
Utero in affitto in Europa. Belgio verso la legalizzazione, ma è la poverissima Grecia «il nuovo eldorado»

La femminista francese Sylviane Agacinski vuole indire per il 2 febbraio un convegno a Parigi per l’abolizione universale dell’”utero in affitto”. La moglie dell’ex premier socialista Lionel Jospin ha denunciato «il mercato procreativo globalizzato nel quale i ventri sono affittati» e lo sfruttamento della donna il cui corpo viene «trattato come un mezzo di produzione di bambini». E non è un caso che questa iniziativa arrivi proprio dall’Europa.
REGNO UNITO. Nel Vecchio continente sono diversi i paesi che hanno legalizzato l’utero in affitto e altri sono in procinto di farlo. Nel Regno Unito la maternità surrogata è legale dal 1985: deve essere firmato un regolare contratto tra la madre che decide di portare in grembo il bambino e le persone che lo richiedono. Pagare una donna per affittare il suo utero è illegale, tutto deve essere fatto per «motivi altruistici», ma è previsto un rimborso per le «spese ragionevoli» che questa deve affrontare a causa della gravidanza. La prassi inglese prevede che la maternità surrogata sia «gratuita» quando la donna che affitta il suo utero riceve un rimborso fino a un massimo di 15 mila dollari, «commerciale» e quindi illegale quando supera questa cifra.
«IL NUOVO ELDORADO». La maternità surrogata è legale, ma regolata in modo rigido, anche in Belgio, Olanda e Bulgaria. Una legge approvata nel 2014 ha fatto invece della Grecia il nuovo «eldorado della maternità surrogata»: la madre che porta in grembo il bambino non ha nessun diritto su di esso, che viene affidato d’ufficio alla madre genetica o richiedente. I prezzi, nel paese in piena crisi economica, sono molto attraenti: costa appena 30 mila euro (contro i circa 100 mila degli Stati Uniti). Le donne non possono essere pagate ufficialmente ma possono ricevere rimborsi fino a un massimo di qualche migliaio di euro.
«UN VERO BOOM». Kostas Pantos, medico e direttore della clinica Genesis, che pratica l’utero in affitto, spiega a Bfm Tv: «C’è un vero boom, vengono da tutto il mondo per fare la maternità surrogata da noi. Solo oggi ho accolto una coppia australiana e una francese». Sono ormai una dozzina le cliniche che si sono buttate nel nuovo business, offrendo questo trattamento, e tante donne senza lavoro sono attratte dalla possibilità di guadagnare. Triada Baloukoudis, coordinatrice della clinica Iakentro, non smette mai di rispondere al telefono: «È pieno di coppie che chiamano, la lista di attesa è lunga».
FRANCIA E BELGIO. Francia e Belgio, infine, sono in procinto di legalizzare la pratica. A Parigi è illegale ma i giudici non condannano più le coppie che si recano all’estero per affittare uteri. La legalizzazione anche in patria sembra di conseguenza più che altro una formalità. A Bruxelles invece, dove già si tengono le “fiere dell’utero in affitto“, il Senato approverà una relazione tra novembre e dicembre in vista di una legalizzazione allargata anche agli stranieri (come in Grecia) nel 2016. Secondo un recente sondaggio, il 43 per cento dei belgi è favorevole alla legalizzazione e solo il 52 per cento non la ritiene una priorità politica.
Foto Ansa
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10 commenti
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A rigor di logica, in qualsiasi attività lavorativa (che non derivi da lavoro dipendente), la sospensione dell’attività corrisponde a un mancato guadagno, ossia ad un costo. Ora se una donna fertile, “aperta alla vita”, regolarmente sposata e che svolge una qualsiasi attività libero professionista, nel momento in cui rimane incinta e intende avere il figlio, deve mettere in conto un mancato guadagno, cioè un costo quantomeno per un determinato periodo. Dunque il sostenere questo costo, non equivale in modo diverso dalla maternità surrogata a “comprare” il figlio che poi mette al mondo? E rimborsare le spese a un’altra donna consenziente che porta avanti una gravidanza frutto di un concepimento avvenuto in provetta con gameti di altri, non è sovrapponibile all’onere che avrebbe sostenuto quella libera professionista se avesse portato avanti la gravidanza in proprio?
“xyzwk” sei proprio alla frutta.
Noi si parlava di persone, che non si comprano e non si regalano, non di assemblaggio di frigoriferi.
Quando avrai toccato il fondo dell’aridità , forse potrai risalire la china dell’umano.
E oggi chi li lava i piatti ? Mi sa che tocca agli operatori, che tu non muovi una foglia !
(ah, mi raccomando, non perdere l’abitudine a far intervenire i nick trucidi, che ci sono SEMPRE quando ci sei tu )
Ti rendi conto che stai riducendo tutto ad un fattore puramente monetario?
Io dico, ED E’ MOLTO FACILE PREVEDERLO, che se una mentalità come quella che ostenti qui, fosse di dominio comune nella società del domani, le nuove generazioni avranno moltissimi adepti della jihad.
Perché saranno schiacciati tra il massimo della moralità folle (da cui il jihadismo), e la grettezza di una pseudomorale dove il denaro la fa da padrone, anche sui sentimenti umani.
Una volta c’erano princìpi, spesso esagerati, ma pur sempre princìpi.
Oggi, l’unica direttiva di vita la volete ridurre ad un “get rich. Anyhow, but get rich”.
Ed il tutto lo cammuffate come libertà e autodeterminazione.
A questo punto arriverete anche a legalizzare la schiavitù. Siete sulla strada giusta.
Guarda che io ho affrontato la tematica dal punto di vista economico solo perché voi non fate altro che parlare di compravendita di bambini, ma si puó benissimo fare lo stesso discorso non in termini economici ma in termini di mancate opportunità di vita per le donne derivanti dalla gravidanza rispetto alle opportunità che invece hanno gli uomini
Non hai affrontato nessuna tematica seria, ma hai solo portato avanti gretti paragoni sulla misura di chi sconosce certi sentimenti.
Credo che il punto sia un altro: ricordo quando ingiuriavi B per la cene galanti perché comprava donne. Ora che le donne in povertà se le comprano per un uso cosi umiliante ed inumano trovi solo il modo di rigirare in maniera miserabile il discorso.
Grande To_Ni
Xyzwk
A rigore di logica , partendo dalle premesse di un maniaco ossessivo, si può raggiungere qualsiasi coerenza. Nei tuo specifico caso occorre tenere in debito conto i tuoi marcati sentimenti necrofili . Del resto tu hai scritto che il lavoro di una prostituta è uguale , per dignità, a quello di una lavoratrice in fabbrica. A rigore di logica…tua… una donna che ama una famiglia, che ama la maternità e lavora …. è come un utero in affitto.
PS: Ti lamenti spesso che nel rivolgersi a te, cosi educatissima, viene meno il dialogo civile. Forse è vero, ma come si concepire un dialogo con te dopo la produzione industriale di pupu che versi non dirti il disgusto che provochi. E’ lo stesso che disquisire con un civilissimo cannibale che ti propone delle ricette (“ma provate aggiungendo il rosmarino, prima di dire che non si può mangiare”) Ma come sei fatta? Che cosa ti hanno fatto? Chi ti ha cresciuto? come?
Alè, la nuova frontiera dei diritti è lo shopping dei bambini a tariffa controllata.
Chissà se vale la garanzia dei due anni come per i telefonini…