L’Irak, querelle cattolica Italia-Usa

Di Rodolfo Casadei
21 Novembre 2002
Paese che vai, cattolico che trovi: quelli degli Stati Uniti e quelli italiani, se dobbiamo credere ai sondaggi

Paese che vai, cattolico che trovi: quelli degli Stati Uniti e quelli italiani, se dobbiamo credere ai sondaggi, sull’eventualità di una guerra contro l’Irak di Saddam Hussein la pensano molto diversamente. Nel referendum fra i suoi lettori indetto all’inizio di ottobre Famiglia Cristiana ha portato a casa un 94,96 per cento di no alla guerra e alla partecipazione dell’Italia alla medesima (che è poi la linea editoriale del settimanale). Negli stessi giorni negli Usa la Gallup ha condotto un sondaggio sullo stesso tema tenendo conto anche dell’affiliazione religiosa degli interpellati. Il risultato è stato che le convinzioni dei cattolici (e anche dei protestanti) riguardo ad un’azione militare Usa per arrivare alla deposizione di Saddam Hussein appaiono in linea con quelle della popolazione in generale: un po’ più della maggioranza assoluta è favorevole all’intervento. Nel dettaglio: favorevoli all’attacco sono il 54% degli americani, e fra essi il 55% dei cattolici e il 54% dei protestanti; fra i cattolici “praticanti” (definiti come coloro che vanno in chiesa almeno una volta al mese) la percentuale scende lievemente al 53%.
Nel valutare questi dati va tenuto presente un altro elemento importante: mentre la più numerosa congregazione protestante (quella dei Battisti del sud) si è dichiarata convinta della legittimità morale e religiosa dell’eventuale guerra, i vescovi cattolici Usa hanno scritto al presidente Bush mettendo in dubbio che un simile tipo di giustificazione esista, non essendo dimostrabile una complicità irakena negli attentati dell’11 settembre. Evidentemente gregge e pastori hanno perso un po’ i collegamenti.

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