
Americani sfiduciati davanti al terrorismo
Sarà stata la brutta storia del cecchino di Washington, oppure le difficoltà di Bush a spiegare all’opinione pubblica la sua sfida a Saddam e a riunire la solidarietà degli alleati, oppure la strage di Bali e gli altri attentati in Kuwait, Filippine, ecc. Fatto sta che a metà di ottobre la percentuale di americani convinti che gli Stati Uniti stanno vincendo la “guerra contro il terrorismo” ha toccato il minimo storico dal giorno dell’attacco all’Afghanistan, e quella di coloro che pensano che a vincere in questo momento siano i terroristi ha toccato il massimo.
Nel gennaio scorso fra i primi e i secondi c’era una differenza di 59 punti percentuali (66 contro 7%), due settimane fa non ne erano rimasti altro che 11 (32 contro 21%).
La preoccupazione per la minaccia terroristica è nettamente aumentata: il 32% degli americani la menzionano come il principale problema a cui si trova di fronte il paese (solo le preoccupazioni per l’economia raccolgono più indicazioni, col 37%), mentre a settembre solo il 19% di loro la indicava come tale. Più della metà degli americani (56%) continua a dirsi favorevole alla deposizione di Saddam Hussein con la forza, ma il consenso all’operato del presidente Bush è sceso al minimo storico dal dopo-11 settembre 2001 (90%), fermandosi a 62%. Il presidente, però, non se ne preoccupa: si tratta pur sempre del più alto tasso di consenso di un presidente americano negli ultimi 60 anni, arco di tempo durante
il quale la media prevalente è stata intorno al 55%.
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