Se è vero che la sfida è il dialogo con l’islam e non la guerra, allora l’Occidente deve tornare a Cristo

Di Piero Gheddo
12 Febbraio 2015
Secondo padre Gheddo tra noi e il mondo musulmano c'è un problema che riguarda la libertà e riguarda Dio. Non ci incontreremo mai se non arriveremo fino a lì

gerusalemme-chiesa-moschea-croce-mezzaluna-shutterstock_48580450Da alcuni mesi il terrorismo di radice islamica è balzato alla ribalta dell’attualità come un grave pericolo per l’Europa e per la nostra Italia. Molti si chiedono cosa fare, si discute di leggi adeguate alla gravità della situazione ma gli appelli per una maggior vigilanza e fermezza lasciano il tempo che trovano. Il nostro mondo democratico, ricco e laicizzato, si trova spiazzato. I popoli occidentali e quelli islamici non si capiscono. C’è un abisso tra il nostro desiderio di vivere tranquilli e la violenza dei terroristi.

La storia recente, dopo le “Due Torri” di New York (11 settembre 2001), ha dimostrato che le guerre contro l’estremismo islamico (in Afghanistan e Iraq e oggi contro il Califfato) non solo non risolvono il problema del terrorismo, ma hanno peggiorato la situazione. La “guerra santa” e “il martirio per l’islam” si sono diffusi in molti paesi. Un miliardo e 400 milioni di uomini che vivono con convinzione la loro religione e cultura religiosa non si sconfiggono con la guerra. E allora, cosa fare?

Papa Francesco, parlando nel gennaio scorso al Pisai (Pontificio Istituto di Studi arabi e d’islamistica), ha messo in primo piano il dialogo con i musulmani, dicendo tra l’altro: «Mai come ora» si avverte la necessità della formazione di operatori del dialogo con i musulmani, «perché l’antidoto più efficace contro ogni forma di violenza è l’educazione alla scoperta e all’accettazione della differenza come ricchezza e fecondità». Ciò richiede un atteggiamento di «ascolto» per essere capaci di capire i valori dei quali l’altro è portatore e di conseguenza «un’adeguata formazione affinché, saldi nella propria identità, si possa crescere nella conoscenza reciproca»; ma esige anche di «non cadere nei lacci di un sincretismo conciliante e, alla fine, vuoto e foriero di un totalitarismo senza valori».

Questo scontro di due civiltà che non si capiscono non ha come motivazione fondamentale la politica o l’economia, ma la religione. Ecco perché:

1) L’ideale dell’Occidente è la “Libertà” dell’uomo, anche dalle leggi di Dio che ha creato il mondo e l’umanità. Noi viviamo in una società praticamente atea e i popoli islamici vedono l’Occidente cristiano come un nemico, un pericolo per la loro fede! Sono attirati dal mondo moderno, ma ne hanno anche paura! La nostra vita li scandalizza, non vogliono vivere in un mondo sempre più disumano come il nostro, ricco e arido, ma vuoto dentro, di cui ci lamentiamo anche noi. Questo il ritornello che si sente nelle moschee e si legge sulla stampa islamica: i credenti nel Corano hanno la missione di riportare a Dio l’Occidente ateo e svirilizzato. Queste idee, inculcate fin dalla più tenera età anche nelle scuole, fanno parte della loro fede e della loro cultura. Solo una minoranza pratica il terrorismo islamico, è vero, ma ci sono milioni di musulmani che condividono la loro ideologia.

Il primo ministro inglese Tony Blair, parlando dopo le Due Torri al Parlamento europeo, ha detto: «L’Occidente deve difendere i nostri valori… Abbiamo creato una civiltà senz’anima e dove ritrovare quest’anima se non tornando al Vangelo che ha fatto grande l’Occidente?». Nella situazione attuale, che rende la nostra società sempre più priva di ideali, pessimista ed egoista, in crisi perché manca di bambini (quanti milioni di aborti negli ultimi trent’anni?), ecco l’islam che ci provoca con ogni mezzo, dalla crescita demografica al terrorismo, ma anche con la “guerra santa” e il “martirio per l’islam”, per ricondurci allo scopo dichiarato della fede in Dio, sia pure il Dio del Corano che non è certo il Dio del Vangelo!

In genere, noi occidentali viviamo come se Dio non esistesse, ma per incontrare e dialogare con l’islam dobbiamo ritornare a Dio e ai dieci Comandamenti, a Gesù Cristo e al suo Vangelo, non solo nella nostra vita personale, ma in quella familiare, sociale, scolastica, massmediatica, eccetera. Cioè ritrovare la nostra identità cristiana. L’alternativa è la guerra contro i popoli musulmani, che, a lunga scadenza, perdiamo certamente, per il semplice motivo che i musulmani sono popoli giovani, noi occidentali popoli vecchi!

Dobbiamo formarci una visione più realistica dei musulmani e capire quali gravi responsabilità (storiche ed attuali) abbiamo anche noi, cristiani occidentali nella nascita e il diffondersi del “terrorismo” con radice islamica. Il cardinale Carlo Maria Martini (nel suo discorso del 1990 “Noi e l’islam”) ha detto: «Cosa dobbiamo pensare noi cristiani dell’islam? Che senso può avere nel piano divino il sorgere di una religione, in un certo modo vicina al cristianesimo e insieme così combattiva, così capace di conquista, da fare molti proseliti in un’Europa infiacchita? Nel mondo occidentale che perde il senso dei valori assoluti e non riesce più ad agganciarli a un Dio Signore di tutto, la testimonianza del primato di Dio su ogni cosa e della sua esigenza di giustizia, ci fa comprendere i valori storici che l’islam ha portato con sé e che può ancora testimoniare nella nostra società».

2) L’islam si definisce non in termini di “libertà dell’uomo”, ma di “sottomissione a Dio”, ripeto, il Dio del Corano, non quello del Vangelo! Vive e proclama la presenza di Dio (Allah) nella vita del singolo uomo, nella famiglia e nella società; la fede è il più grande dono che Dio ha fatto all’uomo, che dobbiamo conservare con la preghiera e l’osservanza dei Comandamenti; la fede non è solo una scelta personale (come il laicismo e la secolarizzazione esasperata proclamano e impongono), ma crea l’appartenenza alla comunità dei credenti e a tutta l’umanità creata dallo stesso Dio.

L’islam è una religione che viene, almeno in parte, dalla stessa radice cristiana, il Dio di Abramo, tanto che nei suoi primi tempi alcuni Padri della Chiesa lo definivano “una eresia cristiana”. Ma oggi non è certamente una religione umanizzante, sono le stesse realtà islamiche (le violazioni dei diritti dell’uomo e della donna) che offrono un’immagine negativa; ma questo è un altro discorso, senza nulla togliere al dovere che hanno gli stati e ciascuno di noi, di difendere noi stessi e il nostro popolo da aggressioni e invasioni esterne.

Ribadisco comunque quel che ho sentito da numerosi vescovi cristiani viventi nei paesi islamici, la convinzione che, nei piani di Dio, anche oggi l’islam ha, nella storia umana, un ruolo che non conosciamo, ma che merita rispetto e attenzione. Per noi cristiani oggi la sfida è l’incontro e non lo scontro con i popoli musulmani, il dialogo e non la guerra, il ritorno alla fede e alla vita in Cristo, non l’ateismo teorico e pratico.

Tratto dal blog di padre Piero Gheddo

Foto Gerusalemme da Shutterstock

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5 commenti

  1. Cisco

    Con l’Islam la questione è sempre quella: si può essere cristiani liberi (non solo dhmmi) in un paese a maggioranza islamica? I cristiani che convivono con i musulmani devono naturalmente cercare il dialogo, inteso non come fine a se stesso, ma come premessa e strumento per l’evangelizzazione, che ormai deve riguardare anche l’occidente scristianizzato.

  2. Agostino

    Quindi una sfida e un confronto duplice, da una parte il laicismo e relativismo occidentale, e dall’altra il Dio della sottomissione all’Islam. Forse sono pessimista ma la strada del martirio dei Cristiani è segnata già in molte parti del mondo e temo che presto o tardi toccherà anche luoghi e nazioni fino ad oggi rimaste immuni. Certamente dovremo tornare a Cristo e aderire maggiormente al suo insegnamento, ma questo non ci eviterà lo scontro, certamente ci potrà dare più forza coraggio e speranza per superare ogni ostacolo e prova.

  3. Raider

    Con tutto il rispetto per Padre Gheddo, non è chiaro su cosa e come dialogare con i musulmani per convincerli a rispettarci o a risparmiarci: stiamo dialogando da un bel po’, solo con gli islamic, con loro come nessun altro: e la spiegazione di questa voglia di brillanti conversari è che l’Islam rappresenta per il mondo intero una minaccia: che noi ci siamo messi in casa con leggerezza e anzi, come scrivono anche qui alcuni metncatto-islamisti, con la convinzione – fasulla: propagandistica – che l’Islam ci aiuterà a sconfigre il nichilismo occidentale!
    Sarebbe stato meglio padre Gheddo dicesse una cosa che non ho mai sentito dai più alti consessi del cristianamente corretto: su cosa, di che dialogare? Che c’è che noi non abbiamo capito dell’Islam o loro di noi? Che sono suscettibili, per non dire intolleranti? Speriamo di convincerli, anche i più moderati a furia di sorrisi e inchini a La Mecca che l’Islam non è la religione “naturale dell’umanità” e che lasciare l’Islam per qualunque altro motivo è del tutto conforme alla libertà di coscienza?
    Perché l’appello a dialogare non smebra di per sè un motivo per farlo né offre ragioni su cui dialogare. E i fatti e i dialoghi condotti fino a qui lo dimostrano.

  4. leo aletti

    E’ proprio come termina la Bibbia ” vieni Signore Gesù.

    1. Menelik

      Sarà pure, però intanto è arrivato l’isis a Sirte, nel nord della Libia, a 450 km dalla Sicilia a 1250 km da Roma.
      I primi 21 cristiani, copri di nazionalità egiziana, sono stati sgozzati.
      Intanto oggi al Parlamento hanno litigato, è successo il casino.
      Quelli non pensano altro che ai festeggiamenti e alle litigate.
      Quello che succede in Libia non li riguarda.

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