
Fiat, Mirafiori: i capisquadra spiegano l’accordo ai lavoratori
(Torino) – Mossa a sorpresa della Fiat. All’inizio del primo turno di questa mattina, i capisquadra hanno spiegato ai lavoratori la versione dell’azienda sui contenuti dell’accordo. La produzione è stata interrotta per circa un’ora in cui sono state convocate delle assemblee composte mediamente da una quarantina di operai. L’iniziativa, del tutto inedita, ha provocato una forte reazione nei vertici della Fiom-Cgil. Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom, ha replicato indignato: «Siamo ormai ai padroni del vapore, la rappresentanza sindacale è gestita direttamente dall’azienda. È la chiara dimostrazione che la Fiat non si fida dei firmatari del sì e interviene per conto suo».
Giovedì 13 e venerdì 14 gennaio i lavoratori dello stabilimento Fiat di Mirafiori si pronunceranno attraverso referendum per accettare o meno le nuove condizioni proposte da Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat, e la sua azienda avallate dai sindacati, ad eccezione della Fiom. A poche ore dal voto, la tensione sale in maniera pericolosa. L’ad Fiat è stato protagonista di alcune scritte (“Marchionne boia”), firmate “Militant”, con il simbolo della falce e del martello. Nel centro di Torino, pochi giorni fa, sono anche comparse due stelle a cinque punte, a fianco di slogan infamanti (“Marchionne fottiti”).
Susanna Camusso, leader della Cgil, intervenendo ieri all’assemblea nazionale delle Camere del lavoro a Chianciano Terme (SI), ha contribuito ad alzare la tensione dicendo che Sergio Marchionne «insulta ogni giorno il Paese» e accusando la Fiat di non rendere noti i dettagli del piano “Fabbrica Italia”, aggiungendo che «se Fiat può tenere nascosto il piano, è anche perchè c’è un governo che non fa il suo lavoro ma è tifoso e promotore della riduzione dei diritti». Sergio Marchionne ha replicato poco dopo da Detroit, dal Salone dell’Auto: «Non si può confondere il cambiamento con un insulto all’Italia. Se introdurre un nuovo modello di lavorare in Italia significa insulto mi assumo le mie responsabilità, ma non lo è. Stiamo cercando di cambiare una serie di relazioni che storicamente hanno guidato il sistema italiano. In questo sono assolutamente colpevole, stiamo cercando di cambiarlo, di aggiornarlo e di renderlo competitivo. Non si può confondere con un insulto all’Italia. Anzi vogliamo più bene noi all’Italia in questo senso cercando di cambiarla. Il vero affetto è cercare di fare crescere le persone e farle crescere bene, stiamo cercando di farlo a livello industriale. È uno sforzo sovraumano, non lo farebbe nessun altro».
Nello scambio di vedute tra Marchionne e Camusso, è intervenuto il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini: «Bisogna far saltare l’accordo, renderlo non applicabile ed essere in grado di riconquistare i diritti che in termini sindacali significa riaprire la trattativa e considerare la vertenza ancora aperta. Tutto il sindacato, tutta la Cgil lo capisca». Ai microfoni del Tg3, il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha chiesto a Marchionne di spiegare come investirà i 20 miliardi promessi nel piano Fiat, mentre Matteo Renzi, sindaco di Firenze, ai microfoni del Tg LA7 ha dichiarato: «Io sono dalla parte di Marchionne. Dalla parte di chi sta investendo nelle aziende quando le aziende chiudono. Dalla parte di chi prova a mettere quattrini per agganciare anche Mirafiori alla locomotiva America».
Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, è dello stesso parere in merito alle parole di Bersani: «Farebbe bene a stare più zitto, come farebbero bene molti esponenti della classe dirigente italiana e dire fino in fondo cosa sta accadendo in un Paese che da cinque anni non ha investimenti e quindi non c’è lavoro. L’investimento è importante, non solo perché salva Torino ma perché è una indicazione fortissima per gli investitori italiani e stranieri». La Fiom dovrà attenersi e rispettare le decisioni della maggioranza, ma «la verità – ha aggiunto Bonanni in un’intervista al Tg3 – è che la Fiom non rispetta mai le decisioni della maggioranza».
Domani in edicola, le parole in esclusiva a Tempi, del senatore Pd Pietro Ichino, che parla dei possibili nuovi scenari delle relazioni industriali: «La Fiom rischia l’isolamento. Per Cgil, Confindustria, e in generale tutte le grandi confederazioni sindacali e imprenditoriali, vedo semmai la prospettiva di una riduzione del ruolo degli apparati centrali nazionali, a vantaggio degli apparati periferici: questi ultimi saranno quelli più sollecitati, nell’auspicabile fase di sviluppo della contrattazione aziendale sui piani industriali innovativi».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!