Una nazione divisa da Dio. Come il Nuovo Mondo ha risolto al propria questione romana

Di Giulio Meotti
25 Maggio 2006
Dal mobbing dell'élite protestante contro gli istituti privati alla storica sentenza che assolse i buoni scuola. Così i cattolici americani si conquistarono la libertà di educazione in un paese che non ha paura di fare entrare la fede nelle aule di tribunale

Pubblichiamo in anteprima uno stralcio del primo libro di Giulio Meotti, Il processo della scimmia (Lindau), in libreria da venerdì 26 maggio.

I cattolici americani non avevano mai determinato il corso dell’educazione pubblica negli Stati Uniti, gestivano le loro scuole private e, da un punto di vista teologico, non sussisteva alcun conflitto fra ragione e fede come invece nel protestantesimo americano. (.) Il giurista dell’Università di Chicago Philip Hamburger sostiene che l’ideale di separazione fra stato e chiesa, un’espressione coniata da Thomas Jefferson e assente nella Costituzione, sia entrato a far parte del Bill of Rights per impedire ai cattolici di ottenere i fondi pubblici per le scuole private. La separazione non è mai stata la richiesta dei dissidenti religiosi, tanto meno il bastione della libertà d’espressione. Fu pensata invece per proteggere l’establishment protestante. (.) L’anticattolicesimo dei separatisti si trasformò nel corso del XIX secolo nell’ideale di una trasformazione individualistica dell’identità americana, in cui il principio di libertà di coscienza forniva il giusto riparo teologico. Contro la forza d’attrazione religiosa e politica dei cattolici americani, alcuni intellettuali protestanti cominciarono a percepire la propria libertà religiosa nei termini esclusivi della separazione. (.) Fra il 1870 e il 1880 i secolaristi anticristiani lottarono per far passare un emendamento che garantisse a livello costituzionale la separazione fra stato e chiesa. Nel 1870 nacque anche Index, che si proponeva di «distruggere qualsiasi forma di schiavitù spirituale e di superstizione e incoraggiare l’indipendenza del pensiero». Charles Darwin era fra i suoi sostenitori. (.)

il libro dei libri e la pubblica istruzione
Ma facciamo un passo indietro, all’inizio di questa guerra sul controllo dell’istruzione. Circa 48 milioni di americani ogni giorno entrano oggi in una scuola pubblica e altri cinque vengono educati in quelle private o parrocchiali. Poi c’è l’homeschooling, un altro vertiginoso capitolo di questo affascinante esperimento di libertà chiamato America. Il movimento delle scuole pubbliche sorse intorno al 1820 nelle grandi città della costa orientale. L’educazione americana delle colonie era infatti completamente privata e religiosa. Fra il 1830 e il 1860, la maggior parte delle grandi città si dotò di una rete di scuole pubbliche. Il pioniere di questa alfabetizzazione pubblica, Horace Mann, sosteneva che le scuole erano necessarie per «preservare le istituzioni repubblicane» e creare una comunità politica. Anche Thomas Jefferson credeva nella presenza necessaria di un sistema educativo pubblico per forgiare il repubblicanesimo americano. Si pensava, a ragione, che solo l’istruzione pubblica potesse salvare la repubblica dal collasso di una democrazia popolare nella quale le forze politiche e sociali sarebbero entrate in competizione per il controllo delle risorse nazionali. Il movimento delle scuole pubbliche nacque sulla base dell’idea pionieristica secondo cui la moralità deriva dalla religione. E per la maggior parte dei protestanti che hanno fondato gli Stati Uniti per religione si intende la Bibbia, in particolare la versione protestante di re Giacomo. L’America è nata leggendo la Bibbia, strumento di moralizzazione e di alfabetizzazione di massa. Oggi siamo arrivati al punto che un insegnante non può neppure tenerla aperta sulla cattedra, rischierebbe una denuncia da parte di qualche genitore che ha preso troppo sul serio la secolarizzazione. Thomas Carlyle diceva giustamente che i tre grandi elementi costitutivi della civiltà moderna sono la polvere da sparo, la stampa e la religione protestante. Il Primo Grande Risveglio americano era iniziato intorno al 1730, sfociando nella rivoluzione. Il Secondo, che non a caso avvenne in concomitanza della guerra fra cattolici e protestanti, iniziò nel 1830, portò alla frammentazione della religione americana in decine di sette e alla fine della schiavitù.

«qui non siete i benvenuti»
L’unica soluzione percorribile per l’istruzione pubblica sembrava essere l’ideologia «non settaria», la più potente e pervasiva ideologia nella storia culturale americana. Visitando gli Stati Uniti nel 1830, Alexis de Tocqueville scrisse che «ogni setta adora Dio alla sua maniera, ma tutte le sette predicano la stessa moralità in nome di Dio». Il non-settarianesimo doveva proteggere la libertà religiosa e garantire la separazione fra stato e chiesa. Questo era l’ideale civico americano: scegliere liberamente il principio del repubblicanesimo e scegliere liberamente il principio del protestantesimo. Le grandi ondate dell’immigrazione cattolica negli Stati Uniti concisero con l’espansione dell’istruzione pubblica. I cattolici reagirono all’ideologia protestante non sectarian fondando le proprie scuole private. Fu a New York, nel 1840, che chiesero per la prima volta il sostegno economico del governo. È l’anno in cui viene battezzata l’idea dei vouchers, i buoni-scuola, che sarebbero stati giudicati in sintonia con il progetto americano solo nel 2002. Nella grande stampa protestante le scuole cattoliche furono dipinte come agenti sovversivi di separazione. Ralph Waldo Emerson scriveva che «è il carattere politico della Chiesa di Roma a renderla incompatibile con le nostre istituzioni e a non essere benvenuta qui». I fautori della separazione fra stato e chiesa si erano raccolti sotto un’alleanza di protestanti mainline, ebrei, atei e cosiddetti «nativi». Fra questi ultimi spiccava il Ku Klux Klan, la principale organizzazione anticattolica, l’American Protec-tive Association, i Guardians of Liberty, i True Americans e la League of Protestant Women. Per i cattolici garantire l’obiezione di coscienza dinanzi alla lettura della Bibbia protestante era la sola soluzione ragionevole.
Quando una famiglia cattolica del Maine si appellò alla Corte Suprema contro il rituale della lettura della Bibbia di re Giacomo, la Corte rispose che la Bibbia era un «mero strumento di lettura». Secondo i cattolici richiedere agli studenti di leggere la Bibbia di re Giacomo significava tradire l’ideale di tolleranza dei Padri fondatori. Intorno al 1840, i vescovi americani invitarono i genitori cattolici a mandare i figli nelle scuole private. I protestanti reagirono bollando queste iniziative fra «le peggiori forme di papismo». Come scrisse un magazine cattolico di Montreal, quella sulla scuola pubblica era «la battaglia del XIX secolo». Nel 1844 una scuola cattolica a Philadelphia venne incendiata e tredici cattolici uccisi. Fra il 1869 e il 1874, a New York, nel Missouri e nell’Ohio si registrarono scontri contro il sostegno statale agli istituti cattolici. Nel giugno del 1872 ci furono le cosiddette «guerre della Bibbia», allorché alcuni studenti cattolici di Brooklyn vennero espulsi per essersi rifiutati di leggere la Bibbia. Secondo il senatore repubblicano del New Jersey Frederick Freling-huysen la Bibbia era «un libro religioso non settario». Il non-settarianesimo era quindi un’ideologia dell’inclusione escogitata per escludere molto bene i cattolici. Nel 1890 ben 29 Stati americani avevano approvato un emendamento che vietava il finanziamento pubblico alle scuole parrocchiali. (.)

fieri di dirsi cittadini ‘under god’
Gradualmente, e dopo una strenua opera di compromesso, i cattolici accettarono lo status quo nelle scuole pubbliche. Spinti soprattutto dalla necessità economica e dalla mancanza di fondi adeguati per una rete nazionale di scuole parrocchiali. Nel 1880 erano 400.000 gli studenti cattolici nelle scuole pubbliche. Nel 1892 oltre 2 milioni. Il modello non settario aveva vinto. Ma non si era certo arrestata la guerra culturale. Nel dicembre del 1875 il presidente degli Stati Uniti Ulysses Grant con un messaggio al Congresso chiese di approvare un emendamento costituzionale del senatore James Blaine del Maine per mettere al bando i fondi governativi alle scuole religiose. L’emendamento fu bloccato al Senato nel 1876, fra le proteste incrociate di molti repubblicani e democratici. Il repubblicano del Vermont George Edmunds dichiarò che i cattolici appartenevano a una chiesa che nega la «libertà di coscienza».
I media si compattarono contro la «minaccia cattolica». Il concetto di autonomia individuale, che aveva forgiato il movimento abolizionista, servì nuovamente da collante nella battaglia contro i cattolici. Una femminista accusò il cattolicesimo di schiavitù. Elizabeth Wilson nel 1849 mise insieme «papismo, schiavitù domestica, dispotismo politico e aristocrazia sessuale». Intorno al 1870 scienziati di fama come John Draper negli Stati Uniti, John Tyndall in Inghilterra e Rudolf Virchow in Germania avevano annunciato che scienza e cattolicesimo si sarebbero scontrati in un conflitto mortale. (.) Nel 1911 il presidente degli Stati Uniti William Taft, il vicepresidente James Sherman e membri del governo e del Congresso si recarono a Baltimora per rendere omaggio all’investitura del cardinale James Gibbons. Un gesto che chiudeva un’epoca. E ne apriva un’altra.
Lo scontro si acuì nuovamente dopo la seconda guerra mondiale, quando (.), sotto l’ombrello del secolarismo, si formò un’alleanza tra militanti anticattolici, protestanti mainline, atei liberal e cristiani eterodossi, come i Christian Scientists e gli unitariani.
L’Americans United for Sepa-ration of Church and State, organizzazione fortemente protestante protagonista di molte sentenze di stampo secolarista, fondata nel 1947, contribuì all’«evacuazione» della religione dallo spazio pubblico. Si arriva così alla sentenza Everson del 1947, la pietra miliare del secolarismo americano. Un cittadino del New Jersey si appellò alla Corte contro il finanziamento statale al trasporto degli alunni delle scuole cattoliche. Accogliendo la lamentela, la Corte fornì una dimensione costituzionale al confronto sul problema stato e chiesa. L’opinione di maggioranza venne scritta dal giudice Hugo Black, un battista iscritto al Ku Klux Klan, il prototipo del difensore della libertà di parola.
Nei fatti Black è stato il magistrato più ferocemente anti-cattolico della storia di Capitol Hill. Alcuni ministri protestanti annunciarono il «risveglio della democrazia americana». Decisivo fu anche il giudice Harold Burton, un fedele unitariano vicino all’Americans United for Separation of Church and State, che aveva parlato dell’«aggressione cattolica». Nel 1985 William Rehnquist, che di lì a poco sarebbe stato nominato chief justice, scrisse che «non ha alcun fondamento storico la proposizione per cui i Padri fondatori intendevano costruire un ‘muro di separazione’, costituzionalizzato poi nel caso Everson. [Questa proposizione] deve essere esplicitamente rigettata». Lee Strang, giurista cattolico che insegna all’Ave Maria School of Law nel Michigan, sostiene oggi che «a partire dal 1947 e dalla sentenza Everson, la Corte ha cercato di eliminare la religione dalla piazza pubblica. Visti i precedenti, la sentenza di Dover non sorprende. L’insegnamento del disegno intelligente nella scuola pubblica è l’ultima scaramuccia nella più vasta battaglia sul ruolo della religione nello spazio pubblico».
Nel 1948 i princìpi della sentenza Everson risultarono decisivi in un altro caso clamoroso. Vashti McCollum protestò perché la scuola di suo figlio concedeva un’ora alla settimana a protestanti, ebrei e cattolici. (.) Se nel caso Everson i secolaristi intendevano impedire alle scuole cattoliche di beneficiare dei fondi pubblici, nel caso McCollum un ateo ottenne dalla massima corte di giustizia americana che nessuno studente di una scuola pubblica ricevesse più un’istruzione religiosa, di qualsiasi sorta. (.)
Nel 2000 l’ateo californiano Michael Newdow fa causa alla scuola pubblica di sua figlia perché la costringe al giuramento «Under God». Nel 2002 la Corte d’appello della California ha stabilito che «a scuola, nel momento in cui si chiede ai docenti di recitare e far recitare il giuramento in questa forma, si veicola un messaggio di appoggio statale a un credo religioso». È il primo verdetto contro l’«Under God» di Stato. Howard Fineman di Newsweek definisce Newdow «un eroe americano». «Mai vista una simile porcata in nome della correttezza politica», dice invece il senatore repubblicano Kit Bond. David Brooks sul New York Times scrive che la cosa importante è capire che la frase «una nazione sotto Dio [.] non è proselitismo ma segno di cittadinanza». Dalla sua c’è un sondaggio dell’Economist condotto su scala mondiale intorno alla domanda: «È fiero di essere.?». Ecco le risposte: «americano» (80%), «inglese» (51%), «francese» (35%), «tedesco» (19%).

il bilancio di una guerra culturale
Nonostante cinquant’anni di guerra culturale, nessuno ha davvero ancora vinto. La grande vittoria del secolarismo liberal consiste nell’essere riuscito a spostare il muro di separazione fra stato e chiesa nell’ambito federale, «costituzionalizzando» in questo modo la più profonda ferita che si sia mai prodotta nell’anima americana. Il successo degli evangelici è stato invece quello di aver dato vita a un pluralismo multiculturale. «Siamo una nazione divisa da Dio», scrive il costituzionalista della New York University Noah Feldman. La rivincita dei cattolici sulla sentenza Everson è arrivata il 27 giugno del 2002, quando la Corte Suprema stabilì che i buoni scuola (vouchers) non infrangono la separazione fra stato e chiesa, chiudendo una vicenda che risaliva al lontano 1840.

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