Cina nel Wto: il commercio contro la guerra

Di Rodolfo Casadei
27 Settembre 2001
Se è vero, come scriveva più di 150 anni fa Frederic Bastiat, che «dove non passano le merci passano gli eserciti», il 17 settembre scorso, appena sei giorni dopo le tragedie di New York e Washington che hanno fatto pensare ad una nuova guerra mondiale, il mondo ha fatto un grande passo verso la pace.

Se è vero, come scriveva più di 150 anni fa Frederic Bastiat, che «dove non passano le merci passano gli eserciti», il 17 settembre scorso, appena sei giorni dopo le tragedie di New York e Washington che hanno fatto pensare ad una nuova guerra mondiale, il mondo ha fatto un grande passo verso la pace. In quella data, infatti, si sono conclusi i negoziati per l’ingresso della Repubblica popolare cinese nel Wto, l’Organizzazione mondiale per il commercio. Ci sono voluti 15 anni di negoziati e la stesura di un testo di 900 pagine ricco di paragrafi e clausole. Il testo concordato sarà adottato formalmente alla conferenza di Doha del novembre prossimo e la Cina diverrà il 143° membro dell’Organizzazione. Gli scambi commerciali e gli investimenti col gigante dell’Asia diverranno più facili e meno avventurosi, grazie al vasto quadro legale che ogni aderente al Wto è tenuto a rispettare, e che è centrato sulla “non discriminazione” fra imprese nazionali e imprese straniere da parte di ogni governo aderente.

Fino a ieri la Cina era l’unico grande paese esportatore che non aveva ancora aderito all’organismo incaricato di stabilire le regole del commercio mondiale. Un’occhiata a tale classifica si rivela molto istruttiva. Nelle prime quindici posizioni 6 paesi sono europei, 6 asiatici (compresa Hong Kong, che viene ancora conteggiata a parte) e 3 nordamericani.

Il raffronto col Terzo mondo, Asia esclusa, mostra vistosi divari: coi suoi 230,6 miliardi di dollari di esportazioni nel 1999, l’Italia registra un valore che è più del doppio di quello dell’Africa tutta intera (112 miliardi); con 300,4 miliardi di esportazioni la Francia da sola realizza più dell’America latina tutta intera (297 miliardi). Persino la piccola Singapore da sola conta più dell’Africa intera (114,7 miliardi contro 112), che ospita il 10 per cento della popolazione mondiale, ma realizza soltanto il 2 per cento di tutto il commercio d’esportazione.

Fra il 1990 e il 1999 le esportazioni mondiali di merci sono aumentate ad un ritmo del 5 per cento all’anno, ma l’incremento non è stato dappertutto identico: in Cina la media è stata +14 per cento all’anno, in America latina +8, in Africa appena +1. E i redditi pro capite si sono mossi di conseguenza.

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