
11 settembre. Arabia Saudita minaccia gli Stati Uniti: «Se ci fate causa, vendiamo 750 miliardi in titoli Usa»

La minaccia non è per nulla velata e va a toccare gli Stati Uniti nel punto più delicato: il portafogli. L’Arabia Saudita ha annunciato che se il Congresso approverà una legge che consente di denunciare il governo arabo per gli attentati dell’11 settembre, gli sceicchi «si vedranno costretti» a vendere tutti i titoli del debito americano e gli asset a stelle e strisce di cui dispongono. Per un valore totale di 750 miliardi di dollari.
PROPOSTA DI LEGGE. La proposta di legge introdotta al Senato americano, e fortemente osteggiata dall’amministrazione Obama, introdurrebbe una postilla nella legge del 1976 che garantisce alcune immunità ai paesi stranieri dalle cause intentate nelle corti americane. La proposta vuole esplicitare che l’immunità non vale nel caso in cui un paese straniero venga riconosciuto colpevole per attacchi terroristici che abbiano ucciso americani sul suolo degli Stati Uniti. Se la legge passasse alla Camera e al Senato, e fosse firmata dal presidente Usa, l’Arabia Saudita rischierebbe grosso e non solo perché 15 dirottatori su 19 erano sauditi.
11 SETTEMBRE. Esiste infatti un rapporto di 28 pagine, frutto di un’inchiesta del Congresso del 2002 e mai reso pubblico dalle autorità americane, dove secondo il New York Times vengono elencate prove certe che alcuni ufficiali sauditi residenti negli Stati Uniti hanno avuto parte nella tragedia dell’11 settembre. Riyad ha sempre negato un suo coinvolgimento e nelle dichiarazioni pubbliche ha escluso che «il governo saudita come istituzione e funzionari senior abbiano finanziato l’organizzazione». Parole così precise, sostengono molti critici, non nominano di proposito le responsabilità eventuali di funzionari junior.
OBAMA SI OPPONE. Barack Obama si è opposto alla proposta di legge energicamente, sottolineando il rischio che si crei un precedente pericoloso e che altri paesi tolgano per vendetta la stessa immunità agli Stati Uniti. Così, prosegue il ragionamento, si finisce per mettere in pericolo soldati e cittadini americani. I sostenitori della legge ribattono che l’immunità non viene tolta in modo generico, ma solo per un crimine ben specifico, anche se tutti comprendono che il problema è politico.
MINACCIA SAUDITA. Altri detrattori dell’iniziativa legislativa temono le pesanti ricadute negative di una vendita saudita degli asset americani. Il ministro degli Esteri saudita, Adel al-Jubeir, si è recato personalmente a Washington a marzo per informare che il suo governo fa sul serio. Molti economisti però sono scettici: vendere 750 miliardi di debito, titoli, proprietà e partecipazioni non è uno scherzo. «È una minaccia vuota», minimizza Edwin Truman, membro del Peterson Institute for International Economics. «Ci rimetterebbero anche loro. L’unico modo per punirci è punire loro stessi».
PARENTI DELLE VITTIME. La diatriba è delicata anche dal punto di vista dell’immagine e delle relazioni bilaterali. Obama sta facendo la figura di chi vuole difendere a tutti i costi l’Arabia Saudita e non le vittime americane del 9/11. «È pazzesco pensare che il nostro governo appoggi i sauditi e non i suoi cittadini», ha dichiarato Mindy Kleinberg. Suo marito è morto nel crollo delle Torri gemelle e potrebbe usufruire della legge per fare causa ai sauditi. La sua stessa rabbia è condivisa da tutti i membri del gruppo di parenti delle vittime di cui fa parte.
IL VIAGGIO A RIYAD. Mercoledì il presidente degli Stati Uniti si recherà nella capitale dell’Arabia Saudita per rafforzare un’alleanza sempre più traballante. Oltre a rassicurare il partner sull’accordo nucleare raggiunto dall’Occidente con l’arcinemico saudita, l’Iran, dovrà discutere di una proposta di legge introdotta la scorsa settimana da due senatori per limitare la vendita di armi a Riyad. Non è ancora chiaro se anche la legge bipartisan sull’immunità rientrerà tra i temi di discussione, di sicuro il viaggio di Obama rischia di essere molto turbolento.
Foto Ansa
Articoli correlati
8 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
I conflitti d’interesse USA-Saudi sono sempre più evidenti ma in realtà sarebbero i sauditi a rimetterci di più:
-attraverso il fracking gli USA non sono più dipendenti dall’importazione di petrolio saudita
-senza lo scudo militare USA e nato (Iniziativa di Istanbul) l’Arabia Saudita e gli altri Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo non possono sostenere la minaccia iraniana
Come al solito si scaricheranno tutte le colpe su un malcapitato passacarte (o funzionario “junior” se preferite) che ha eseguito ignaro gli ordini dall’alto.
Non credo si arrivi alla rottura tra i due paesi almeno al momento. La NATO fa affari d’oro con Riyadh sulla testa dei poveri yemeniti (a proposito di profughi vero Italia?), Israele è contrario, Russia e Cina incombono per cui il cordone ombelicale non verrà tagliato
l’arabia saudita, una delle culle del fondamentalismo islamico, “fedele alleata” degli Americani, secondo i due bush, clinton e Obama………
Ma in modo diverso. Qualcuno l ha usata semplicemente come portaerei o scalo, altri hanno proprio chiuso gli occhi nonostante 1000 evidenze ed avvertimenti.
Gli USA e non solo devono seriamente rivedere la loro alleanza con l’Arabia Saudita, non mandare avanti la signora Mindy o il signor Mork…
Il nome completo di chi stà lasciando la casa bianca- lo ha ricordato spesso in una trasmmisione di rai2
l’ex ministro Martino- è: Barack Husseyn Obama. Il conduttore,allarmato,chiese chiarimenti del perchè lo
chiammasse così. Avvicinandos all’ex ministro,senza che il pubblico ascoltò, forse gli ricordo le origini
islamiche della sua africa.
Vogliamo parlare dell’infanzia trascorsa in Indonesia con il patrigno islamico?
L ambiguità saudita è finalmente nuda. Obama continua a rivelarsi l amico delle lobby, supino agli integralisti islamici pur di non rimangiarsi vetuste promesse elettorali. Ecco perché Trump e Cruz hanno il vento in poppa.
L’ impero fondato sui petroldollari non vuol dire sempre e solo gloria per l’America.