Voteremo CentroDestra

Di Emanuele Boffi
23 Marzo 2006
C'è un'Italia atterrita all'idea sinistra di uno stato che vuole "organizzare la felicità". ecco perché la Cdo ha deciso: noi stiamo con il caimano

Se nell’incubo filmico di Nanni Moretti Silvio Berlusconi è il “caimano”, il famelico rettile che assalta la preda, la inghiotte e vomita facendo a brandelli il bon ton istituzionale e la medietà tiepida del lessico istituzionale (ultimo rifugio della presentabilità dei maneggioni), così, per lo stesso identico ed opposto motivo, il popolo minuto preferisce l’alligatore di Arcore – coi suoi riprovevoli tic e le sue mattane sincere – ai piranha dell’Unione, che promettono felicità organizzate mentre sbocconcellano testa, membra e tasche di prede leggere e indifese.
Il popolo minuto della Compagnia delle Opere vota il caimano Berlusconi. Ed è una novità, innanzitutto, che lo renda noto. Perché, da quando nacque – ormai vent’anni fa, attorno ad una tavola imbandita, per la preoccupazione di don Luigi Giussani di aiutare «gli amici di Alcamo a fare il vino» – da allora la Cdo mai aveva dato indicazioni elettorali. «Voteremo centrodestra» è il suggerimento che l’associazione, guidata ieri da Giorgio Vittadini e oggi da Raffaello Vignali, dà ai suoi aderenti per la data del 9 e 10 aprile. A motivare l’inusuale consiglio ci pensa l’elenco dei motivi che fan preferire la destra alla sinistra: la difesa della vita, la scuola, la legge Biagi e altre innovative riforme (la “più dai meno versi” e il cinque per mille). Sono le ragioni che s’accasano sotto l’ormai celebre ragione di vita di questa compagine di piccoli e medi imprenditori (cattolici per educazione e diletto) che da sempre sostengono un’istanza molto laica: più società, meno Stato. E se, dunque, da questa parte, la sinistra è definita nel manifesto «uno schieramento dove prevalgono correnti radicali e massimaliste che mettono a tacere le posizioni moderate che pur ci sono», di là, nel centrodestra, perlomeno, si riconosce ancora la possibilità di «difendere la libertà di tutti: delle persone, delle realtà educative e sociali, delle imprese. E della Chiesa, quella “entità etnica sui generis” che difende il valore della vita umana, educa alla carità e sostiene la speranza del futuro».

Stanchi del bifrontismo unionista
Milano arriva un giorno prima di Vicenza. Prima della domenica bestiale del caimano che sul palco di Confindustria vince la lombosciatalgia per sotterrare fra plausi e botte l’assurdo appeasement che i vertici del sindacato dei padroni hanno sussurrato a Prodi, il garante, al «cento per cento», delle istanze del sindacato degli operai. Milano arriva un giorno prima di Vicenza e riunisce nelle sale della Fiera i rappresentanti di quel popolo minuto che in Italia raccoglie 33 mila imprese e 500 mila associati. E che qui concentra le sue cinquemila anime in un grande salone per la consueta e annuale “assemblea generale” (“Liberi di educare, liberi di costruire”) e l’inizia col desueto e inusuale linguaggio di chi non le manda a dire in playback. Prima delle analisi, i canti: «Porta la calce, porta i mattoni il muratore. Cammina l’uomo quando sa bene dove andare».
Milano arriva un giorno prima di Vicenza sulla scia delle dichiarazioni dell’amico diellino Enrico Letta che s’è «sorpreso per la scelta miope» della Cdo, per quel “voteremo centrodestra” che ai suoi occhi rappresenta una posizione «sopra le righe». Arriva sulla scorta delle parole felpate e sibilline del ds Pierluigi Bersani, altro politico amico della Cdo, che afferma convinto «che in realtà, al suo interno, esistono posizioni anche più problematiche». Arriva dopo che la dirigente ds Anna Finocchiaro alla domanda di un ascoltatore di Radio radicale sul caso Unipol, ha rovesciato le accuse sull’associazione di Vignali, colpevole di mischiare «affari e politica». Arriva poche settimane dopo che la Compagnia, stanca di una politica ostaggio di intercettazioni estive, ha difeso la bontà delle cooperative rosse, mentre i loro referenti “perbene” le liquidavano perché «ce ne ver-go-gna-mo». Arriva dopo che i seguaci di Prodi hanno accusato la Cdo di andare a caccia di prebende («Ma se così fosse – ringhia un infastidito Vignali dal palco – saremmo stati con loro, no?». «Così parlano i mentecatti – fa eco Vittadini – ché, se fossimo a caccia di favori, non parleremmo in pubblico, ma li otterremmo in silenzio»). Milano arriva ventiquattro ore prima di Vicenza e ventiquattro ore prima delle seconde e terze file di Confindustria col proclama: «Noi voteremo centrodestra», noi stiamo col Caimano.

CARRÓN: «ABBIATE A CUORE L’IO»
La Compagnia e il caimano non hanno nulla in comune, se non la convinzione, come spiega Vittadini, «che noi non vogliamo “organizzare la felicità”. Chi è in grado di rispondere a un’esigenza del genere? Nessun cristiano possiede la risposta a un’esigenza di questo tipo perché felicità è una parola impegnativa, qualcosa di infinito. Chi può avere questa presunzione? La politica si fermi, Dio mio. Dopo aver voluto organizzare la vita dalla culla alla tomba, ora vogliono organizzarci anche l’uomo nella culla, l’uomo nella famiglia, l’uomo nel lavoro, l’uomo nella tomba». La Compagnia e il caimano non hanno nulla di simile se non l’insistenza sui “fatti” e una certa idiosincrasia per il già visto e il già sentito, per certe tiritere sul “fare sistema”, per certe promesse che riempiono la bocca e svuotano le tasche. E se nel secondo tale sconveniente originalità si materializza nell’esibizione pubblica degli sconforti e delle bizzarrie di un uomo privato, nella prima si presenta con la fissa sempre nuova di ripetere da vent’anni «discorsi apolitici ai politici». Perché – spiega Vittadini – «questo è il nostro vizio, ripartire sempre dall’io e dal cuore». Perciò, prima di far sfilare sul palco piccoli e medi imprenditori, testimoni di minuscoli e grandi miracoli industriali e umani, cantano e battono mani e piedi. E prima di dare spazio ai criteri per il voto, lasciano la parola all’erede di monsignor Giussani, don Julián Carrón, per una lezione sulla libertà e sull’educazione: «Il passo chiesto alla Cdo – dice il sacerdote – è approfondire la coscienza da cui è nata, l’io. Vi auguro che la Cdo diventi fenomeno di popolo e questo accadrà perché è sentita dal popolo come un’associazione che ha a cuore il destino di ognuno».

«IL PAESE HA ANCORA CARTE DA GIOCARE»
La Cdo sta col caimano senza sbavature, ma senza il bisogno di cavalcarlo. «Continueremo – dice Vignali – a essere noi stessi, dicendo che cosa va bene e cosa va male». Perché – ripete più volte – la fedeltà non è alla politica, ma al suo ideale: «La nostra vittoria non arriva dalla politica. è se saremo più coscienti, più uniti, più amici». E così, mentre Diego Della Valle in un’intervista all’Unità – intercettato dal cronista quando «sta già salendo sulla sua monovolume Toyota Previa» – ne approfitta per imputare a Berlusconi il declino del paese, Vignali preferisce sostenere che «l’Italia ha la sua carta da giocare». Perché, per chi ha occhi, è ancora possibile vedere quel tesoro italiano «che lo storico Carlo Cipolla, definì come la “capacità di produrre all’ombra dei campanili”. Sotto i campanili si scopre che l’altro non è il nemico da abbattere, ma quello con cui collaborare per competere».
Così accade che ci sia il paese del popolo grasso che si mette alla caccia del caimano, il terribile monstrum, lo scherzo di natura, il rettile che tutto inghiotte e rutta. E poi ci sia l’Italia dei piccoli e medi imprenditori che avverte ancora quanto sia più onorevole e avventuroso un giorno da alligatore che cento da piranha.

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