Sulla riforma Fornero-Monti vedremo. Ma per i “padroni” ci vuole più libertà

Di Luigi Amicone
05 Aprile 2012
Gli imprenditori sono "padroni", dice il sottaciuto di chi è contrario ad ogni liberalizzazione delle relazioni industriali ed è fermo sulle posizioni del secolo scorso. Quel che servirebbe è una cambio di mentalità basato sulla fiducia e sulla libertà nelle relazioni professionali. Solo così si vedrà se anche in Italia è possibile la «rivoluzione» promessa da Monti.

Lo Stato sale in cattedra e, nelle parole che la ministro Elsa Fornero pronuncia in conferenza stampa per presentare il riformato progetto di riforma del lavoro, spiega la “rivoluzione”. Che consisterebbe nel passaggio da un mercato del lavoro duale – varietà di contratti a rapporto determinato e contratto a tempo indeterminato – a un mercato del lavoro in cui sia premiato «il lavoro stabile, a tempo indeterminato». Di qui il fondamentale strumento dell’”apprendistato” come forma normale di introduzione al lavoro.

Questo per quanto riguarda l’impresa privata. E per il pubblico impiego? Se ne riparla dopo le trattative tra il ministro della pubblica amministrazione Patroni Griffi e le parti sociali. Così dice la Fornero. Che sul tema dell’articolo 18 e licenziamenti (famosa metafora della “flessibilità in uscita”), spiega il raggiunto accordo di compromesso: anche sul licenziamento per cause economiche oggettive deciderà il giudice. Dunque, i tribunali restano i veri e unici protagonisti delle cause di lavoro.

Come apprendiamo dai grandi giornali di sistema, escluso quel Catilina in sedicesimi che è Antonio Di Pietro, tutte le forze parlamentari salutano l’accordo raggiunto sul lavoro come un buon compromesso politico. Si stracciano le vesti solo gli extraparlamentari ricomunisti e la Fiom di Landini. Questi ultimi, come è noto, non sono disposti ad arretrare nemmeno di un millimetro dallo Statuto dei lavoratori del ’68 dello scorso secolo. Per loro non c’è mondo industriale a pezzi e stagnazione che tenga: bisogna ipergarantire i già occupati e per i giovani che sono fuori dal mercato del lavoro si arrangino i “ricchi”. A fare che? A farsi tutti monaci scalzi e a inventarsi lavori socialmente utili pur di non intaccare i famosi “diritti acquisiti” dei già occupati.

Comunque vada, da una parte e dall’altra, sia nei pro, sia nei contrari alla riforma Fornero, sembra tornare invariabile, ripetitivo, fatale, il pregiudizio non detto della sfiducia nella libertà umana e nelle relazioni tra gli uomini. La società, gli imprenditori, i lavoratori, non possono essere lasciati a se stessi, liberi di decidere consensualmente relazioni e contenziosi. Gli imprenditori sono “padroni”, dice il sottaciuto di chi è contrario ad ogni liberalizzazione delle relazioni industriali, dunque il loro obiettivo è sempre e soltanto quello di perseguire lo sfruttamento dei lavoratori per il proprio esclusivo profitto aziendalistico. I lavoratori sono poveri, imbelli, deboli, ricattabili, privi di coscienza dei loro diritti, sostengono le antiche e nuove classi di bonzi sindacali.

Niente di più evidente che l’osservazione di Giuliano Ferrara: «”Chi è titolare di un’attività economica stabilisce rapporti ‘at will’ (volontà consensuale delle parti) e dunque c’è diritto di interromperli da un lato e dell’altro”. Quelle parole tra virgolette ci vorrà un altro mezzo secolo per vederle scritte in una legge italiana». Che poi, come dice l’Elefantino, se «quella di Monti risulta una riforma utile» si capirà una volta messa alla prova dei fatti.

Si capirà quando vedremo la Fiat non scappare dall’Italia e quando (come crede fortissimamente Mario Monti che considera buona questa legge perché introdurrebbe «maggiore prevedibilità al mercato del lavoro») essa richiamerà gli investimenti stranieri in Italia e fermerà la fuga di capitali e imprenditori italiani all’estero. Al momento gli stranieri non sembrano dare segni di euforia. Mentre gli italiani, almeno nei comunicati non solo di Confindustria ma anche di Alleanza Cooperative, definiscono le modifiche introdotte dalla Fornero «inaccettabili».
@LuigiAmicone

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