Economia reale e bugie virtuali

Di Giorgio Vittadini
29 Gennaio 2004
Colpisce che pochi sottolineino il pericolo mortale che sta attraversando l’economia italiana

Colpisce che pochi sottolineino il pericolo mortale che sta attraversando l’economia italiana. Fanno eccezione l’articolo di Massimo Mucchetti e l’intervista a Mario Sarcinelli, ex governatore della Banca d’Italia e all’ex ministro dell’Industria Giuseppe Guarino, apparsi sul Corriere della Sera negli ultimi giorni. In queste pagine si afferma, giustamente, che la furia iconoclasta e fratricida che caratterizza le istituzioni italiane di oggi rischia di privare di poteri la Banca d’Italia, esponendo le banche italiane alla possibile e facile scalata di quelle straniere. C’è chi pensa che ciò debba essere una semplice e inevitabile conseguenza del mercato globale, foriera dei beni della concorrenza. Ma a cosa serve realmente una banca? Tradizionalmente una banca in Italia dovrebbe tutelare il risparmio e finanziare l’imprenditoria che, come si sa, deve indebitarsi per svilupparsi e investire. La Borsa dovrebbe, altresì, essere un metodo alternativo e complementare di reperimento di capitale per le imprese e di remunerazione del risparmio lì investito, e data la sua complessità ha operatori specializzati ad hoc.
Cosa è successo negli ultimi anni, un po’ in tutto il mondo? Tutti si sono messi ad occuparsi di ogni cosa confondendo i ruoli, mossi dalla logica del profitto trimestrale, cioè di un incremento a dismisura del profitto di breve periodo.
La Borsa, mossa da movimenti speculativi senza regole, ha generato valori finanziari delle aziende totalmente svincolati dai valori reali: basti pensare al valzer rovinoso-
dell’hi-tech. Le banche, per non essere da meno, hanno cercato di fare concorrenza agli operatori di Borsa consigliando direttamente il tipo di investimento finanziario ai loro clienti. Non solo ma, in questa orgia speculativa, al mercato azionario hanno affiancato un mercato dei bond. Al cliente che accendeva un mutuo o riceveva un finanziamento hanno consigliato di investire i risparmi in bond ad alto rendimento senza avvertirli del rischio e senza cautelarli e cautelarsi. Addirittura hanno alimentato il mercato dei bond spingendo le grandi imprese indebitate a riversare i loro debiti sui clienti. Caratteristica comune a tutti è stata la fuga dall’economia reale, che assicura guadagni non con meno sudore e con molta più lentezza. Ora, in tutto questo quadro, le grandi banche internazionali, se non sono assoggettate a regole certe, sicuramente non si tirano indietro e, anzi, si muovono decisamente verso la finanza, staccandosi dall’economia reale. Perché svendersi a loro senza proporre regole valide non solo per i controlli ma anche per l’assetto di tutto il sistema? Se il ministro dell’Economia tiene alla realtà nazionale batta un colpo su questo tema.

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