Oggi è il primo anniversario della più grande strage di cristiani mai avvenuta in Pakistan. «Terremo alta la croce ma tanti emigrano»

Di Leone Grotti
22 Settembre 2014
Il 22 settembre 2013 i talebani fecero esplodere a Peshawar due bombe davanti alla chiesa di Tutti i santi al termine della Messa, uccidendo 106 persone. «Funzioni e preghiere in tutto il paese. E proteste contro il governo»

È passato un anno dal più grave attentato contro i cristiani mai realizzato in Pakistan, culminato in una strage. Il 22 settembre 2013 i talebani fecero esplodere a Peshawar due bombe davanti alla chiesa di Tutti i santi al termine della Messa, uccidendo 106 persone, per colpire un simbolo della «cultura imperialista occidentale».

«TERREMO ALTA LA CROCE». Oggi, a un anno di distanza, in quella stessa chiesa i cristiani faranno «una grande commemorazione tenendo alta la croce, mentre si terranno in tutto il paese funzioni e verranno recitate preghiere in suffragio delle vittime. Poi, ci sarà un’assemblea per ricordare quanto successo e per protestare contro il governo affinché si prenda cura e difenda dagli attentati tutte le minoranze religiose del Pakistan e perché paghi ai cristiani quanto aveva promesso».

«ABBIAMO PAURA». A spiegare a tempi.it come i cristiani si apprestano a vivere questo doloroso anniversario è Cecil Chaudhry, nuovo direttore esecutivo della Commissione giustizia e pace della Conferenza episcopale pakistana. «Non è la prima volta che subiamo attentati del genere, anche se non così letali, ci siamo abituati ad essere attaccati. Nonostante questo, la gente ha paura».

pakistan-peshawar-chiesaEMIGRAZIONE DEI CRISTIANI. Come drammatica conseguenza dell’attentato e della mancanza di sicurezza, tanti cristiani hanno deciso di scappare: «È in atto un’emigrazione che non si è ancora fermata. Molti cristiani se ne sono andati da Peshawar a causa dello stato della sicurezza che è allarmante, nonostante l’esercito abbia condotto delle operazioni nella nostra area. Troppe persone sono state uccise: alcuni hanno solo lasciato Peshawar, rifugiandosi in altre città, altri invece hanno deciso di abbandonare il Pakistan».

«PROMESSE NON MANTENUTE». Oltre al danno, i cristiani perseguitati hanno anche dovuto subire la beffa. In periodo elettorale, dopo l’attentato, tutti i partiti politici hanno fatto decine di proposte e promesse per difendere le minoranze. Ma nessuno ne ha ancora mantenuta una. Inoltre, alle famiglie che hanno perso i propri cari il governo provinciale e federale aveva promesso aiuti economici: «Non gli è ancora stata corrisposta nessuna compensazione. Ce l’avevano promessa perché molte persone, avendo perso la famiglia, non hanno più i mezzi per andare avanti. Hanno dato qualcosa, pochissimo, prima delle elezioni a scopo elettorale. Ora invece che le elezioni sono finite non mantengono le promesse. La gente si sente abbandonata».

@LeoneGrotti

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4 commenti

  1. Raider

    Il “potere”? Cioè, la colpa non è di chi ammazza e delle convinzioni e fede, l’Islam, di chi massacra cristiani e non? O lei fa come Obama, Cisco, che definisce “disastri compiuti dall’uomo” gli attentati e la mattanza in ogni dove – dall’Africa alle Filippine – l’Islam è all’attacco, come non ha mai smesso di fare dai tempi di Maometto, con la guerra o con altri mezzi che continuano la stessa guerra contro di noi, glielo ricordo? Omettere di riconoscere chi ci attacca, ci minaccia e individua in noi il nemico da sottomettere o distruggere, non è, a tutti gli effetti, rinunciare alla libertà di giudizio e di opinione (con il reato di islamofobia che incombe, sponsorizzato dall’O.N.U., in mano a tirannie di ogni colore) e quindi, non è rinunciare al diritto di difendersi: e anzi, evitare di indicare i responsabili di un’opera di annientamento sistematico non è già omertà, non è già complicità, che apre la strada a ogni violenza per timore della violenza che dire le cose come stanno provocherebbe da noi, vista la massa di islamici che ci siamo messi in casa?
    E che c’entra l'”amicizia” con tutto questo? Il “potere” – così, senza nome, senza nulla che lo definisca, in modo tale da capire di quale potere si parla -, secondo lei, fa lo stesso effetto a noi? Vede gente che decapita il prossimo in base alla religione, da noi? A Londra, due nigeriani bene inseriti in quell’isola felice, dove il melting pot multietnico va avanti con le statistiche demografiche tutte dalla parte degli immigrati, hanno staccato a colpi di machete la testa a un soldato di sua maestà. Se non siamo larve, con o senza potere e con o senza altre caratteristiche di uomini degni di questo nome, faremmo bene a indicare con fermezza chi è l’aggressore che ci minaccia a domicilio e a difenderci per mezzo della legge: per es., dicendo no all’immigrazione e no allo jus soli.

    1. yoyo

      Il potere lo intende nel senso evangelico di Mammona. In fin dei conti. Gli islamisti cercano ol potere assoluto e l’islam è in dottrina una forma di giustificazione e mantenimento del potere.

      1. raider

        In senso evangelico, siamo tutti soggetti alla signoria di Mammona. Così, facendosi schermo col Vangelo, si evita di dire con chiarezza che, come dire, nello specifico, si tratta di Islam, una religione che ha sempre perseguito l’obiettivo di espandersi e conquistare il mondo, con le buone, se possibile o con le cattive, se necessario. Con la prudenza e delicatezza richieste dalla viltà e dall’ipocrisia, si potrà comodamente dialogare con gli islamici, nel cui libro sacro è, secondo i casi, consigliata, raccomandata, imposta la dissimulazione neo confronti dei non islamici, che possono essere ingannati senza che ciò costituisca offesa a Allah; anzi, i musulmani trarranno merito e benedizioni dall’aver mentito a coloro che non professano l’Islam, “religione naturale” dell’umanità. (Penso a Buttafuoco che, nel fare outing di fede islamica, non dice di essersi convertito, ma di essere “tornato” all’Islam.) Mentre con chiunque si opponga a Islam e immigrazione si può polemizzare con grande sfoggio di “coraggio” civile e di intransigenza degna degli islamisti conseguenti e coerenti.
        Gli islamici moderati, per questioni di carattere, di sensibilità personale, di calcolo, preferiscono, all'”impazienza rivoluzionaria” delle maniere forti, degli attentati e della violenza per le strade delle nostre città, l’immigrazione massiccia e l’uso del corpo della donna per innescare la bomba demografica, come accade a Gaza e in Cisgiordania. Fingere che non sia così, non è solo una dimostrazione di cecità, una forma di autoinganno autolesionistico, ma la prova generale e anzi, il segno che si è già accettata, dentro di sé, la condizione di dhimmi, di “protetti”, cioè, di subalterni al “potere” (a proposito…) di vita e di morte che l’islamico ha sul non islamico: per cui, finché faremo i bravi e non daremo fastidio, non ci succederà niente, i musulmani non ci toccheranno. Poi, fra trenta, quarantanni, chi vivrà, vedrà.

  2. Cisco

    Più o meno il potere rende gli uomini simili alle larve a qualunque latitudine. Solo una vera amicizia può salvare.

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