1999: Marcello Lippi è il nuovo allenatore dell’Inter

Di Carlo Candiani
08 Settembre 2011
Dopo cinque anni Moratti ha già cambiato altrettanti allenatori. Nell’estate 1999 l’inarrestabile Massimo pesca il nome da applauso: Marcello Lippi, il tecnico che ha vinto tutto, o quasi, con la Juventus. Basterà all'Inter per tornare a vincere?

Estate 1999: nel tentativo di ripercorrere la stessa strada della presidenza Pellegrini, quando “il ristoratore” strappò alla Juve dopo tanti anni di successi bianconeri mister Trapattoni, Massimo Moratti chiede e ottiene il “si” all’avventura interista, dall’allenatore vincente dell’avversario più odiato: Marcello Lippi. “Allenator giovane” arriva all’Inter forte di un palmares indiscutibile di vittorie in cinque anni alla Juve: 3 scudetti, una Coppa Italia, 2 Supercoppe Italiane, una Supercoppa Europea, una Coppa Intercontinentale, una finale di Coppa Uefa persa contro il Parma, 3 finali di Coppa Campioni (2 perse, una vinta). Fischia! E’proprio l’allenatore giusto per una squadra così affamata di vittorie come l’Inter. D’altra parte il viareggino è ben contento di approdare all’Inter: vuole dimostrare che i suoi successi alla Juve sono in gran parte merito suo e non del trio Moggi-Giraudo-Bettega. Infatti, arriva ad Appiano Gentile con pretese di “General Manager” all’inglese, che in italiano significa “faccio tutto io”. Moratti è perplesso e, cinque minuti dopo averlo ingaggiato, comincia già a storcere il naso: forse gli accordi non erano questi, pazienza…

 

Marcello non demorde e da riconosciuto “esternatore” su argomenti religiosi, nella sana tradizione toscana, appena entrato negli spogliatoi chiede la testa del cattolico Bergomi, monumento interista e del calcio nazionale (4 edizioni mondiali giocati, più di 80 presenze in Nazionale). In quel momento il capitano indiscusso della squadra stava vivendo, a 34 anni, una seconda giovinezza, dopo essersi riciclato da terzino fluidificante a classico libero d’area e in attesa del rinnovo di contratto. Un fulmine a ciel sereno, non però per chi scrive Moratteide, che aveva confidando in tempi non sospetti a parenti e amici che il primo provvedimento di Lippi sarebbe stato proprio questo. In modo un po’ pusillanime la Società (Moratti) accoglie la richiesta del nuovo tecnico. Che non si ferma qui: chiede e ottiene anche l’allontanamento di Simeone, ricordando antiche polemiche tra il giocatore e il precedente tecnico della Juve, cioè lui stesso. Vengono ceduti anche Taribo West, Winter, Dabo, Paulo Sousa, Kanu, Djorkeff, Ze Elias, Silvestre, e vengono arruolati Michele Serena, un giovane centrale difensivo colombiano Ivan Cordoba, il serbo Jugovic (già alla Juve con Lippi, però abbondantemente spremuto), il portiere Peruzzi al posto di Pagliuca, il centrale Laurent Blanc (34 anni, al posto di Bergomi, 36), Domoraud, Panucci e il giovane promettente centrale Fresi, il nazionale Di Biagio, il greco Georgatos, il talento rumeno Mutu, il rientrante dal Venezia, Recoba. Dal mercato di Gennaio arriverà, dal Real Madrid, anche l’olandese Clarence Seedorf. Più che una squadra, una Babele!

 

Un via vai, una vera rivoluzione, una costosa rivoluzione, alla quale il Presidente e le sue tasche si adeguano per accontentare il nuovo “profeta” titolare della panchina. Ma a Moratti non basta e vuol mettere anche la sua firma a questa dissennata campagna acquisti: per la modica cifra di 45 milioni di euro (circa 90 miliardi del vecchio conio) compra il centravanti della Lazio Christian “Bobone” Vieri. Un girovago del calcio, un furbacchione di sette cotte, che grazie a un “mordi e fuggi” in diverse squadre, ha raggiunto cifre di ingaggio da capogiro. La “mission” è quella di affiancare a Ronaldo, ancora impegnato a recuperare la forma migliore, un altro bomber di sicuro affidamento, e pazienza se bisogna svenarsi economicamente, l’indotto pubblicitario dovrebbe salvare le casse esangui. Non sarà così. Finalmente si parte: ma quella che, sulla carta, doveva essere una stagione memorabile, si trasforma giorno dopo giorno in un “horror movie” o in uno di quei film catastrofici tanto in voga negli anni ’70. Tra rapporti personali ridotti ai minimi termini e drammatici infortuni, l’ipotetica stagione delle rivincite viene definitivamente stroncata.

 

Lippi, litiga con Panucci, altro bel caratterino, diatriba che costerà al difensore esclusioni dalla formazione titolare. E poi c’è da aprire il capitolo Baggio. Il fantasista era già stato alle dipendenze di Lippi nella Juve, ma “di striscio”: infatti il divin codino fu venduto dalla società bianconera al Milan, proprio con l’arrivo dell’allenatore viareggino, che in accordo con la dirigenza gli preferì il più giovane ed emergente Del Piero. Naturalmente Baggio se l’era legata al dito e si adombrò all’accorgersi che, con grande tempismo, Moratti glielo faceva ritrovare tra i piedi. Il contenzioso tra i due continuò sempre più insistente per tutto il campionato, condizionando i risultati in campo. La tranquillità della squadra fu destabilizzata anche da una serie di incidenti fisici sul campo che ebbero come vittima Ronaldo. Con Vieri, Ronnie rappresentava un progetto di coppia-gol invidiata da tutto il mondo del calcio. Purtroppo il progetto in questa stagione non decollò mai: il 21 Novembre, in Inter-Lecce, si rompe il tendine rotuleo già parzialmente lacerato e operato nella stagione precedente. Nuovo stop, nuova operazione, nuova lunga convalescenza e nuovo rientro. E qui è come raccontare una novella straziante da libro Cuore. Il 12 Aprile 2000, finale di andata di Coppa Italia, Stadio Olimpico in casa Lazio. Lippi fa segno a Ronaldo, portato in panchina, di scaldarsi; dopo mesi potrà ritornare in campo. Ronnie riassapora l’atmosfera della gara, di nuovo protagonista; sono passati appena sette minuti, un battito di ciglia rispetto ai mesi di attesa per dimostrare di essere ancora il più forte. E’ dai mondiali del ’98 che lo vuol dimostrare.

 

Il pallone tra i piedi, una finta della sue, nessuno gli si fa incontro, ma il “Fenomeno” crolla a terra. E’ come un film al rallentatore, i compagni impietriti non vogliono pensare al peggio, così pure gli avversari sbigottiti davanti al destino cattivo di un talento irraggiungibile, la curva laziale non urla più, lo stadio ammutolisce. Tutti trattengono il fiato. Il ginocchio, quello più volte operato, cede completamente: un urlo di dolore e le mani nei capelli dei giocatori più vicini confermano l’entità dell’infortunio e le gole urlano verso la panchina tutta la loro disperazione. Il film, che in questo caso è dura realtà, riprende a velocità normale e accompagnato dagli applausi commossi, di piena solidarietà umana di tutti i presenti, Ronaldo esce in barella, piangendo egli pure. Lo stadio Olimpico lo rivedrà piangere amaramente, esattamente due anni dopo. Lo racconteremo.

 

 

Stagione segnata, quindi, difficile raddrizzarla. Quando però ci si mette di mezzo anche la testardaggine e la superbia umana non è più giustificabile. 23 Maggio 2000, l’Inter arrivata quarta in campionato insieme al Parma deve giocarsi lo spareggio per un posto nei preliminari di Champions. I nerazzurri vincono 3 a 1, grazie alle magie di Roby Baggio, che però aveva avvertito che se ne sarebbe andato dall’Inter se fosse rimasto Lippi. L’allenatore da parte sua aveva chiesto il raggiungimento di un posto in Champions per la sua conferma nella stagione seguente. Ancora una volta la faccenda è quantomeno bizzarra: Lippi non viene esonerato proprio grazie al giocatore da lui ostracizzato. Un bel grattacapo per Moratti, che, denunciando una incapacità decisionale endemica, lascerà che Baggio dia compimento alla sua minaccia: “Se Lippi rimane, io me ne vado”. Sarà il Divin Codino a fare le valigie.

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