1992: questa è la realtà, non la fiction. La lettera del suicida Gabriele Cagliari

Di Gabriele Cagliari
27 Marzo 2015
Grazie alla serie in onda su Sky si torna a parlare di Tangentopoli e Mani Pulite. Ripubblichiamo il messaggio inviato alla famiglia dall'allora presidente di Eni prima di togliersi la vita in carcere

Tv: 1992, Accorsi racconta Tangentopoli, poi 1993-1994Grazie alla fiction in onda su Sky, “1992”, in Italia si è tornato a parlare di Tangentopoli e Mani Pulite. A nostro modesto avviso, non c’è modo migliore per capire cosa accadde in quegli anni che rileggere questa lettera di Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni arrestato nel 1993 dai pm milanesi Fabio De Pasquale ed Antonio Di Pietro. Cagliari fu accusato di aver versato ai partiti una maxi tangente. Dopo quattro mesi nel carcere di San Vittore a Milano si suicidò il 20 luglio del 1993. Questa è la lettera che inviò alla sua famiglia il 10 luglio 1993.

Miei carissimi Bruna, Stefano, Silvano, Francesco, Ghiti: sto per darvi un nuovo, grandissimo dolore. Ho riflettuto intensamente e ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna.

La criminalizzazione di comportamenti che sono stati di tutti, degli stessi magistrati, anche a Milano, ha messo fuori gioco soltanto alcuni di noi, abbandonandoci alla gogna e al rancore dell’opinione pubblica. La mano pesante, squilibrata e ingiusta dei giudici ha fatto il resto.
Ci trattano veramente come non-persone, come cani ricacciati ogni volta al canile.
Sono qui da oltre quattro mesi, illegittimamente trattenuto.

Tutto quanto mi viene contestato non corre alcun pericolo di essere rifatto, né le prove relative a questi fatti possono essere inquinate in quanto non ho più alcun potere di fare né di decidere, né ho alcun documento che possa essere alterato. Neppure potrei fuggire senza passaporto, senza carta d’identità e comunque assiduamente controllato come costoro usano fare.
Per di più ho sessantasette anni e la legge richiede che sussistano oggettive circostanze di eccezionale gravità e pericolosità per trattenermi in condizioni tanto degradanti.
Ma, come sapete, i motivi di questo infierire sono ben altri e ci vengono anche ripetutamente detti dagli stessi magistrati, se pure con il divieto assoluto di essere messi a verbale, come invece si dovrebbe regolarmente fare.

L’obbiettivo di questi magistrati, quelli della Procura di Milano in modo particolare, è quello di costringere ciascuno di noi a rompere, definitivamente e irrevocabilmente, con quello che loro chiamano il nostro “ambiente”. Ciascuno di noi, già compromesso nella propria dignità agli occhi della opinione pubblica per il solo fatto di essere inquisito o, peggio, essere stato arrestato, deve adottare un atteggiamento di “collaborazione” che consiste in tradimenti e delazioni che lo rendano infido, inattendibile, inaffidabile: che diventi cioè quello che loro stessi chiamano un “infame”. Secondo questi magistrati, a ognuno di noi deve dunque essere precluso ogni futuro, quindi la vita, anche in quello che loro chiamano il nostro “ambiente”.
La vita, dicevo, perché il suo ambiente, per ognuno, è la vita: la famiglia, gli amici, i colleghi, le conoscenze locali e internazionali, gli interessi sui quali loro e loro complici intendono mettere le mani.
Già molti sostengono, infatti, che agli inquisiti come me dovrà essere interdetta ogni possibilità di lavoro non solo nell’Amministrazione pubblica o parapubblica, ma anche nelle Amministrazioni delle aziende private, come si fa a volte per i falliti.

Si vuole insomma creare una massa di morti civili, disperati e perseguitati, proprio come sta facendo l’altro complice infame della magistratura che è il sistema carcerario.
La convinzione che mi sono fatto è che i magistrati considerano il carcere nient’altro che uno strumento di lavoro, di tortura psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione, o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente.
Il carcere non è altro che un serraglio per animali senza teste né anima.
Qui dentro ciascuno è abbandonato a stesso, nell’ignoranza coltivata e imposta dei propri diritti, custodito nell’inattività nell’ignavia; la gente impigrisce, si degrada e si dispera diventando inevitabilmente un ulteriore moltiplicatore di malavita.

Come dicevo, siamo cani in un canile dal quale ogni procuratore può prelevarci per fare la propria esercitazione e dimostrare che è più bravo o più severo di quello che aveva fatto un’analoga esercitazione alcuni giorni prima o alcune ore prima.
Anche tra loro c’è la stessa competizione o sopraffazione che vige nel mercato, con differenza che, in questo caso, il gioco è fatto sulla pelle della gente. Non è dunque possibile accettare il loro giudizio, qualunque esso sia.
Stanno distruggendo le basi di fondo e la stessa cultura del diritto, stanno percorrendo irrevocabilmente la strada che porta al loro Stato autoritario, al loro regime della totale asocialità. Io non ci voglio essere.

Hanno distrutto la dignità dell’intera categoria degli avvocati penalisti ormai incapaci di dibattere o di reagire alle continue violazioni del nostro fondamentale diritto di essere inquisiti, e giudicati poi, in accordo con le leggi della Repubblica.
Non sono soltanto gli avvocati, i sacerdoti laici della società, a perdere la guerra; ma è l’intera nazione che ne soffrirà le conseguenze per molto tempo a venire. Già oggi i processi, e non solo a Milano, sono farse tragiche, allucinanti, con pene smisurate comminate da giudici che a malapena conoscono il caso, sonnecchiano o addirittura dormono durante le udienze per poi decidere in cinque minuti di Camera di consiglio.
Non parliamo poi dei tribunali della libertà, asserviti anche loro ai pubblici ministeri, né dei tribunali di sorveglianza che infieriscono sui detenuti condannati con il cinismo dei peggiori burocrati e ne calpestano continuamente i diritti.
L’accelerazione dei processi, invocata e favorita dal ministro Conso, non è altro che la sostanziale istituzionalizzazione dei tribunali speciali del regime di polizia prossimo venturo. Quei pochi di noi caduti nelle mani di questa “giustizia” rischiano di essere i capri espiatori della tragedia nazionale generata da questa rivoluzione.

Io sono convinto di dover rifiutare questo ruolo. E’ una decisione che prendo in tutta lucidità e coscienza, con la certezza di fare una cosa giusta.
La responsabilità per colpe che posso avere commesso sono esclusivamente mie e mie sono le conseguenze. Esiste certamente il pericolo che altri possano attribuirmi colpe non mie quando non potrò più difendermi. Affidatevi alla mia coscienza di questo momento di verità totale per difendere e conservare al mio nome la dignità che gli spetta.
Sento di essere stato prima di tutto un marito e un padre di famiglia, poi un lavoratore impegnato e onesto che ha cercato di portare un po’ più avanti il nostro nome e che, per la sua piccolissima parte, ha contribuito a portare più in alto questo paese nella considerazione del mondo.

Non lasciamo sporcare questa immagine da nessuna “mano pulita”. Questo vi chiedo, nel chiedere il vostro perdono per questo addio con il quale lascio per sempre.
Non ho molto altro da dirvi poiché questi lunghissimi mesi di lontananza siamo parlati con tante lettere, ci siamo tenuti vicini. Salvo che a Bruna, alla quale devo tutto. Vorrei parlarti Bruna, all’infinito, per tutte le ore e i giorni che ho taciuto, preso da questi problemi inesistenti che alla fine mi hanno fatto arrivare qui.

Ma in questo tragico momento cosa ti posso dire, Bruna, anima dell’anima mia, unico grandissimo amore, che lascio con un impagabile debito di assiduità, di incontri sempre rimandati, fino a questi ultimi giorni che avevamo pattuito essere migliaia da passare sempre insieme, io te, in ogni posto, e che invece qui sto riducendo a un solo sospiro?
Concludo una vita vissuta di corsa, in affanno, rimandando continuamente le cose veramente importanti, la vita vera, per farne altre, lontane come miraggi e, alla fine, inutili. Anche su questo, soprattutto su questo, ho riflettuto a lungo, concludendo che solo così avremo finalmente pace. Ho la certezza che la tua grande forza d’animo, i nostri figli, il nostro nipotino, ti aiuteranno a vivere con serenità e a ricordarmi, perdonato da voi per questo brusco addio.

Non riesco a dirti altro: il pensiero di non vederti più, il rimorso di avere distrutto i nostri anni più sereni, come dovevano essere i nostri futuri, mi chiude la gola.
Penso ai nostri ragazzi, la nostra parte più bella, e penso con serenità al loro futuro.
Mi sembra che abbiano una strada tracciata davanti a sé. Sarà una strada difficile, in salita, come sono tutte le cose di questo mondo: dure e piene di ostacoli. Sono certo che ciascuno l’affronterà con impegno e con grande serenità come ha già fatto Stefano e come sta facendo Silvano.
Si dovranno aiutare l’un l’altro come spero che già stiano facendo, secondo quanto abbiamo discusso più volte in questi ultimi mesi, scrivendoci lettere affettuose.

Stefano resta con un peso più grave sul cuore per essere improvvisamente rimasto privato della nostra carissima Mariarosa.
Al dolcissimo Francesco, piccolino senza mamma, daremo tutto il calore del nostro affetto e voi gli darete anche il mio, quella parte serena che vi lascio per lui.
Le mie sorelle, una più brava dell’altra, in una sequenza senza fine, con le loro bravissime figliole, con Giulio e Claudio, sono le altre persone care che lascio con tanta tristezza. Carissime Giuliana e Lella, a questo punto cruciale della mia vita non ho saputo fare altro, non ho trovato altra soluzione.
Ricordo Sergio e la sua famiglia con tanto affetto, ricordo i miei cugini di Guastalla, i Cavazzani e i loro figli. Da tutti ho avuto qualcosa di valore, qualcosa di importante, come l’affetto, la simpatia, l’amicizia.

A tutti lascio il ricordo di me che vorrei non fosse quello di una scheggia che improvvisamente sparisce senza una ragione, come se fosse impazzita. Non è così, questo è un addio al quale ho pensato e ripensato con lucidità, chiarezza e determinazione.
Non ho alternative. Desidero essere cremato e che Bruna, la mia compagna di ogni momento triste o felice, conservi le ceneri fino alla morte. Dopo di che siano sparse in qualunque mare. Addio mia dolcissima sposa e compagna, Bruna, addio per sempre.
Addio Stefano, Silvano, Francesco; addio Ghiti, Lella, Giuliana, addio.
Addio a tutti. Miei carissimi, vi abbraccio tutti insieme per l’ultima volta.
Il vostro sposo, papà, nonno, fratello
Gabriele

Foto Ansa

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    6 commenti

    1. Geppo

      Le dichiarazioni fatte da Craxi in tribunale , che tutti possono reperire su Internet sono chiare ed esplicative. Non lasciano dubbi o incertezze.

    2. Cisco

      E’ proprio il caso di ripetere: summum jus summa iniuria. Chissà perché in tutto il marcio scoperchiato da Tangentopoli i magistrati ne sono usciti sempre intonsi, come se venissero da Marte e non c’entrassero nulla con il sistema di corruzione dilagante o almeno la sua tolleranza per decenni.

    3. Ale

      ..che dire il marcio non è stato tolto a distanza di 13 anni dai fatti ed il malcostume sembra essere ovunque solo che alcuni sono intoccabili e altri no e sembra che ogni tanto su qualcuno puntino luce e microscopio ..mentre su altri assolutamente no. Il fatto di dire “così fan tutti” non è una giustificazione..ma è ormai palese che i giudici talvolta sono stati “usati” da burattinai che rimangono sempre in ombra. Per cui si fa un gran polverone e cadono i più sensibili ma chi resiste..la spunta e niente cambia…perché?? Perché è tutto marcio il nostro sistema democratico o perché non è una vera democrazia ma un’Oligarchia ?! L’Isis si è fatto strada nei popoli del medioriente promettendo “uguaglianza sociale, cibo, sanità e soldi per far sopravvivere anche gli indigenti”… La nostra società, che sembra tutta marcia, si pone a rischio per questo tipo di rivoluzione dal basso in un futuro neanche tanto prossimo ad opera di estremisti?? Io vedo tanta gente con il mal di pancia per il malcostume che regna ovunque..solo che noi italiani confidiamo ancora che “speriamo me la cavo” e ” tiriamo a campa’ ” o il detto razziniano “dai retta a me fatti li…..tuoi” ma gli altri ovvero queste seconde generazioni si adatteranno al nostro modus vivendi o ci rivoluzioneranno a modo loro?? Con la Sharia non ti mettono in galera, se accusato di furto, ti processano e ti tagliano le mani ..a memoria di quanto fatto!!! E se il giudice s’e’ sbagliato amen..le mani non ricrescono.. Sullo sfondo del tribunale nostro ordinario tra qualche anno potrebbero esserci ..altri tribunali..ma coranici e loro non perdonano. Altro che Di Pietro !!!

    4. leo aletti

      La Verità va cercata sempre anche in modo paradossale.

    5. sganarello

      Bisogna stare attenti a non urtare la sensibilità dei disonesti. Chiaramente la sensibilità dei disonesti che guadagnano le milionate all’anno, gestendo beni dello stato non loro, e che andavano in giro con macchine dello stato, con sirene dello stato, scortati da uomini dello stato nelle corsie preferenziali. Lo Stato ti da. Lo Stato ti toglie. Mi ricordo i versi di quella canzone ” sciogliamo le camere, per un mondo migliore, sciogliamo le camere, con i caschi blu”

    6. Emanuele

      …un grande uomo, un grande italiano. ..

    I commenti sono chiusi.