La grazia al terrorista Ira e le trattative segrete: 200 lettere che rischiano di far esplodere l’Ulster

Di Emmanuele Michela
27 Febbraio 2014
Non andrà a processo John Downey per la bomba che uccise 4 persone a Hyde Park nel 1982. A proteggerlo, una delle tante missive che il Governo inglese scrisse ai terroristi fuggitivi. E che ora fanno vacillare il governo di coalizione

«Non siamo sull’orlo di una crisi. Ci siamo già dentro». La fredda analisi del premier Peter Robinson taglia il già teso clima politico del Nord Irlanda, e minaccia le sue dimissioni se non venisse avviata al più presto una commissione d’inchiesta per chiarire come sia possibile che non andrà a processo John Downey, ex terrorista dell’Ira che nel 1982 uccise 4 persone piazzando una bomba a Hyde Park a Londra. Per qualche giornale il “give-up” del leader del Dup, il partito unionista di maggioranza che regge il Governo di coalizione assieme ai repubblicani del Sinn Fein, potrebbe arrivare già entro le prossime 24 ore, trascinato dallo scandalo delle lettere segrete che avrebbero concesso al militante irlandese di avere l’immunità e di scampare al mandato di cattura che pende su di lui da anni.

L’ARRESTO E LE LETTERE. A Downey la missiva sarebbe stata recapitata «per errore» (queste le parole usate dal premier inglese Cameron) nel 2007, e ciò gli avrebbe permesso di girare senza alcun problema tra Irlanda e Inghilterra fino allo scorso marzo, quando a sorpresa fu arrestato all’aeroporto di Gatwick in partenza per la Grecia. Ma, al di là della sua vicenda personale, a far clamore sono le più di 180 lettere di garanzia che il Governo inglese avrebbe spedito a ex paramilitari repubblicani “on the runs”, fuggitivi: le prime sono della fine degli anni Novanta, le ultime arrivano al 2012, coprendo gli anni successivi agli accordi di Pace. Il contenuto è sempre rimasto segreto, ma ciò che si sa è che veniva ai terroristi offerta l’immunità per i loro reati in cambio della restituzione delle armi. E al premier Robinson, leader del partito che raccoglie i voti di tanti protestanti, non è piaciuto scoprire queste trattative attraverso i giornali.

IL GOVERNO DI COALIZIONE. All’indomani dell’esplosione di questo caso ci si interroga su come si delineerà il futuro politico e sociale di Belfast e dintorni. Perché se il Primo Ministro si dovesse tirare indietro crollerebbe il governo di coalizione, un equilibrio costituito da cinque partiti e che regge sull’asse spesso traballante tra unionisti del Dup e repubblicani del Sinn Fein, il partito che ha ereditato in toni politici il grido di battaglia dell’Ira. Fin qui la collaborazione ha retto, segnando il passo di un Paese che dal ’98 è ufficialmente in pace ma che, nonostante ciò, continua a fare i conti con ferite e dolori, manifestazioni settarie ed episodi di violenza, quartieri divisi da muri e delitti di stampo paramilitare.

L’ULSTER CAMBIA. La stabilità raggiunta è spesso sotto minaccia, e la conformazione della popolazione cambia, a Belfast e nell’intero Ulster: se la nazione è sempre stata, tradizionalmente, a netta maggioranza protestante, un anno fa è stata appresa con stupore la notizia che le proporzioni si stavano invertendo. I cattolici erano passati al 52 per cento, superando di poco gli unionisti fedeli a Londra. E nelle scuole le differenze sono maggiori, perché i cattolici fanno più figli, e in futuro cresceranno sempre di più. Tra i lealisti questi cambiamenti fanno paura, perché vedono la loro nazione che pian piano passa al “nemico”. Tra i repubblicani è il volano per reclamare sempre più spazio e libertà, dopo decenni di soprusi e sottomissioni. E tutto ciò minaccia anche il processo di pace, se è vero che il diplomatico Usa spedito da Obama per portare avanti i dialoghi tra le due parti, Richard Haass, a inizio gennaio è tornato in patria con un nulla di fatto, senza riuscire a trovare un accordo coi partiti su parate, manifestazioni, bandiere: «Il processo non è morto, ma è ben lontano da finire».

@LeleMichela

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