I gran commis di Mosca

Di Gianni Baget Bozzo
13 Ottobre 1999
Mitrokhin Archive

Che Maccanico fosse stato comunista lo si sapeva. La cultura comunista è la cultura politica dominante del paese, vorrei sapere quanti emergenti non sono passati per un bagno nella cultura comunista e nei suoi apparati. La cosa non scandalizza: l’egemonia culturale ha fatto sì che fino alla caduta del Muro non si potesse pensare che in riferimento al marxismo, anche quando si era anti-marxisti. Che Maccanico, l’uomo delle istituzioni, il grand commis per tutte le stagioni, fosse sulla lista di paga del Kgb è un fatto sorprendente. Ma di chi si può servire un servizio segreto se non di un uomo insospettabile? Infine la più grande macchina spionistica del mondo, che era il centro dello Stato sovietico ed è ancora al centro dello Stato russo, era ben in grado di garantirsi dei servizi eccellenti. Chi ci garantisce che Maccanico sia mai stato nell’elenco delle spie Kgb? La Cia, cioè un altro sistema spionistico. E si sa bene che anche i servizi segreti opposti si scambiano favori reciproci. E poi il testimone Francesco Cossiga, il più incredibile testimone. Se il Corriere lancia con tanta evidenza la notizia, si può avere l’impressione che il quotidiano milanese abbia informazioni che consentano di non considerarla una incredibile bufala. Che sarebbe stata smentita era ovvio. Per i più giovani, che non hanno conosciuto il clima degli anni ruggenti del comunismo, occorre ricordare che allora la benedizione comunista era la benedizione più ambita. Un comunista di quegli anni pensava che l’Urss non era una potenza imperialista e che il vero rischio di guerra stava dalla parte dell’Occidente. Ci sono voluti anni perché si sapesse che Kurt Waldheim aveva avuto delle storie con il nazismo. Ed anni ci vorranno per sapere le stesse cose sul comunismo. Ad ogni modo ci fa sorridere pensare che il riformatore costituzionale per eccellenza sia stato per un lungo periodo pensato come un informatore di prima grandezza per il Kgb. La questione della quinta colonna comunista si fa più bruciante con le carte Mitrokhin. Il governo Prodi le conosceva, ma le tenne segrete. Forlani dovette nell’81 lasciare il governo perché aveva nascosto le carte della P2. Nel caso Mitrokhin c’è un reato molto più grave del golpismo. Chi ha nascosto le carte? Dovrebbe dirlo Mattarella in Parlamento. Se nelle carte ci fosse il nome di Armando Cossutta, si capirebbe: i voti di Rifondazione erano essenziali al governo Prodi. Infine era una notizia di reato quella che lo spionaggio inglese aveva rivelato al governo italiano. Direi che le spie illustri segnalate nella rivelazione inglese sono ancora troppo poche, se si pensa che l’Italia era il paese dell’Ovest più simile per influenza comunista ai paesi dell’Est. Ruggero Orfei, un mio caro amico degli anni dossettiani divenuto brillante direttore di Sette Giorni, la miglior rivista democristiana dopo Cronache Sociali e prima dell’ultimo Sabato, dovette ritirarsi dalla vita politica perché accusato di spiare per la Cecoslovacchia. Nel clima culturale italiano dominato dalla sinistra, in cui esisteva un cattocomunismo diffuso, era ben possibile che un uomo in buona coscienza e culturalmente aggiornato si sentisse amico dell’Urss e nemico degli Usa. Credo che solo gli storici del 2010, quando saranno un ricordo comunisti e cattocomunisti, potranno valutare quanto l’Italia della Dc sia stata dagli anni ’60 in poi una “democrazia popolare”, come i sovietici chiamavano i loro vassalli dell’Est.

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