Lombardia locomotrice d’Italia

Di Rodolfo Casadei
03 Maggio 2001
Le bacchettate di Rutelli alla Lombardia che chiede la devolution di alcune competenze e la sua anacronistica visione di “un federalismo tutti insieme” meritano un’altra confutazione in aggiunta a quelle che proponiamo a pagina 14

Le bacchettate di Rutelli alla Lombardia che chiede la devolution di alcune competenze e la sua anacronistica visione di “un federalismo tutti insieme” meritano un’altra confutazione in aggiunta a quelle che proponiamo a pagina 14. Lì spieghiamo che il “federalismo a più velocità” serve a permettere alle regioni italiane più evolute, nell’interesse della nazione tutta, di mantenere o conquistare nuove quote del mercato internazionalizzato che altrimenti rischiano di andare perdute a vantaggio di altri. Facciamo l’esempio della Spagna, dove queste cose le hanno capite, e facciamo l’esempio dell’insipienza dello Stato italiano, che boicotta il rinnovamento del sistema della formazione a livello regionale, essenziale per mantenere la competitività. Da cui la necessità della devoluzione. Un altro capitolo che illustra luminosamente il punto è la spesa per Ricerca e Innovazione tecnologica (R&I). L’Italia, si sa, arranca dietro agli altri paesi del G7. Secondo gli ultimi dati Ocse disponibili (1998), gli investimenti italiani nel settore, sommando quelli pubblici a quelli privati, ammontano all’1,03 per cento del prodotto interno lordo (pil). La media Ue è pari all’1,80 per cento del pil comunitario, gli stanziamenti di Francia e Germania sono ben sopra il 2 per cento. Usa e Giappone sono i paesi che investono di più in R&I: rispettivamente il 2,77 e il 2,89 per cento. A tirare un po’ su la media italiana è proprio la Lombardia, dove si calcola una spesa a metà strada fra la media italiana e quella Ue: 1,30 per cento del pil regionale. E questo soprattutto grazie al contributo delle imprese: la Lombardia riceve un settimo degli stanziamenti pubblici per R&I (1.259 miliardi su 9.169), ma la sua spesa privata è pari a un terzo del totale italiano (3.510 miliardi su 10.410). Ora, il problema è che la Lombardia non può stare ad aspettare che a Roma si decidano a spendere un po’ di più. La domanda di prodotti ad alto contenuto tecnologico presenta un trend di crescita molto superiore a quello dei prodotti tradizionali. Già adesso i primi rappresentano quasi il 30 per cento delle esportazioni per Usa e Giappone, il 16 per cento di quelle Ue, ma solo il 10 di quelle italiane. Avanti così e la Lombardia perderà altre quote di competitività, con ricadute pesanti per tutti gli italiani.Che fare? L’ideale sarebbe introdurre il federalismo vero (non quello approvato dal governo), che permetterebbe alla Lombardia di decidere autonomamente aumenti di stanziamento. Ma anche la semplice devolution delle competenze in materia di istruzione universitaria sarebbe molto utile. La Regione non potrebbe modificare l’entità del capitolo di spesa trasferito, ma potrebbe decidere di riversare i fondi sulle università che fanno più ricerca. State sicuri che a quel punto la R&I avrebbe una bella impennata. L’importante, comunque, è non fare come dice Rutelli.

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