
Con il decreto del fare la politica fa meglio della finanza, alle prese con un altro pasticcio
Tra i vari provvedimenti approvati nel decreto del fare la scorsa settimana ve ne sono due in particolare che mettono in buona luce l’operato del governo e del Parlamento. Purtroppo non si può dire la stessa cosa delle istituzioni finanziarie impegnate in questi tempi estivi a preparare strumenti da mettere sul mercato nel prossimo autunno e che potrebbero rivelarsi un’ennesima bolla.
ANCORA DEBITI. Sono settimane che si leggono notizie su banche ed affini nella preparazione di fondi per la gestione di una serie di strumenti finanziari di debito che saranno emessi dalle imprese nei prossimi mesi. Nel dettaglio, in discussione ci sono i minibond: obbligazioni commisurate alla necessità di liquidità delle pmi. Il sistema italiano, eccessivamente bancocentrico, ha negli ultimi trent’anni soddisfatto le esigenze di liquidità nell’accesso al credito bancario, ma per gli effetti dei vincoli stringenti di patrimonializzazione richiesti dalla vigilanza (le regole di Basilea) e per far fronte alle sofferenze che nell’immediato futuro le banche dovranno sopportare, i rischi del credito verranno distribuiti al mercato e in parte non verranno più mantenuti dagli intermediari.
A CHI RIMANE IL CERINO IN MANO? In sostanza le aziende che necessitano liquidità, emetteranno minibond che verranno a loro volta distribuiti nel mercato. Il vero punto è sulla capacità di rimborso delle nuove obbligazioni. Per gli intermediari – le banche e affini di cui sopra – sarà un’ottima possibilità di business con rischi molto più ridotti rispetto al credito prestato direttamente ad un’impresa. Chi potrebbe rimanere con il cerino in mano? Il risparmiatore ovviamente.
La pericolosità di tali strumenti risiede nel solito problema italiano: le aziende soddisfano la necessità di finanziarsi a debito anziché con il capitale proprio, ovvero con i capitali dei soci o con altre operazioni straordinarie di rafforzamento patrimoniale.
LA SABATINI RILANCIA GLI INVESTIMENTI, E QUINDI L’ECONOMIA. Di altro tenore invece è il ripristino della ex legge Sabatini contenuta nel decreto del fare, che reintroduce la possibilità di finanziare con credito agevolato le imprese che vorranno acquisire macchinari, impianti, beni strumentali e attrezzature ad uso produttivo è un aiuto concreto perché va ad incentivare la vera molla dell’economia: gli investimenti. In questo modo si dà un aiuto concreto, attraverso lo stanziamento di 2,5 miliardi anticipati dalla Cassa depositi e prestiti, alle imprese che fanno utilizzo dei debiti non per rifinanziare i debiti pregressi – dai debiti bancari scaduti a fornitori e salari -, ma per incentivare la crescita. Un’azienda che si indebita per ripagare il proprio debito è cotta e i finanziamenti in questo caso non fanno che rendere la situazione peggiore.
UN RESPIRO PER LE IMPRESE. Sul lato dell’esigenza di liquidità, problema di non poco conto, l’altro provvedimento che prevede il rafforzamento del fondo di garanzia per lo sblocco dei debito della Pubblica amministrazione è un altro segnale positivo perché rendono resi liquidi i crediti maturati dai privati: la manifestazione finanziaria evita il passaggio al finanziamento bancario e rende più fluide le imprese.
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