Siria. Strike americano? Panella: «È troppo tardi. La strategia di Obama è tragicomica»

Di Francesco Amicone
30 Agosto 2013
Il giornalista critica la strategia Usa contro il regime di Damasco. «Non ha mosso un dito per due anni. È la solita balbuzie politica di Obama che vorrebbe fare una mossa ma non sa come gestire la situazione»

«L’intervento americano in Siria? È troppo tardi. E il piano di Obama è troppo poco e troppo confuso», spiega Carlo Panella, giornalista esperto di Medio Oriente. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, aveva annunciato come imminente un bombardamento in Siria, una rappresaglia contro il regime di Damasco, accusato di aver usato gas nervino sui ribelli, la scorsa settimana. Ora però temporeggia. Aspetta i risultati del sopralluogo dell’Onu. «Non mi stupisce. Questa è la solita balbuzie politica di Obama – spiega Panella –, vorrebbe fare una mossa militare ma non sa come gestire la situazione». Per il presidente Usa la strada si fa ancora più complicata perché ieri sera il suo alleato inglese David Cameron è uscito sconfitto dal voto preliminare in parlamento sull’intervento. Con 285 voti contro 272 è stata respinta la richiesta del governo di schierarsi con gli Stati Uniti.

Perché Obama ha atteso ben due anni prima di sollevare seriamente la questione di un intervento militare contro il regime di Bashar al Assad?
Tutta la politica del presidente americano è contraddittoria. E questa sua titubanza non rappresenta una novità. La scelta di intervenire adesso è tragicomica: dopo non aver mosso un dito in una guerra che ha fatto già cento mila morti, ora motiva l’azione militare, fuori tempo, per un attacco di gas nervino che ha fatto un numero di morti limitato. Un comportamento che è un misto fra l’ipocrita e il leguleio.

Quali sono i problemi di un intervento militare in Siria?
I militari chiedono a Obama qual è la strategia e non hanno risposte. Perché non c’è strategia possibile. Una soluzione come quella libica costringerebbe l’America a mesi di bombardamenti, non a pochi giorni come vorrebbe il presidente. Inoltre, il gruppo dirigente siriano si dimostra unito. La compattezza del regime mette in discussione la capacità di rompere la resistenza di Assad attraverso i bombardamenti, a differenza di quanto è avvenuto in Libia. Per finire, Assad ha ora il sostegno militare dell’internazionale sciita e quello della Russia, che l’indecisione di Obama ha trasformato in una superpotenza.

Un altro problema sottolineato dagli analisti è il peso di Al Qaeda e dei gruppi islamisti all’interno dei ribelli.
Non è vero, questo. Cioè, ci sono circa 4-5 mila terroristi e fanatici islamici fra i ribelli, ma in gran parte la rivoluzione siriana si poggia su una sollevazione popolare, accresciuta dal numero di morti spaventoso di questi due anni e mezzo di guerra civile.

Si possono nutrire speranze per la riuscita di una conferenza di pace?
Non c’è nessuna conferenza di pace all’orizzonte. Quella in Siria è una rivoluzione, e una rivoluzione esclude una mediazione politica di qualsiasi tipo. Come si fa a pensare che possa esistere una conferenza di pace fra i rivoluzionari e il regime dittatoriale che combattono? Non è possibile. Questa è la solita ipocrisia dell’Europa e di Barack Obama. La stessa ipocrisia che mantiene le truppe dell’Unifil di stanza nel sud del Libano, quando la loro missione, il disarmo di Hezbollah, è completamente fallita. Tanto che Hezbollah ora sta combattendo in Siria per il regime di Assad.

Quali sono le strade per giungere alla fine della guerra?
Non esiste una via di uscita, se non una vittoria militare di una delle due parti. Mentre due anni fa sarebbe bastata una fornitura discreta di autoblindo, carri armati e razzi rpg ai ribelli siriani, oggi, con i formidabili Pasdaran iraniani e gli Hezbollah libanesi sul campo di battaglia, un intervento americano come concepito da Obama sarebbe totalmente inutile.

Gli israeliani non spingono per un intervento?
A Israele va bene come stanno le cose. L’unico esercito regolare che poteva ancora impensierirlo è quello di Assad, che ora è impegnato a reprimere la rivoluzione.

@PisseurDencre

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