E intanto a Bangalore è miracolo global

Di Rodolfo Casadei
07 Febbraio 2002
Se volete far ridere un cittadino del Terzo mondo con la barzelletta secondo cui la globalizzazione peggiora la povertà dei paesi poveri

Se volete far ridere un cittadino del Terzo mondo con la barzelletta secondo cui la globalizzazione peggiora la povertà dei paesi poveri, Narayana Murthy è la persona che fa per voi. Venticinque anni fa questo indiano di Bangalore di modeste origini era un tipico militante di estrema sinistra, deciso a redimere l’India dalla sua sconfinata miseria con una rivoluzione comunista. Oggi è un guru miliardario della new economy, elencato da Time fra i 25 top manager mondiali, la sua Infosys Technologies è quotata al Nasdaq (prima azienda indiana nella storia), realizza utili fra i 30 e i 40 milioni di dollari l’anno e ne vale almeno 600. I suoi 10 mila dipendenti guadagnano stipendi da favola (3 mila dollari al mese un diplomato 24enne al primo impiego, in un paese dove il reddito pro capite medio non arriva a 500) e vivono quasi tutti, famiglie comprese, in un compound da sogno, completo di asilo infantile, strutture sportive e galleria d’arte. Tutto grazie alla globalizzazione. Il 97 per cento del fatturato di Infosys, infatti, è realizzato all’estero, soprattutto negli Usa (73 per cento). E ciò grazie al fatto che i costi salariali degli operatori indiani sono dal 20 al 40 per cento più bassi di quelli delle ditte occidentali concorrenti, e che grazie alla liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni approvata in India all’inizio degli anni Novanta e agli accordi commerciali conclusi in sede di Wto, il commercio internazionale dei prodotti di software è totalmente esentato da barriere doganali e tariffarie. Murthy è il classico capitalista “con una coscienza sociale”, che finanzia cinque istituti tecnici e sta per aprirne un sesto nell’Assam, una delle regioni indiane più povere. Ha creato una fondazione per la lotta alla povertà a cui versa parte dei profitti. Si dichiara «capitalista nella testa, socialista nel cuore». La testa l’ha messa a posto dopo un viaggio nella Bulgaria degli anni Settanta: si era messo a parlare dei suoi ideali comunisti con un viaggiatore in treno, e alla stazione seguente era stato arrestato per spionaggio.

R. C.

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