
DOPO AVER CREATO LOUISE BROWN, OGGI EDWARDS LA CLONEREBBE
Quando il 25 luglio del 1978 nacque Louise Brown, fu accolta come una benedizione per tutte le donne infertili, per tutte le coppie frustrate. Il medico che era riuscito nell’operazione di fecondazione in vitro, Bob Edwards, fu salutato come un benefattore. Questo pioniere la settimana scorsa ha rilasciato un’intervista al quotidiano The Times per dire che lui la clonazione umana la farebbe. Docente emerito all’Università di Cambridge, Edwards ritiene che in futuro la clonazione umana diventerà la cura più valida e affidabile per le coppie sterili. «Credo sia infondato ed eccessivo vietare completamente la clonazione. Penso a quanti pazienti potrebbero beneficiarne». Ci avevano rassicurato: «La clonazione umana mai, solo quella terapeutica, cloniamo solo degli embrioni». Sciolto il dubbio: presto il tabù della clonazione umana cadrà e gli scienziati accorreranno a dire che va benissimo, che male c’è. Bob Edwards è lo stesso biologo che aveva sostenuto che «presto sarà un peccato dei genitori di avere un bambino che porterà il pesante fardello di un disordine genetico».
Il sociologo tedesco Juergen Habermas ha scritto: «Supponiamo che l’uso sperimentale degli embrioni generalizzi una prassi per cui la tutela della vita umana prepersonale venga considerata come secondaria rispetto ad altri possibili fini (incluso l’auspicabile sviluppo di nobili “beni collettivi”, per esempio nuovi metodi di cura). La diffusa accettazione di questa prassi renderebbe meno sensibile la nostra visione della natura umana e aprirebbe le porte a una genetica liberale. In ciò possiamo già ora vedere quello che in futuro ci apparirà come un fait accompli del passato, cui i fautori della genetica liberale faranno appello come un Rubicone da noi già effettivamente oltrepassato». Bob Edwards il Rubicone l’ha appena passato. All’epoca della piccola Brown, chi aveva avvertito che saremmo presto arrivati alla manifattura umana, ad un’industria degli embrioni, sapeva che prima o poi il salto lo avrebbero fatto, che sotto la maschera del benefattore se ne nascondeva un’altra. Quella dell’impostore.
Giulio Meotti
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