
Si può stare con uno che venera il caffè da asporto tappato con la stagnola?

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Cara Guia, sono ancora sotto shock. Non so come sia potuto succedere. Andava tutto benissimo. Eravamo una coppia ideale, l’invidia di tutti i nostri amici, andavamo d’accordo sulle vacanze e sul calcio, sulla politica e sui film, mi ero perfino fatta fare il quadro astrale che diceva che eravamo molto compatibili. Niente, ma proprio niente aveva annunciato questa improvvisa crisi. E invece.
Una sera io ero al burraco con le amiche, lo facciamo sempre a casa della mia ex compagna di banco perché da quando ha divorziato le fa piacere avere gente in casa. Lui, intanto, aveva invitato un po’ di amici a guardare la partita e bere birra senza versarla nel bicchiere: sai, quelle cose da uomini. A casa della mia amica non c’è mai niente da mangiare (lei è sempre a dieta), e a me non dispiace saltare la cena: sai, non è che solo perché hai accalappiato un uomo puoi lasciarti andare. Però, tornando, mi era venuto un languorino, e quindi mi sono fermata nel mio posto preferito.
Lui non lo sa, perché la mattina esce più tardi di me per andare al lavoro, ma quello è il bar in cui faccio colazione tutti i giorni. Un posto delizioso, il wifi va velocissimo (mica come quello di casa), i camerieri sono gentili, nessuno mi scoccia se mi fermo a leggere qualche giornale dopo aver preso il caffè; e soprattutto, se voglio portarmi via il cappuccino, me lo mettono in questi enormi bicchieroni di carta, col tappo che chiude bene e il buchino sopra per bere senza aprire e rovesciarsi tutto sul cappotto. È proprio con quel bicchierone, con dentro ancora un po’ del cappuccino decaffeinato che avevo bevuto per strada, che sono entrata in casa. E li ho sentiti. Non si sono accorti che ero arrivata, hanno continuato a parlare liberamente, come si fa tra uomini.
Dicevano che il bicchiere col tappo che si chiude bene è un’umiliazione nei confronti di noi italiani e della nostra identità: quella del bicchierino di plastica da festa delle medie, tappato con la carta argentata, che prima di arrivare in ufficio come minimo hai rovesciato mezzo cappuccino. Dicevano che gli stranieri vengono qui e ci rubano le nostre tradizioni. Dicevano che nei bar seri non dev’esserci il wifi: lo sanno tutti che su internet c’è il porno. Dicevano cose orribili, e io ho capito che tra noi si è aperto un divario incolmabile: non posso stare con un uomo che vuole costringere i bar a lavare le bottigliette dei succhi di frutta per metterci dentro il caffè da asporto. È finita, lo so. Però non so come dirglielo. Sono una vigliacca. Anche quella sera: ho nascosto il bicchierone di cappuccino in fondo alla spazzatura, prima di entrare in salotto e trillare «Sono arrivata: di che parlate di bello?». Tutti hanno cambiato discorso.
Alda
Cara Alda, temo che tu abbia sbagliato buca. Questa è una posta frivola, ci si occupa di questioni lievi, sciocchezze sentimentali, non siamo pronti ad affrontare la tragedia vera, le zone disagiate, terremotate, arretrate, in cui c’è il cappuccino chiuso con la carta argentata, un reperto che io non vedo dal 1985, sebbene sappia che si trova ancora in alcune paludi non bonificate che gli archeologi hanno denominato «Roma centro». Dalle mie parti i bicchieri coi buchi, che al tuo ganzo sembrano innovativi, li utilizzano cani, porci, e bar-tabacchi. Ma non è questa la risposta che volevi, me ne rendo conto.
Tu vuoi che ti dica che è solo un episodio, un momento difficile, magari al lavoro è arrivato un nuovo collega che gli ha sottratto le attenzioni dei capi e dei clienti, e quindi ora il caffè lo rende nervoso. Vuoi che ti rassicuri dicendoti che passerà, ma io lo so come va, con le storie di prevaricazione: si comincia da un divieto piccolo e si finisce in tragedia; se gli fai passare questa, un domani ti costringerà a comprare i biscotti e a fare colazione a casa, col caffè della moka delle vostre nonne. Tu vuoi sapere se sia possibile ricomporre una relazione con un uomo convinto che il caffè l’abbiamo inventato noi (avrà parenti colombiani). La risposta è: no.
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