Altarini pacifisti

Di Rodolfo Casadei
20 Febbraio 2003
Spiace notarlo, ma fra gli organizzatori delle manifestazioni del 15 febbraio c’erano anche fiancheggiatori dei terroristi, alleati di Saddam e ultrà filo-Corea del Nord

E poi dicono che ce l’abbiamo coi pacifisti. Ma se fra loro ci sono importanti organizzazioni che chiedono la scarcerazione di sospetti terroristi, minimizzano i crimini di Saddam Hussein e perorano la causa della Corea del Nord e di Slobodan Milosevic cosa dobbiamo fare, girarci dall’altra parte? Credete che stiamo esagerando? Sentite questa. Answer International, una coalizione di gruppi della sinistra radicale americana che include molte sigle filo-palestinesi, è stata uno dei principali promotori ed organizzatori delle manifestazioni del 15 febbraio. Per avere un’idea delle sue posizioni basta leggere la “dichiarazione del Cairo” che ha sottoscritto nel dicembre scorso al termine di una conferenza intitolata “Campagna internazionale contro l’aggressione Usa all’Irak”, a cui hanno partecipato pure i due dirigenti dell’Onu incaricati degli aiuti umanitari all’Irak che a suo tempo si dimisero dall’incarico in polemica col regime delle sanzioni, cioè Dennis Halliday e Hans von Sponeck. «Noi – esordisce la dichiarazione – riaffermiamo la nostra solidarietà coi popoli di Irak e Palestina, riconoscendo che la guerra e l’aggressione contro di loro è parte del progetto Usa di dominazione e sottomissione globale. Tale solidarietà è parte integrante della lotta internazionalista contro la globalizzazione neoliberale… Gli Usa forniscono sostegno illimitato e giustificazione agli autori sionisti di crimini di genocidio contro il popolo palestinese. Le sofferenze del popolo irakeno sotto un regime genocida di sanzioni e l’aggressivo militarismo cui si trovano di fronte oggi non è altro che il logico risultato dell’asimmetria di potere dell’ordine mondiale esistente». Parole come genocidio, militarismo e dominazione non vengono invece mai evocate riguardo al regime irakeno, anzi: «l’ammissione dell’esistenza di restrizioni allo sviluppo democratico in Irak non costituisce in alcun modo un’accettazione delle giustificazioni Usa per la continuazione delle sanzioni e ora i preparativi per la guerra». Proprio così: stragi, torture, guerre coi vicini, migliaia di detenuti politici? Semplici “restrizioni dello sviluppo democratico”.
Negli Usa Answer International ha partecipato a molte manifestazioni di protesta per l’arresto di militanti musulmani sospettati di complicità con Al Qaeda. A Chicago è scesa in piazza per protestare l’innocenza di Enaam Arnaout, un americano di origine siriana fondatore dell’organizzazione caritativa Benevolence International Foundation, accusata di rapporti diretti con Bin Laden. All’apertura del processo il 10 febbraio scorso Arnout ha patteggiato col procuratore: in cambio della rinuncia ai più pesanti capi di accusa, ha ammesso di avere usato parte delle donazioni per aiutare i guerriglieri islamici in Cecenia e in Bosnia. Nessun commento su questi sviluppi è possibile leggere sul sito Internet di Answer.

Pasti italiani per la Corea
Molto interessante, invece, la lista delle adesioni internazionali all’appello costitutivo di Answer. Fra le adesioni italiane spicca quella della Fondazione Nino Pasti, l’ex generale della Nato senatore per il Pci, il cui nome compare fra le “fonti confidenziali” del Kgb elencate nel Dossier Mitrokhin. La Fondazione Nino Pasti (che denuncia, fra l’altro, l’illegalità del processo dell’Aja a Milosevic) ha promosso nel 1992 il Comitato Italiano per la Riunificazione e la Pace in Corea, che ha fra i suoi obiettivi «far conoscere la realtà della Repubblica Popolare Democratica di Corea, che è oggetto di sistematica disinformazione e denigrazione sui mass media» e «la fine dell’occupazione militare americana della Corea del Sud». Sarà per questo che a Roma il 15 febbraio non c’erano manifesti contro Pyongyang?

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