Ma il nuovo codice etico dell’università Cattolica è cattolico?

Di Benedetta Frigerio
17 Giugno 2012
Il testo approvato dall'amministrazione dell'università milanese contiene affermazioni difficilmente conciliabili col magistero cattolico

E’ stato approvato dal consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica ed è entrato in vigore nel novembre del 2011. Ma solo ora il contenuto del Codice Etico dell’ateneo, di cui ogni istituzione universitaria si deve avvalere per legge sta facendo discutere. A darne notizia è il sito culturacattolica.it, di seguito alla denuncia del centro studi Jeanne D’Arc. Il Codice, infatti, è stato visionato solo ora dalle future matricole che d’ora in poi dovranno sottoscriverlo per avere accesso all’area web personale del sito dell’Università.

L’atto era dovuto, vista la richiesta del ministero dell’Istruzione che, tramite la riforma Gelmini del 2010, ha obbligato ogni ateneo ad avvalersi di un codice simile. Per garantire, si legge nel decreto, la trasparenza nelle assunzioni e nell’amministrazione e per evitare incompatibilità e conflitti di interesse legati a parentele. Peccato che il testo approvato dall’amministrazione universitaria si spinge molto più in là di quanto richiesto dalla legge. Si evince infatti dal sito della Cattolica il codice viene addirittura «collocato nel solco dei valori che intessono lo Statuto dell’Università». E che «raccoglie le regole di condotta che sempre più dovranno costituire un punto di riferimento per indirizzare i comportamenti di ciascuno». Proseguendo nella lettura del documento ci si aspetta dunque di trovare regole di condotta ispirate appunto allo statuto, che ha come finalità la formazione della persona sulla scia dell’insegnamento e del Magistero della Chiesa cattolica.
Ma proseguendo si scopre tutt’altro. Solo nel preambolo si fa riferimento al cristianesimo, ma poi si dichiara esplicitamente che il codice è formulato in modo da rispettare il Trattato di Lisbona del 2007. Un trattato più volte criticato dalla Chiesa per i contrasti con le radici cristiane dell’Europa e con i principi non negoziabili a cui invece Benedetto XVI richiama costantemente il Continente. E che monsignor Dominique Rey definì come «una rottura intellettuale e morale con le altre grandi formulazioni giuridiche internazionali, presentando una visione relativistica ed evolutiva dei diritti dell’uomo che mette in causa i principi del diritto naturale».

Ancora più incomprensibile è però il contenuto dell’articolo primo del codice, in cui si legge tutto il contrario di quanto il Magistero dice. Anzi, si ritrovano termini in palese conflitto con esso. Tutti gli studenti, recita l’art. 1, hanno diritto «a non essere ingiustamente discriminati , direttamente o indirettamente, in ragione di uno o più fattori inerenti alla religione», ma anche «al genere, all’orientamento sessuale (…) alle scelte famigliari». L’articolo così formulato è identico a quelli approvati nelle legislazioni di diversi Stati europei per giustificare ogni diritto reclamato dagli omosessuali, spesso discriminando coloro che, in primis la Chiesa, non credono che esita un “genere” bensì un’identità sessuale ben definita.

E per negare diritti a chi invece pensa che l’omosessualità non sia un valore a cui educare. Che potrebbe succedere ora se, per esempio, durante una lezione di teologia, si parlasse dell’omosessualità come ne parla il catechismo della Chiesa cattolica, che definisce gli atti omosessuali «intrinsecamente disordinati»? Un alunno potrebbe denunciare il professore all’organismo di vigilanza dall’università istituito per sorvegliare sul rispetto del codice?

Proseguendo nella lettura ci si imbatte poi nel secondo paragrafo titolato: “Abusi sessuali o morali”, in cui si parla di «richieste di favori sessuali, e/o proposte indesiderate di prestazioni a contenuto sessuale, e/o atteggiamenti o espressioni verbali degradanti». Come se ci fosse l’urgenza di vigilare su un problema noto.

Infine, non si capisce come mai non sia stato presa a modello la Costituzione Apostolica, emanata nel 1990 dal beato Giovanni Paolo II proprio per disciplinare la materia. La Costituzione, basata sul codice di diritto canonico recita così: «2. Una Università cattolica in quanto cattolica, ispira e svolge la sua ricerca, l’insegnamento e tutte le altre attività secondo gli ideali, i principi e gli atteggiamenti cattolici. Essa è collegata alla Chiesa o per il tramite di un formale legame costitutivo e statutario, o in forza di un impegno istituzionale assunto dai suoi responsabili; 3. Ogni Università cattolica deve manifestare la propria identità cattolica o con una dichiarazione della sua missione, o con altro appropriato documento pubblico, a meno che non sia autorizzata altrimenti dalla competente autorità ecclesiastica. Essa deve provvedersi particolarmente mediante la sua struttura e i suoi regolamenti, dei mezzi per garantire l’espressione e il mantenimento di tale identità in modo conforme al 2 (…) 4. L’insegnamento cattolico e la disciplina cattolica devono influire su tutte le attività dell’Università, mentre deve essere pienamente rispettata la libertà della coscienza di ciascuna persona. Ogni atto ufficiale dell’Università deve essere in accordo con la sua identità cattolica». Come si può ritenere ufficiale un codice etico che si pone al di sopra “di tutti i regolamenti interni all’università”, ma che confligge con la sua Costituzione Apostolica?

Articoli correlati

11 commenti

  1. Angelo Merini

    dovreste leggere qui: http://centropastorale.unicatt.it/centropastorale_5431.html
    Non puoi violare il rispetto dei principi cattolici, né tantomeno ignorarli.
    lo statuto della Cattolica richiede di mantenere e rafforzare l’unità e l’identità cattolica dell’Università: la stessa cosa è richiamata integralmente nel codice etico.

  2. Alya

    Uao, appena ho letto sono subito andata a prendere visione del Codice Etico che era da mesi che ogni volta che mi connetto mi chiedevano di confermare la lettura. È bello che anche la Cattolica lotti contro la discriminazione delle persone omosessuali. In fin dei conti ci sono molti cattolici omosessuali che studiano lì. In ogni caso, i corsi di teologia hanno sempre professori diversi e spesso capita che le loro idee non coincidano.

  3. Lilly

    Esiste già l’art.3 della Costituzione e le disposizioni normative in materia (anche di carattere penale) per tutelare i cittadini da ogni forma di ingiusta discriminazione. Gli studenti omosesuali dell’Università Cattolica sono quindi ampiamente protetti, essendo come tutti gli altri studendi uguali difronte alla legge secondo il citato art.3.
    La questione è di principio.
    Il Magistero della Chiesa, e quindi i fedeli cattolici, non riconoscono il criterio dell'”orientamento sessuale” (peraltro generico e vago, visto che anche la pedofilia, la necrofilia, la zoofilia, ecc.costituiscono forme di orientamento sessuale), come criterio discriminatorio.
    La tendenza sessuale non può costituire una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc., rispetto alla non-discriminazione, perché diversamente da queste, essa appartiene oggettivamente alla sfera etico-morale. E vi sono ambiti nei quali non può considerarsi ingiusta discriminazione il fatto di tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido.
    Il Magistero della Chiesa Cattolica sul punto è chiarissimo, come attesta un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, che merita di essere testualmente riportato in alcuni suoi passi:

    12. Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone, incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale. Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l’esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune.

    13. Includere la “tendenza omosessuale” fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta “affirmative action” o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità, che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità. L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a una asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali.

    14. La “tendenza sessuale” di una persona non è paragonabile alla razza, al sesso, all’età, ecc. anche per un’altra ragione che merita attenzione, oltre quella sopramenzionata. La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc. normalmente non si pone.
    Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere “indifferente o addirittura buono”, e quindi degno di approvazione pubblica. È all’interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile, coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali (…) è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione. Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge.
    Parole chiarissime. Non solo per i cattolici

    1. dvd

      Scusa Lilly, ma tu scrivi che “la tendenza sessuale non può costituire una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc., rispetto alla non-discriminazione, perché diversamente da queste, essa appartiene oggettivamente alla sfera etico-morale.”

      Ecco, il punto su cui tu (e la Chiesa) sbagli è proprio questo. Cioè il pensare che l’omosessualità si il frutto di una scelta. Non è così. Omosessuali si nasce. E dunque discriminare una persona in base al proprio orientamento sessuale, è discriminante come farlo sulla base dell’origine etnica.

      Che poi, ma questa è una polemica mia, vorrei che un giorno qualcuno mi faccia leggere il passo dei Vangeli in cui si parla di orientamento sessuale

      1. Kan63

        Per Dvd… Già e tanto che ci siamo perchè non il passo in cui si parla della guida in stato di ebrezza.

      2. gmtubini

        Gesù spiega piuttosto chiaramente la questione che tu chiami “orientamento sessuale” (come se uno si dovesse orientare con la bussola, invece di guardare cos’ha tra le gambe) in Matteo (19, 4-6): buona lettura.

        1. pse1971

          Il punto in tutta franchezza (senza voler essere blasfemo) non è quello che dice Gesù. Se l’Università Cattolica desidera essere riconosciuta dallo stato italiano, vuole ottenere i fondi del Finanziamento Ordinario, vuole che il sui titoli abbiano un valore legale in Italia e in Europa deve accettare i principi contenuti nel trattato di Lisbona, impegnarsi a non discriminare i suoi studenti e i suoi ricercatori (il che significa ad esempio non impedire a un ricercatore a medicina o in scienze sociali di avere delle posizioni personali e di impostazione di ricerca in disaccordo con il magistero della Chiesa).
          Se invece si ritiene che tutto questo è inaccettabile (posizione se si vuole comprensibile anche se non condivisibile, almeno dal mio personale punto di vista) basta fare formale rinuncia a riconoscimenti e soldi da parte di uno stato membro dell’Unione Europea. Poi il titolo di studio potrà essere speso nella città del Vaticano ma la saggezza popolare insegna che non è possibile avere botte piena e moglie ubriaca.

          1. gmtubini

            Capisco che Gesù sia un po’ “off topic” ultimamente, ma io mi limitavo a rispondere a chi chiedeva di leggere “il passo dei Vangeli in cui si parla di orientamento sessuale”.

          2. pse1971

            si io volevo tornare al nocciolo della questione sollevata dalla giornalista. Poi non saprei se Gesù è off topic o meno. senza dubbio è fastidioso vederlo strattonato a destra o manca (più destra per la verità) per giustificare le proprie personali manie. Ma questo è un altro cinema

        2. Alya

          Credi ancora al creazionismo?

      3. Robert Benson

        Mi dispiace ma sei male informato. Omosessuali non si nasce, si diventa. Vedere Van den Aardeweg oppure Nicolosi

I commenti sono chiusi.