
Sanatoria alla milanese
Diciannovemiladuecentocinquantuno domande esaminate, 19.251 domande accettate. La celerità e la manica larga della Questura di Milano in materia di sanatoria degli immigrati clandestini sono da Guinness dei primati. Nel giro dei due mesetti che vanno dal 15 dicembre al 15 febbraio gli uomini del questore Carnimeo hanno dimostrato una rapidità ed un’efficienza indagativa al cui confronto Scotland Yard scema a commissariato di campagna, e una disposizione misericordiosa di cui credevamo titolare solo l’Onnipotente. E hanno fatto fare la figura della cioccolataia al ministro Jervolino.
Saremo inflessibili, aveva detto Rosa Russo Jervolino, prima donna ministro degli Interni della storia della Repubblica, con ciglio severo e voce incrinata. Per godere i benefici della sanatoria gli immigrati clandestini devono dimostrare di possedere quattro requisiti: presenza in Italia prima del 27 marzo 1998, possibilità di dimostrare la propria posizione di lavoro dipendente o autonomo, alloggio regolare, fedina penale pulita. Chi non ce li ha, fuori. Così riportarono tutti i quotidiani all’indomani della chiusura dei termini per la sanatoria degli immigrati irregolari prevista dalla legge Turco-Napolitano. C’erano di mezzo 300mila domande e prenotazioni di regolarizzazione, e bisognava tranquillizzare gli italiani disorientati dalla disinvoltura con cui il governo, dopo aver fissato un tetto di 38 mila ingressi di extracomunitari all’anno, aveva poi deciso di aprire le porte a una massa umana dell’ordine delle centinaia di migliaia di unità. Oggi però vengono fuori i primi numeri relativi alle domande di regolarizzazione accettate, e i peggiori sospetti trovano conferma: la storia dei quattro requisiti imprescindibili era soltanto una pietosa bugia per calmare gli animi, il governo aveva in realtà deciso di elargire un permesso di soggiorno a tutti coloro che si erano presentati allo sportello di una Questu-ra italiana entro il 15 dicembre scorso.
Fossero appena sbarcati dal gommone della tratta Valona-Brindisi o mimetizzati nel paesaggio italiano da qualche anno, dotati di pezze d’appoggio inappuntabili o imbottiti di documenti falsi, l’ordine di scuderia era ed è chiaro: dentro tutti.
La Regione chiede informazioni A far venire a galla la verità ha contribuito in misura decisiva una richiesta di informazioni del presidente della Lombardia Formigoni alle prefetture lombarde sullo stato dell’arte della sanatoria. Quante domande sono state inoltrate? Quante ne avete già esaminate? Quante accettate e quante respinte? Le questure sono piuttosto restie a dare informazioni ai mezzi di comunicazione sull’andamento della sanatoria, ma ai prefetti che si rivolgevano loro su richiesta ufficiale di un presidente di Regione non potevano dire di no. Così finalmente qualcosa è trapelato. Secondo un documento della Regione Lombardia che riproduce e mette in ordine i dati sulla sanatoria richiesti alle prefetture e da esse trasmessi, gli stranieri che hanno chiesto di essere regolarizzati in terra lombarda sono stati 93.484, cioè il 31 per cento di tutti coloro (circa 300mila in tutta Italia) che hanno fatto richiesta. Il dato fa già un certo effetto, perché secondo le cifre ufficiali in Lombardia vivono il 20 per cento degli stranieri presenti in Italia con regolare permesso di soggiorno, che al 1° gennaio 1998 erano 1 milione e 240mila. Una così alta incidenza della clandestinità in Lombardia spiega parecchie cose.
Tutta la magia della sanatoria Ma il dato più interessante è certamente quello relativo alle richieste esaminate. Solo 3 prefetture sono state in grado di fornire i dati per tre delle undici province lombarde: Milano, Lecco e Pavia. Ma basta e avanza per vedere tutta la magia della sanatoria: stando alla lettera della relazione, a Milano e provincia i questurini avrebbero effettuato 77.004 (è la cifra che si ottiene moltiplicando il numero delle domande per il numero dei requisiti richiesti) verifiche nel giro dei 60 giorni che intercorrono fra la scadenza dei termini della sanatoria e la richiesta di Formigoni, e tutte si sarebbero concluse con l’appurata veridicità delle dichiarazioni documentali degli autodenunciati clandestini. Stesso andamento a Lecco, ma riprodotto su scala minore: 829 domande esaminate (cioè 3.316 verifiche), 829 domande approvate. A Pavia invece, sarà un’eccezione, scolano il moscerino: 570 domande sono state accettate, 483 sono “da approfondire” (testuale) e 1.162 ancora da esaminare. A Milano le domande ancora inesaminate sono quasi 43mila, e coincidono sostanzialmente con le cosiddette “prenotazioni”, cioè le domande non accompagnate da tutta la documentazione richiesta, che può essere prodotta in un secondo momento. Se saranno vagliate con lo stesso rigoroso criterio (dentro tutti) applicato alle prime 19.251, Milano e provincia si ritroveranno d’incanto una popolazione di residenti legali stranieri aumentata del 60 e passa per cento. Se tutte le questure regionali (la riottosa Pavia inclusa) daranno, come in un gigantesco “nascondino”, il “libero per tutti”, domani la Lombardia si troverà ad ospitare con tutti i crismi di legge, quasi 350 mila stranieri.
E mentre nell’Italia tutta intera l’incidenza della popolazione straniera su quella italiana sarà del 2,7 per cento, in Lombardia arriverà a 3,8. Sempre meno della media dell’Unione Europea, che viaggia attorno al 5,5 per cento, e molto meno di Belgio, Austria e Germania, che stanno al 9-10 per cento. Ma molto di più di quanto il governo aveva giurato e spergiurato ancora nell’ottobre ‘98. Menando, come spesso fa, gli italiani per il naso.
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