Ma che razza di civiltà è questa che non vede l’ora di mettere al rogo mamma Veronica Stival?

Di Renato Farina
20 Dicembre 2014
Anche se fosse condannata, l'esposizione al linciaggio non è prevista dal codice. Non sarà una forma di tortura per indurre a una confessione e farla finita

Veronica, la madre di Loris, ha detto al marito: «Non abbandonarmi!». L’ha abbandonata. Non è possibile sostituirsi a lui, ai suoi pensieri. Ma a me è dispiaciuto. Non avvicinate per favore questo mio piccolo dolore rispetto allo strazio degli angeli e di ogni madre di ieri di oggi e di domani per quella morte di un bambino, per il suo assassinio, e quel buio tremendo che scende sul mondo a causa di un delitto di questo genere. È così evidente che non c’è paragone. Ma mi fa male lo stesso questo rifiuto, fosse anche l’abbandono di una madre sciagurata.

Non so tanto spiegarmi il perché. Forse inconsciamente mi ostino a credere sia innocente. Forse mi influenza la Costituzione secondo cui fino al terzo grado di giudizio vale la presunzione di innocenza, e qui non siamo neanche a mezzo grado. Ma non è questo, non è questo. E che cos’è allora? Sono malato di perdonismo? Lo escludo. Se fosse dimostrata la colpevolezza di quella madre, se fosse chiaro il deliberato consenso al gesto efferato, la caricherei dell’ergastolo. E se fossimo nell’Ottocento sarei stato magari per la ghigliottina (spero di no). Ma vorrei che il marito le tenesse la mano. Gliela terrei io. Sono matto?

Il papà di Loris, il signor Stival, ha lasciato intendere in un primo tempo che Veronica sia colpevole (ora manifesta dubbi, la definisce «madre perfetta»). Senza dubbi invece i parenti di lui e di lei nell’individuare Veronica come assassina. Ma perché queste opinioni altalenanti sono state amplificate dai mass media? È stato per avvalorare la certezza della colpevolezza, per compiacere la procura, così che diano elementi per altri articoli, per tenere tutto in prima pagina. Da cui le certezze crudeli delle folle libere e prigioniere, unite stavolta nella lotta alla donna infame.

E perché – dopo averle provocate – farsi eco anche delle urla contro Veronica rimbalzate nelle celle di Catania al suo arrivo? È l’unico caso in cui la voce dei galeotti è apprezzata, e allora le si dà risonanza, quando fanno processi molto rapidi ai presunti criminali, sulle ali del parere collettivo che arriva da fuori. Ma che ne sanno loro? Che ne sanno tutti? In base a quale diritto? A quello della pancia?

Dei reclusi si favoleggia sempre l’umanità. Ma anche l’infallibilità nell’individuare i colpevoli di delitti atroci puniti secondo il codice carcerario. E stavolta i carcerati hanno gridato “devi-morire”, come la folla fuori dalla procura (Infallibilità fasulla. Ho in mente il caso di Filippo Pappalardo, il padre di Ciccio e Tore, i ragazzini di Gravina caduti in una cisterna, arrestato sulla base di prove ultrasicure malamente equivocate da pm e gip, poi quasi sbranato dai carcerati di Velletri. Gli urlavano giorno e notte. Fu tenuto ipersegregato. Ed era innocentissimo. E la moglie separata lo accusava di essere il colpevole di tutto! Un prete mio amico non lo abbandonò, dovette sopportare persecuzioni, ma resistette, e non lo abbandonò).

C’è di certo qualcuno che non ha abbandonato Veronica. Ma è il circo della curiosità senza amore e senza odio che ha già ingaggiato come pupazzi le persone già citate, offerte in pasto a psicologi, criminologi, opinionisti. Non abbandonano Veronica, proprio no. Lo fanno per carpire qualsiasi parolina detta a deputati e senatori corsi da lei e sarebbe bene stessero zitti, invece di regalarsi, grazie al privilegio di visitare le carceri, un momento di popolarità ormai rarissimo per i politici.

Altre domande impopolari. Perché è stato consentito dalle autorità lo scempio con il passaggio del corteo con la reclusa esposta come sul carretto dell’epoca del terrore? Anche se fosse già stata condannata, questa esposizione al linciaggio, non è prevista dal codice. Ma qui somiglia tanto a una forma di tortura voluta per indurre a una confessione per farla finita. Che razza di civiltà è la nostra dove invece del silenzio si esibisce il grido contro la strega, si prepara il rogo, prima ancora di avere prove, certezze, perché si vuol esibire la propria purezza contro l’orrida madre? La purificazione attraverso l’odio non esiste. Vogliamo dircelo?

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5 commenti

  1. dodi

    Siamo diventati così cinici,un delitto orribile diventa una semi-fiction.Purtroppo i giornalisti sembra provino piacere a scavare nella melma e darla in pasto al pubblico…come al tempo dei gladiatori:Diamo alle belve di che sfamarsi.La compassione non esiste più come il serpente incantatore si incantano le persone sgranando gli occhi e dicendo :-non immaginate cosa abbiamo da mostrarvi oggi! Vergogna!spegnamo la t.v.cosi lo share tanto decantato crolla e stiamo un po in silenzio…..e preghiamo sicuramente farà bene a noi e al mondo

  2. giuliano

    oggi il PM è diventato il Dio in terra,qualsiasi suo convincimento è assoluto e insindacabile, ma spesso è dettato dal tribunale dei media e lui non può smentirsi. Brutta società questa dove chiunque viene sbattuto in galera senza uno straccio di prova e addirittura prima del verdetto di un tribunale

  3. dipende dai punti di vista

    Penso che la nostra epoca sia quella più moralista di tutte.
    La società si erge a Dio e ritiene di poter decidere sulla vita e la morte dei suoi fedeli. Almeno le civiltà arcaiche uccidevano per calmare l’ira dei propri dei, la nostra per calmare l’ira dei cittadini.

  4. ochalan

    La soluzione? Basta telecamere. Basta giornalisti due secondi dopo il ritrovamento del cadavere. Si ai disegni all americana. Proposta di inibire ai media il paese del fatto dopo le prime 48 ore. Non voglio più vedere troupes che sostano per mesi in una Garlasco o in una S. Croce Camerina.

  5. Agostino

    E’ la stessa società che si affretta a condannare chi viene inquisito per presunti illeciti di vario genere, che presume sempre negli altri chissà quali nefandezze e non si accorge della trave che sta negli occhi di ognuno di noi. La trave dell’arroganza e della pretesa, che cresce nelle società dove il Dio della Carità e della Pietà è sostituito dall’idea della società e umanità autosufficiente, perfetta senza più errori dolore e paura. Per questo quando la realtà ci richiama alla fragilità e all’abisso di male che è presente e latente in ognuno di noi allora la reazione diventa rabbiosa, volendo negare una fragilità che solo quel Dio dimenticato e abbandonato può trasformare in un motivo di conversione e vero cambiamento del nostro Cuore. Solo Gesù Cristo parla e guarda all’uomo nella sua essenza e totalità, e non a caso la salvezza di ognuno e dell’umanità passa attraverso il perdono dei nostri peccati.

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