
La preghiera del mattino (2011-2017)
Effetto 80 euro? Annullato dall’aumento delle tasse
L’effetto degli 80 euro? Annullato dalla pressione fiscale. È la conclusione di un rapporto della Cisl secondo cui la tassazione, che pure si sta spostando dal reddito ai consumi, rimane comunque costante, andando così ad annullare i benefici del bonus voluto dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. Secondo il sindacato «la pressione sulle famiglie è aumentata dal 30,8 per cento nel 2010 al 31,1 nel 2014».
IMU E TASI. Secondo gli esperti della Cisl, che hanno elaborato dati Caf a partire dalle dichiarazioni dei redditi 2013 di dipendenti e pensionati, «crescono le addizionali (regionali e comunali, queste ultime soprattutto tra 2012 e 2013, in corrispondenza dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa) ed è reintrodotta la tassazione sulle prime case (dall’Imu 2012 alla Tasi 2014) la quale, in alcuni casi, significa aumento rispetto al passato».
UN PICCOLO BENEFICIO. All’aumento delle imposte locali «non corrisponde una pari riduzione di quelle erariali»: la pressione delle principali imposte statali sulle famiglie «è del 29,7 per cento nel 2010 come nel 2014». L’incidenza dell’Irpef passa dal 20,35 per cento al 19,3, quella di Iva e accise dal 9 al 10,1. Secondo il sindacato, gli 80 euro hanno determinato «una redistribuzione a favore delle famiglie dei lavoratori dipendenti a scapito di pensionati, lavoratori autonomi e, in generale, dei contribuenti a bassissimo reddito. Hanno beneficiato in qualche modo di questa misura ben 8,6 milioni di famiglie italiane, un terzo del totale, per un importo medio di 683 euro». «Solo le famiglie dei lavoratori dipendenti – dice il rapporto – conservano, in media, un piccolo beneficio».
EROSIONE DEI RISPARMI. Per coprire le spese, fra il 2010 e il 2014, le famiglie hanno eroso i risparmi. E «tra il 2006 e il 2012, la ricchezza media netta in termini reali delle famiglie è diminuita del 9 per cento, il risparmio annuale del 38». Gli 80 euro, insomma, sono serviti a poco. La politica fiscale, conclude lo studio, è da cambiare, a partire dal rapporto fra fisco locale e nazionale: i decreti attuativi prevedevano che all’aumentare del primo il secondo dovessero diminuire, così non è stato.
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