
Numeri da tragedia greca

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Sono sei mesi che Miltos attende la pensione di invalidità. Ne ha diritto per via della malattia che lo ha colpito a 50 anni, ma in Grecia è tutto fermo. I tempi per ottenere le prestazioni sociali sono diventati interminabili. Il lavoro è sempre meno e pagarsi le cure mediche per molti è diventato un problema. Passeggiando per Atene si intuisce che, rispetto a solo una manciata di anni fa, la povertà è aumentata: in pieno centro si vedono sempre più senzatetto dormire in strada e, dove prima c’erano negozi, oggi si scorge qualche mensa per offrire pasti caldi ai più bisognosi. Sono immagini dure quelle della capitale greca che stridono con la realtà turistica all’ombra del Partenone. E che sono accompagnate da un profondo ritorno di spiritualità, capace di riempire di candele accese le strade di Atene in lunghissime processioni pasquali.
Sono ormai mesi che la capitale vive quasi in una bolla spazio temporale surreale in attesa di ricevere una nuova tranche del terzo piano di aiuti da 86 miliardi necessari a rimborsare 7,5 miliardi di debiti in scadenza a luglio. Dal punto di vista degli ateniesi le cose sono chiarissime: a pagare le conseguenze dello sfascio finanziario dello Stato sono solo i più deboli. Quelli che non hanno più in tasca i soldi per arrivare a fine mese: in Grecia rappresentano quasi un quarto della popolazione (il 23 per cento) che vive sotto la soglia di povertà di 370 euro lordi al mese. Con una sostanziale differenza rispetto al passato. Fino ad una manciata di anni fa i greci pensavano che i sacrifici avrebbero permesso al paese di poter uscire dal tunnel. Di ripartire. Ora questa speranza è morta, distrutta dalla dura realtà di sette anni di crisi che hanno lasciato i segni nella popolazione.
Certo, è stato concluso l’ennesimo accordo finanziario, salutato con favore da Fondo monetario internazionale, Commissione europea, Bce e fondo salva Stati Esm. Ma con la solita ricetta depressiva: tagli delle pensioni, aumento delle tasse e nuova ondata di privatizzazioni a prezzi scontati che favoriscono le mire espansionistiche di Cina e Germania. Fra il 2010 e il 2016 gli assegni dei pensionati si sono quasi dimezzati (-40 per cento) e hanno ormai un tetto massimo da 3.200 euro lordi. Scenderanno ancora. Inoltre, per accedere ai nuovi aiuti, la Grecia ha dovuto impegnarsi ad abbassare la soglia di esenzione fiscale passando da poco più di 8.600 euro a 5.700 euro l’anno contro i 15 mila dell’Italia. Solo così il paese potrà chiudere l’intesa che sarà formalizzata il 22 maggio per soddisfare i creditori. Ma non avrà alcuna garanzia per il futuro nonostante il fatto che dal 2010 il paese abbia accettato 70 miliardi di tasse in più assistendo ad una flessione della ricchezza prodotta del 25 per cento. Senza peraltro riuscire a tagliare il debito rimasto inchiodato a 315 miliardi pari al 179 per cento del prodotto interno lordo.
Ecco perché i greci che inizialmente avevano riposto grandi speranze in Alexis Tsipras, oggi parlano di alto tradimento. «Ho 53 anni e due figli – spiega Achillios –. Non si lavora più come prima. I turisti ci sono, ma gli ateniesi hanno tagliato il loro budget per i trasporti». Le cose non vanno meglio per moglie e figli: la consorte ha perso il lavoro, i ragazzi di 30 e 25 anni non lo cercano neanche più. «La gente non si sposa e non si fanno più figli come prima. Così non va. Soprattutto perché non si capisce verso che cosa stiamo andando». I greci non si aspettavano certo questo da Tsipras. Sono ancora vive le immagini di un movimento contro i signori del debito che era riuscito a mobilitare ampie fasce della popolazione europea. Italia e Spagna incluse. Nel 2015 la Grecia si era battuta per aprire un tavolo di confronto a Bruxelles sui problemi della popolazione e non solo su una crisi finanziaria che rischiava di restare uguale a se stessa senza un cambio di passo dell’Europa. L’Unione invece ha chiesto tagli e poi ancora tagli per soddisfare i creditori internazionali.
Per i greci il mondo è cambiato: gli stipendi sono stati assottigliati, le tasse e i contributi sono aumentati fino a mangiare il 70 per cento dei salari, la disoccupazione giovanile è arrivata al 48 per cento contro una media europea del 19,5 e italiana al 34,1. L’aliquota Iva ordinaria è salita al 24 per cento contro il 22 dell’Italia. Sui prodotti alimentari di prima necessità come pane e latte l’imposta si è attestata al 13 per cento contro il 4 del nostro paese. Le banche non concedono più prestiti alle imprese e ai privati. Nell’ultimo anno gli istituti di credito, che in passato avevano un ruolo importante anche in Turchia, hanno visto crollare le richieste di mutui (-93 per cento) con una media di appena 82 domande al giorno contro le 1.182 pre-crisi. Il mercato immobiliare, che anche in Italia è importantissimo, è letteralmente sprofondato: fra il 2008 e il 2016, secondo i dati della Bank of Greece le case hanno quasi dimezzato il loro valore (-41,3 per cento) con un picco negativo ad Atene (-43,5). Per l’istituto centrale i prezzi non riflettono il valore reale degli immobili. Ma la verità è che, a dispetto delle opportunità di shopping, gli investitori internazionali si tengono lontani. E il risultato è che ormai per i greci le case sono più un costo che non un patrimonio da mettere a reddito.
Donne velate con figli al seguito
La capitale si è svuotata: c’è meno gente, il traffico è calato. Persino in centro, Atene mostra le ferite della crisi con palazzi abbandonati, negozi dalle vetrine vuote e imbrattate, homeless che dormono dove capita e mense per i poveri a due passi dal Parlamento. Alle spalle di Monastiraki, quartiere simbolo del turismo ai piedi dell’Acropoli, si iniziano a vedere donne velate con tanti figli al seguito. Sono i nuovi abitanti di una città, che, a parte l’area turistica, è lo spettro di se stessa per effetto di un’immigrazione clandestina che secondo statistiche ufficiose si attesta a 1,3 milioni di profughi. Sono pochi i greci che credono nelle promesse della politica. Sono di più quelli che tornano nelle chiese a pregare per un futuro migliore. Anche perché oltre ai problemi finanziari, fanno capolino nuove minacce esterne. Il rapporto con la Russia di Vladimir Putin, che pure ha offerto una spalla alla Grecia, è altalenante e legato a doppio filo con l’instabile situazione degli ostili vicini turchi. Spaventa anche lo stato macedone in balìa di contrasti interni molto forti. Con il risultato che ad Atene la sensazione è quella di un futuro buio e incerto.
Foto Ansa
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