
Te deum laudamus per la vita che ci doni

Paola Cevasco è la mamma di Marco Gallo, diciassettenne brianzolo prematuramente scomparso nel 2011. È da pochi mesi in libreria Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare, libro che ne racconta la storia e raccoglie i pensieri.
Non ho mai amato i miei compleanni. Né tanto meno le vuote ricorrenze, capodanno, carnevale, in cui bisogna essere festosi per forza. Troppo bruciante lo scorrere del tempo.
Poco tempo fa era il mio cinquantesimo compleanno. Temevo questo giorno. In particolare ora che sono una madre con un figlio morto ragazzo. Ragionando come si ragiona: perché questi giorni a me e non a lui? Quanto sarà ancora lunga la mia attesa prima di rivederlo?
Invece mi sono ritrovata la sera commossa, grata della vita che il Signore mi dona. Mi sono ritrovata grata della presenza del SIGNORE, che è con me ed è con Marco. Grata perché “TU, devicto mortis aculeo, aperuisti credentibus regna coelorum”, perchè Tu, vinta la forza della morte, ci hai aperto le porte del cielo: questa è la ragione principale della mia gioia. Perché tutto il desiderio che noi siamo non finisce nel nulla. Persino il nostro corpo, sebbene subisca ora la corruzione, tornerà vivo. Mi sono ritrovata grata di esistere per il tempo che il Signore vorrà.
Rileggendo l’inno del Te Deum, la parola che ricorre come cardine di ogni frase, è “Tu”: è sua la grande compagnia nelle pieghe della realtà, nello scorrere del tempo e nell’eternità.
Scriveva la mia amica Claudia, gravemente malata: «Io non sto facendo niente tutto il giorno, mi posso considerare un parassita della società. La mia esistenza ha senso solo perché mi faccio volere bene da Gesù. Ma ti rendi conto? Questo fatto in sé, anche senza che io muova un dito, permette ad ogni cosa di essere al suo posto».
Così il tempo che passa “per singulos dies” invece di essere dispersione, è una possibilità ricevuta ogni giorno di amare liberamente.
Come un bambino per provare i suoi primi passi decide di staccarsi dall’appoggio che sembra sicuro, ma che in realtà lo condannerebbe a non imparare a camminare se lui non osasse mai staccarsi, così noi ogni giorno possiamo avventurarci tra quanto succede all’incontro col Mistero presente.
“Dignare, Domine, die isto sine peccato nos custodire.”
Sostienici oggi nei nostri passi, perché lo sai, noi cadiamo. “Sine peccato”: è la resurrezione ora, è un atto puro ora, che certo sappiamo non viene da noi, ma da TE, regalato, attraverso noi.
“Salvum fac populum tuum, Domine”.
Ci fai vivere in un popolo: che tenerezza che la divinità sia così feriale, sia tra noi, che tu prenda noi e ne faccia delle persone grate perché Tu ci sei.
“Io ti ringrazio sconosciuta compagnia” scriveva il mio Marco accanto a una foto dei suoi conosciutissimi amici: alcuni conosciutissimi amici di cui ognuno di noi sa, come sappiamo di noi stessi, limiti e tradimenti, come li sappiamo di Pietro, eppure che sono, anche loro, Chiesa, “la pienezza di Colui che si realizza interamente in tutte le cose”, sono il mantello di Gesù che noi possiamo toccare.
“Te Deum laudamus”.
Noi ti lodiamo, “noi”: grazie Signore della vita, del tempo e dell’eternità, perché ci hai messo in una famiglia, l’infinitamente piccolo che ha lo stesso sapore dell’infinitamente grande, dove noi bimbi possiamo divertiti camminare ogni giorno.
Qui di seguito pubblichiamo uno scritto di Marco contenuto nel suo libro.
Oggi ho ascoltato “Io non sono degno” e mi sono commosso.
Mi sono commosso, perché Claudio Chieffo ha comunicato in una canzone cos’è la vita.
Io non faccio altro che distrarmi, non fare i miei doveri, sputare sulla vita non gustandomela, bestemmiare sulla vita facendomi complessi, perdendo tempo; non lo dico con piacere ma con forte dolore: io non valgo nulla.
Ma il motivo per cui la mia vita ha senso è perché ci sei TU, l’ho capito.
Noi non ti meritiamo, non meritiamo una goccia del sangue di te. E invece, TU ci sei e mi ridesti ogni attimo, senza che io me ne accorga, Tu mi dai la bellezza, le persone, le risposte, Tu mi abbracci e ti dico grazie, un grazie inconsapevole, inconsapevole del tuo infinito amore, del valore che mi dai e dei modi in cui ti manifesti.
La bellezza della vita è che a noi, al nostro nulla, Tu ti contrapponi e ci costituisci, “io sono Tu che mi fai” (Padre Aldo). Per questo, la vita ha senso solo per tendere al tuo amore, che non finirà mai.
La commozione è consapevolezza del nostro nulla e in contemporanea della tua risposta, perché senza risposta sarebbe solo Dolore.
Tu ci abbracci.
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