Male i mercati, manovra e rigore non bastano: serve la crescita – Rassegna stampa/1

Di Redazione
19 Luglio 2011
Ieri Piazza Affari ha chiuso con segno negativo, -3%, nonostante la manovra e gli stress test positivi di venerdì. ll rendimento dei nostri Btp è arrivato al 6%, a quota 7 per cento scattano le operazioni di salvataggio. I mercati diffidano dell'Italia perché la manovra rimanda al futuro la sua attuazione e perché fa poco o niente per stimolare la crescita

Ieri Piazza Affari ha chiuso la giornata con un -3%, la peggiore Borsa d’Europa, nonostante gli stress test di venerdì siano andati bene per le banche italiane e nonostante la manovra finanziaria approvata sempre venerdì in tempi record dal Parlamento. “Si può continuare a inveire contro la speculazione che attacca l’Italia e contesta la manovra. Si potrà pure indagare, come ha preannunciato ieri la procura di Roma oltre a quella di Trani, sugli annunci delle agenzie di rating. (…) Ma se si antepongono i fatti agli stati d’animo, o alle dietrologie, la situazione è chiara. Anche ieri gli investitori hanno disinvestito su titoli pubblici e bancari del Vecchio continente” (Foglio, p. 1).

Se la Borsa è andata così male è “tutta colpa dell’accresciuto rischio percepito sui titoli di Stato. Ieri lo spread tra i Btp e il Bund tedesco a dieci anni si è nuovamente impennato oltre i 330 punti base (…). Di conseguenza, il rendimento dei Btp è arrivato al 6 per cento e quello del decennale spagnolo al 6,35%, entrambi al massimo dalla creazione dell’Eurozona e non lontano da quota 7 per cento, considerata la soglia limite oltre la quale le autorità fanno scattare operazioni di salvataggio” (Foglio, p. 1).

La manovra, dunque, non è bastata per diversi motivi. “Il primo è che la manovra può perdere vigore quando si dovrà passare dalle promesse di carattere generale ad azioni specifiche. Questo è stato il problema della Grecia: la differenza tra risultati promessi e azioni effettive. (…) Il secondo è che mentre la dimensione macro-economica della manovra sembra ambiziosa, quella strutturale lo è molto meno. Non è facile vedere in che modo il decreto approvato dalle Camere renderà l’economia più efficiente, per farla crescere più rapidamente; e senza crescita, i problemi dei conti pubblici si ripresenteranno (…). La manovra include con un rimando a una legge delega la riforma del sistema fiscale, che dovrebbe essere la parte strutturale più importante. I due aspetti che hanno ricevuto più attenzione sono: la riduzione a tre del numero delle aliquote, per l’imposta sul reddito; e la riduzione dei benefici che i cittadini e le imprese ricevono da ognuna delle 483 agevolazioni fiscali. Il numero di aliquote è un fattore puramente estetico e di nessuna importanza pratica o strutturale. Che ci siano tre o dieci aliquote non è importante. Quello che è importante è il livello delle aliquote, specialmente la prima e l’ultima, e il livello di reddito su cui si applicano” (Foglio, p. 4).

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