapporto sulla falsificazione del prodotto italiano per eccellenza. Coldiretti sostiene che nel mondo siano prodotti e venduti 300 milioni di chili di Parmigiano contraffatto, il più delle volte chiamato “parmesan”, mentre quelli prodotti in Italia siano 295 milioni. Tempi.it ha chiesto un commento a Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano, che da parecchi anni lotta per la difesa del made in Italy.

Secondo la Coldiretti la contraffazione ha vinto.
Innanzitutto gradirei sapere dove la Coldiretti ha trovato questi numeri. Mi spiego: i dati italiani sono certi, perché possiamo monitorare continuamente quando prodotto dal nostro territorio. Non possiamo fare altrettanto con le aziende straniere, non possediamo numeri così sicuri. Possiamo fare delle previsioni, sapendo quanto Parmesan più o meno si produce per l’Australia, oppure quanto formaggio viene prodotto in Wisconsin, per tutti gli Stati Uniti. Altro discorso è diffondere cifre esatte. Che comunque purtroppo non mi stupiscono, visto che la globalizzazione ha fatto in modo che i prodotti italiani siano esportati in tutto il mondo. E con ciò, anche il desiderio di imitarli.

Ma i falsi “parmigiano reggiano” circolano anche in Italia?
Siamo molto spesso consumatori inconsapevoli. Similari del parmigiano reggiano sono tutti quei prodotti con una stagionatura velocissima, dai 6 ai 15 mesi, che si trovano per esempio nei mix già grattuggiati, spesso fatti con latte in polvere. Non si compie niente di male ad acquistarli, ma bisogna essere consapevoli delle differenze. Un prodotto così costa in media 4,50 euro/kg, contro i 6,10 euro/kg del Grana padano e i 7,40 euro/del Parmigiano reggiano. Proprio per i nostri prezzi più elevati siamo stati penalizzati dalla crisi, perché le famiglie hanno riempito i carrelli con prodotti meno costosi.

Può spiegarci la differenza tra un Parmesan e un Parmigiano?
La “guerra” per tenerci stretto il nostro nome e la nostra certificazione Dop è iniziata nel 2003 ed è finita in tribunale nel 2011, con una nostra vittoria. Le differenze sono parecchie: cominciano con la materia prima utilizzata, spesso latte disidratato. Proseguono con la stagionatura di sei mesi circa, mentre il Parmigiano parte da un minimo di 12 mesi fino a 60. E continua con la digeribilità, perché il prodotto italiano segue un procedimento che fa in modo che i grassi contenuti al suo interno si scompongano in amminoacidi, cioè proteine. Per questo viene consigliato a tutte le fasce di età, perché è perfetto in un quadro di alimentazione bilanciata.

L’embargo della Russia sui prodotti italiani, a partire da settembre 2014, che conseguenze ha avuto sull’esportazione?
Al contrario di quanto titolavano i giornali, in maniera molto drammatica, non si è trattata di una grande perdita, al momento dell’embargo stesso. L’Italia esportava in Russia l’1 per cento della sua produzione, per un totale di 11 mila forme. I grandi esportatori, per noi, sono altri. Sono gli Stati Uniti che ci richiedono 160 mila forme o la Germania che ne richiede 180 mila, o ancora la Francia, che ne vuole addirittura 200 mila. La perdita non è stata quindi tanto sulle forme rimaste in magazzino, quanto sui piani promozionali che erano stati previsti per la Russia, un nuovo mercato, che poteva con il tempo diventare fondamentale.

Che cosa è successo al vostro settore con la crisi economica?
Sono stati penalizzati gli allevatori, che sono circa 3 mila, e i produttori, 348 nel territorio compreso tra Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Mantova, i confini di produzione tipici del prodotto. Sono aumentati i costi delle materie prime così come quelli delle quote latte. Il disciplinare della produzione del Parmigiano reggiano impone criteri serissimi da seguire, dal mangime degli animali fatto solo di cereali nobili, alla catena di controllo stagionatura, rigorosamente fatta in maniera artigianale.

Quali sono i vostri progetti per difendere il made in Italy?
Innanzitutto aspettiamo quanto promesso dal Governo, in materia di “italian sounding”, cioè per tutti quei prodotti che imitano i nomi italiani, per tutelare le denominazioni dop e igp. In secondo luogo sfrutteremo il palcoscenico dell’Expo, dove saremo presenti in uno stand dedicato al supermercato del futuro, nello stand dell’Emilia-Romagna, per sottolineare il nostro attaccamento al territorio e con molte altre attività.

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3 commenti

  1. Filippo

    Perdonate ma nell’articolo c’è una frase piena di imprecisioni. “E continua con la digeribilità, perché il prodotto italiano segue un procedimento che fa in modo che i grassi contenuti al suo interno si scompongano in amminoacidi, cioè proteine.” e il cui enso probabilmente era:
    Durante la stagionatura i grassi e soprattutto le proteine vengono parzialmente digeriti. Dalle proteine otteniamo aminoacidi, che il nostro organismo assimilerà più velocemente.

  2. mery

    per non parlare del MATRIMONIO CONTRAFFATTO che circola nel mondo. ultim’ora: in tailandia celebrato il primo matrimonio fra TRE gay. l’ammore è ammmore.

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