
Le immagini che fanno capire questi trent’anni di catastrofe italiana

Un deputato e un senatore senza più l’immunità parlamentare – ex articolo 68 abrogato nel 1993 ma che era stato messo in Costituzione dai padri della Repubblica per proteggere i rappresentati del popolo dai condizionamenti e dai possibili ricatti di poteri esterni o interni allo Stato – cosa sono se non foglie in balìa di un pm, di una multinazionale, di una piattaforma digitale piuttosto che di un Fedez qualsiasi?
Tutto è cominciato da lì. E così oggi riflettiamo: cos’è un parlamento italiano occupato in gran parte da quelli che hanno rinunciato a ogni “immunità” per incarnare lo “spirito” delle monetine anti Craxi? È quello che resta della folla incanaglita di quella primavera del ’93. Che dal raduno di piazza Navona degli ex Pci diventati democratici di facciata – Achille Occhetto, Walter Veltroni, Massimo D’Alema – si trasferisce cento metri più in là ad assediare il leader socialista il giorno dopo che il Parlamento aveva compiuto lo “scempio” di aver concesso nei confronti di Craxi solo alcune delle decine di autorizzazioni a procedere richieste dalla magistratura di mezza Italia.
Dopo Palamara, preparatevi al bis
Quelle immagini davanti all’Hotel Rapahël, la sera del 30 aprile 1993, pienezza del delirio giustizialista istigato con serafica coscienza da quel pool di magistrati milanesi che sapevano di aver finalmente in pugno colui che con i loro servi sciocchi di stampa e tv chiamavano “il cinghialone”, sono le immagini che fanno capire trent’anni di storia italiana. Fanno capire come siamo arrivati al punto di inconsistenza politica e catastrofe socio-economica in cui siamo.
Almeno 260 mila italiani hanno già acquistato Il Sistema spiattellato da Luca Palamara al direttore del Giornale Alessandro Sallusti. Adesso preparatevi a fare il bis con il giornalista e scrittore Filippo Facci, 30 aprile 1993. Bettino Craxi. L’ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica (Marsilio).
Un libro che si divora in una notte

Come il libro intervista di Sallusti, così anche questa Treccani che fa giustamente dell’acme del linciaggio mediatico-giudiziario la dorsale che divide la prima Repubblica dalla Repubblica giudiziaria giunta fino agli odierni stracci di sedicente “loggia Ungheria”, si divora in una notte.
Fate come ho fatto io: tuffatevi nelle 223 pagine e dopo otto ore ne uscirete molto più istruiti di quello che credevate di essere. Fa arrossire chi credeva di sapere. Perfino noi. Che di Tangentopoli fummo testimoni non passivi. E di Craxi fummo amici in tempi non sospetti. Ovvero quando Craxi era diventato solo l’oggetto di sputo quotidiano da parte di un circuito mediatico-giudiziario fatto di gente senza volto e senza cervello.
Foreste di fatti e informazioni di prima mano
La scrittura di Facci è limpida e asciutta. Convincente nel suo incedere senza troppi commenti e sbavature in mezzo a foreste di fatti. E anche quando in primo piano emerge l’io narrante dell’autore si capisce che non è riflesso di un Narciso in una pozzanghera. Si capisce che è informazione di prima mano di un vero professionista.
Si capisce che giornalista di razza si diventa non per caso. Ma per passione. Tanto più si è coinvolti con l’oggetto del racconto e non tanto più lo si accosta con disprezzo o sospetto. Che alla fine sono solo alibi per giustificare l’asservimento al pregiudizio di chi ti ha inviato dietro un uomo, una storia, un fatto di cronaca, come un cagnolino va a recuperare un pezzo di legno che gli ha lanciato il padrone. Un modo per riempire spazi di giornale già scritti e titolati prima che tu abbia recuperato il legno lanciato dal tuo superiore.
Il combinato disposto del 30 aprile 1993
Non ricordo un testo che su un fatto puntuale accaduto molti anni fa, ti offra il senso compiuto di quello che sta accadendo adesso come conseguenza (d’altronde inevitabile prima o poi) di quanto accaduto trent’anni orsono. Quello che sta accadendo adesso in termini di guerra intestina, polvere di stelle e disdoro di un potere dello Stato, l’ordine giudiziario, per il quale oggi perfino cento dei suoi membri si appellano al presidente della Repubbluca perché azzeri il loro organo di autocontrollo, il Csm, e solleciti il Parlamento a una commissione di inchiesta.
Nel libro di Facci di cui non oso anticipare la trama avvincente troverete cristallizzati solo fonti, fatti, nomi, cognomi, ritratti di politici, giornalisti, magistrati. E ritroverete finalmente restituito alla dignità di uomo, di statista e di patriota, il gigantesco Bettino Craxi. Uno che da politico più potente che era stato nel decennio precedente fino al pomeriggio-sera del 30 aprile 1993, dopo le monetine diventerà per combinato disposto che va da Bossi ad Almirante, dalla procura di Milano all’arcivescovado di Milano, dalle Botteghe oscure degli ex Pci al Quirinale dei cattolici collaborazionisti degli ex Pci, esattamente il caprio espiatorio stile colonna infame di manzoniana memoria.
Craxi in pasto alla canaglia giustizialista
Molti sono ancora vivi, di coloro che non acquisteranno questo libro per il terrore di guardarsi allo specchio. Per parte mia posso solo anticiparvi senza aggiungere altri particolari – poiché i particolari sono nel libro – che non mi dispiace essere stato deferito dal cardinale Carlo Maria Martini ai vertici del movimento di Cl, dopo che in un articolo per il Foglio mi permisi esprimere qualche perplessità sul modo con cui Craxi, grande politico milanese, fu lasciato in pasto alla canaglia giustizialista anche dallo stimatissimo Cardinale Martini di Milano (il quale tra l’altro in Conclave «non era favorevole all’elezione del gesuita Bergoglio» secondo lo storico Andrea Riccardi).
Infine, ecco un altro di quei rari libri che gli editori – nel caso Marsilio – non rimpiangeranno di aver pubblicato nell’era in cui il criceto corre sulla ruota dei social e crede di essere un criceto ben informato.
Foto Ansa
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