«Solo i cristiani possono dialogare con l’islam. Ma anche la Chiesa sembra aver dimenticato la lezione di Ratisbona»

Di Leone Grotti
22 Settembre 2014
Intervista al professore e intellettuale cattolico George Weigel: «Benedetto XVI aveva ragione. La violenza dei jihadisti ci fa rileggere Ratisbona senza i paraocchi del politicamente corretto»
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Oggi si può dire, senza paura di essere smentiti, che «a Ratisbona Benedetto XVI aveva ragione». Dopo aver presentato questa tesi con un articolo su First Things, George Weigel la approfondisce parlando a tempi.it. L’intellettuale cattolico celebre in tutto il mondo per una monumentale biografia su Giovanni Paolo II vede solo un “vantaggio” nelle ripetute atrocità commesse contro i cristiani dai terroristi dello Stato islamico: «Quelle violenze mettono in luce la natura dell’islam jihadista in modo inequivocabile e di conseguenza ci danno l’opportunità di riconsiderare Ratisbona senza i paraocchi del politicamente corretto».

Professore, lei scrive che «la guerra civile infuria all’interno dell’islam». A cosa si riferisce?
Sia in campo sunnita sia sciita è in atto una guerra per il futuro dell’islam. Da una parte ci sono quelli che vogliono che l’islam si sviluppi in modo tale da poter coesistere con le altre fedi in Stati moderni, dall’altra coloro che insistono su una versione islamista o jihadista dell’islam.

E cosa c’entra con questa guerra il discorso di Ratisbona?
Papa Benedetto XVI aveva individuato in quella lezione i due problemi che si trovano alla base del conflitto all’interno dell’islam e di quello tra islam e gli “altri”: il problema cioè della libertà religiosa e quello del rapporto tra autorità politica e religiosa in un giusto Stato.

Nel 2006 come oggi, l’Occidente non capisce Benedetto XVI o non vuole capirlo?
Purtroppo oggi criticare l’islam sembra vietato ed è una delle manifestazioni più pericolose del pensiero politicamente corretto.

Cosa intendeva Benedetto XVI quando parlava di «dialogo con l’islam»?
Avere una seria discussione sui due problemi sopra esposti: libertà religiosa e rapporto tra autorità politica e religiosa.

E perché per l’Occidente è così difficile seguire questa strada?
Perché i governi non possono farlo. La Chiesa invece dovrebbe provarci.

Ha usato il condizionale.
Perché anche la Chiesa, in larga parte, ha dimenticato Ratisbona.

Perché l’incomprensione del discorso di Ratisbona e le atrocità dello Stato islamico dovrebbero essere collegate?
Perché quelle violenze mettono in luce la natura dell’islam jihadista in modo inequivocabile e di conseguenza ci danno l’opportunità di riconsiderare Ratisbona senza i paraocchi del politicamente corretto.

Qual è la prima cosa da fare oggi per aiutare l’islam e il Medio Oriente a intraprendere questa strada?
Fermare lo Stato islamico, senza dubbio.

@LeoneGrotti

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3 commenti

  1. Alice

    La radice del problema è la “fonte giuridica” della dottrina islamica, che è ovviamente il Corano (unitamente alla Sunna, ovvero i “detti” del profeta).
    E nessuno può negare la palese violenza e intolleranza del Corano.

    Quindi, in assenza di un’unica autorità religiosa islamica, forte, autorevole e riconosciuta (un Papa islamico, insomma), ci saranno SEMPRE dei musulmani (pochi o tanti che siano; oggi sono cmq circa il 40-50%) che predicano di uccidere il proprio nemico e ghettizzare le donne, in nome del loro testo sacro.

    Con buona pace dei vari buonisti di casa nostra, troppo impegnati a inchinarsi preventivamente all’islam per rendersi conto del pericolo mortale che sta correndo la nostra società.

  2. yoyo

    Più che aver dimenticato Ratisbona, ci sono gruppi che credono ancora possibile un ecumenismo irenico ormai sorpassato. Francesco ha però dato prova di intrapremdemza in quezto campo. Non sempre ben calibrata negli effetti, ma almeno ha provato a smuovere qualcosa nellinerzia generale.

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