Caro direttore, nelle scorse settimane di chiacchiere sociologiche sul degrado delle periferie francesi ne abbiamo sentite fin troppe. Colgo l’occasione per presentare la terza e ultima puntata della mia personale polemica contro la sociologia intesa come pensiero unico dominante. Nella prima parte riassumo (con sarcasmo) le interpretazioni sociologiche del terrorismo, nella seconda parte le confuto sul piano dei fatti. Alla rivolta delle banlieue accenno solo di sfuggita, visto che i casseurs non urlavano «Allah u akbar». Tuttavia i casseurs sono tutto fuorché dei poveri oppressi dal capitale. Più che pane e lavoro, essi chiedono motociclette di lusso e scarpe di marca. Molti di loro il lavoro non ce l’hanno semplicemente perché non lo cercano, preferiscono tenersi il sussidio di disoccupazione e guadagnare dei sostanziosi extra col furto e lo spaccio (questo hanno confessato alcuni ragazzi della banlieue all’architetto Fuksas). I contribuenti francesi pagano il sussidio di disoccupazione a quelli che gli bruciano le macchine. I francesi sono dei dhimmi che pagano la “tassa di protezione”. Tuttavia mi sono permessa un accenno sarcastico ai franco-maghrebini che pestano a sangue gli ebrei per “disperazione sociale”, come hanno scritto su Repubblica. Come è scritto nell’editoriale di Tempi del 10 novembre, lo stato di tipo giacobino disgrega i gruppi sociali intermedi al fine di regnare su degli individui atomizzati che mirano soltanto all’accrescimento del proprio benessere (già Tocqueville temeva qualche cosa di simile). In effetti è vero che i casseurs hanno gli stessi desideri degli altri cittadini atomizzati dello Stato giacobino, ma non per questo si sentono meno musulmani.
Nelle banlieu e le moschee e i centri culturali islamici si moltiplicano come funghi. In paesi di tradizione multiculturale come l’Olanda e la Gran Bretagna le cose vanno anche peggio. Perché i giornali e le televisioni hanno oscurato la notizia delle rivolte scoppiate in Danimarca negli stessi giorni in cui bruciavano le periferie francesi?
Come è scritto nell’editoriale di Tempi del 17 novembre, per impedire l’imbarbarimento della società bisogna investire sull’educazione dei giovani. Però facciamo fuori ogni equivoco rousseauista. Come non è vero che è la società a rendere cattivo l’uomo, così non è vero che è la mancanza di educazione a renderlo cattivo. L’uomo è cattivo sia perché nasce cattivo (peccato originale) sia perché sceglie di esserlo (libero arbitrio). L’educazione al bene non impedisce ad un uomo di scegliere il male. Fidel Castro ha ricevuto la migliore educazione dai gesuiti ma è diventato lo stesso Fidel Castro. Purtroppo Finkielkraut è il solo a dire questa semplice verità: «non si può integrare l’odio». Aggiungo io: non siamo noi che dobbiamo “integrare” gli stranieri ma sono gli stranieri che devono integrarsi nella nostra società, e per integrarsi devono volerlo. Chi non vuole integrarsi non può integrarsi: anche in questo caso il libero arbitrio è il fattore decisivo.
Ciò detto, l’educazione ha un peso enorme. Una cattiva educazione incoraggia l’esercizio del peccato mentre una buona educazione incoraggia l’esercizio della virtù (quanto suonano demodé parole come virtù, vizio, bontà, cattiveria, malvagità, peccato!). Poiché ha il peccato originale, è più facile indurre un uomo a fare il male che non il bene. La tesi che sostengo in questo articolo è che la causa efficiente del terrorismo è la “educazione al terrorismo” impartita dai predicatori estremisti. A parte Magdi Allam, nessun politico o intellettuale pensa che sarebbe opportuno impedire la proliferazione delle scuole dell’odio in tutta Europa. Cosa c’è dietro tanta indifferenza verso la mala educaciòn al terrorismo? In primo luogo c’è il materialismo marxista: l’educazione e in genere tutte le forme di espressione del pensiero sono solo “sovrastruttura” delle condizioni socio-economiche e quindi non influiscono sui comportamenti umani. In secondo luogo c’è il liberalismo dogmatico: il predicatore estremista può dire quello che vuole perché la libertà d’espressione è un valore assoluto. Secondo i radicali Toni Negri aveva tutto il “diritto” di fare l’apologia del terrorismo rosso. In fondo tutti la pensano più o meno come i radicali. Voltaire diceva: «Non approvo le tue idee ma darei la vita perché tu possa esprimerle». In realtà una cosa sono delle idee che noi personalmente non approviamo, altra cosa sono delle idee oggettivamente malvagie che ispirano degli atti malvagi. Lo so: in era di relativismo morale nessuno pensa che esistano delle idee oggettivamente malvagie. Ma noi che non siamo relativisti sappiamo che il male esiste (che parola demodé!), che le idee cattive esistono e che dovrebbe essere vietato propagandarle. Non si può più consentire a nessuno di dire impunemente che gli ebrei andrebbero bruciati nei forni. No, questa non è un’opinione come un’altra, è istigazione alla violenza. Nessuno ha ancora capito che istigare gli uomini alla violenza significa produrre la violenza nella realtà. Le idee malvagie si trasformano in atti malvagi. Le idee malvagie di Hitler si sono trasformate in campi di sterminio. La causa efficiente dei crimini nazisti sono state le idee di Hitler, le idee di Hitler sono state inculcate al popolo tedesco per mezzo di una propaganda capillare e martellante. Invece sui nostri libri scolastici si legge ancora che la casa efficiente del nazismo è stata la grave crisi monetaria provocata dai debiti di guerra e dal crollo finanziario del ’29.
Purtroppo per liberarci degli schemi marxisti, che riferiscono ogni fenomeno spirituale al dato economico, ci metteremo ancora decenni, tanto profondamente sono penetrati nell’inconscio collettivo. Per fare rinascere la consapevolezza del bene e del male ci metteremo ancora di più. Oggi degli assassini non si dice che sono “cattivi” ma che sono “folli”. Se usi le parole “bene” e “male” ti dicono che sei un “manicheo”. Insomma il tema dell’articolo è complesso, forse troppo complesso per un articolo.
P. S. Ma a Davide Rondoni nessuno gli tira mai le orecchie? Su Tempi del 17 novembre Rondoni accusa Cofferati di dare troppa importanza alla legalità e di dimenticare che «la società più umana si edifica investendo sui desideri e sull’educazione e non sulle manette». Cofferati è sicuramente uno sfessato, ma la legalità non è una fesseria. Cofferati ha fatto benissimo a mandare le ruspe a demolire le baracche dei rom e dei romeni. Primo perché in un paese civile non si può consentire la proliferazione delle bidonville; secondo perché i baraccati non sono poi tanto poveri, visto che da anni si fanno mantenere dalla Caritas e i loro bambini, invece che a scuola, li mandano a rubare. La vera povertà non è abitare in una baracca ma subire delle prepotenze. I veri poveri sono i bolognesi, costretti a subire furti, scippi e aggressioni dai poveri-stranieri-emarginati che bighellonano per il centro cittadino fra un pasto gratuito alla Caritas e l’altro. Povere sono le ragazzine violentate sotto gli occhi dei fidanzati da poveri-stranieri-emarginati . Poveri sono gli abitanti del Colle Oppio a Roma, costretti a subire mille angherie dai poveri-stranieri-emarginati protetti dalla Caritas di via delle Sette Sale, dai pakistani e dai cinesi che, con le intimidazioni mafiose, si stanno accaparrando tutti i negozi e gli appartamenti della zona. Poveri sono i vecchi imprenditori lombardi, che vengono picchiati a sangue e derubati dei risparmi di una vita da bande di delinquenti col kalashnikov. Per Repubblica quelli che entrano nelle villette e nelle sacrestie del bresciano a fare Arancia Meccanica non sono delinquenti ma «disperati» (Repubblica, 21/11/05). I veri poveri sono gli abitanti della periferia di Milano, costretti ad essere derubati dai nomadi senza fiatare, visto che i nomadi sembrano godere di una sorta di immunità zingaresca permanente (altroché immunità parlamentare!). Mentre i proventi dei furti e delle elemosine i rom li mettono da parte per costruirsi delle ville hollywoodiane lungo la tangenziale milanese, il Comune costruisce per loro, con i soldi dei cittadini derubati, dei campi di permanenza dotati di tutti i comfort.
Insomma i veri poveri sono i cittadini normali, derubati sia dai poveri-stranieri-emarginati che dallo Stato-Leviatano. Coi soldi dei cittadini onesti il Leviatano ci mantiene delle mandrie bovine di burocrati e impiegati nullafacenti, di magistrati che rilasciano i terroristi nello stesso istante in cui vengono arrestati, di poliziotti che non hanno nessuna voglia di fare lo sforzo di proteggerci dalla violenza spicciola dei “nuovi italiani”. I “nuovi italiani” stanno aprendo una miriade di nuove imprese e stanno occupando tutto il circuito della piccola distribuzione perché, a differenza di noi sudditi del Leviatano, godono di mille agevolazioni fiscali per l’apertura degli esercizi commerciali e delle imprese economiche. Noi le imprese e gli esercizi non le apriamo non solo perché siamo strozzati dal fisco e dalla burocrazia, ma perché abbiamo perso ogni capacità di iniziativa, di rischio e di sacrificio.
Siamo degli eterni bambini della Val Susa il cui unico desiderio è quello di giocare, divertirsi, essere lasciati in pace. A trasformarci in eterni bambini è stato il Leviatano, che ci assiste dalla culla alla tomba con i soldi che ci toglie (il paradosso dello Stato assistenziale è proprio questo: toglie il sangue ai cittadini poi usa quello stesso sangue per curare la loro anemia). Con i soldi che avanzano dal pagamento delle tasse, noi bambini non costruiamo opere ma ci andiamo in discoteca e in vacanza, rigorosamente senza figli perché i figli rompono. Quando poi ci è passata la voglia di andare in discoteca e in vacanza perché cominciamo ad essere vecchi, allora per riempire i vuoti della vita chiediamo dei figli alla provetta. Con o senza provetta di figli ne facciamo pochissimi non solo perché non siamo più capaci di sacrifici, ma perché fare figli oggi costa dei sacrifici molto più che eroici alle donne, costrette a conciliare fra lavoro e casa senza nessun aiuto da parte degli uomini. Non è che, se il Leviatano la piantasse di rapinarci il quaranta per cento dello stipendio, per mandare avanti una famiglia non ci sarebbe bisogno di due stipendi e così le donne avrebbero più tempo per i figli? Comunque sia facciamo sempre meno figli ma pretendiamo lo stesso delle pensioni sempre più laute. Ed ecco l’idea geniale: la pensione facciamocela pagare dai figli degli immigrati! Faccio un pronostico: entro qualche decennio noi saremo una massa di vecchietti sottoposti a mille violenze dai figli degli stranieri protetti dal Leviatano e dalla Caritas. Non è escluso che i vecchietti occidentali verranno tutti lasciati morire di fame da giovani stranieri che non avranno nessuna intenzione di pagare loro la pensione. La storia si ripete: i romani chiesero ai barbari di coprire i costi dell’impero in dissoluzione (in primis arruolandoli nell’esercito) e sappiamo come andò a finire.
Per tornare all’alternativa fra le manette e l’educazione, io scelgo le manette. Più precisamente, le manette sono la prima forma di educazione. San Paolo chiamava la legge ‘il grande pedagogo’. Non c’è educazione senza punizione. Per educare alla legalità una massa di barbari violenti non c’è che un metodo: punirli per i loro peccati. Che espressione demodé! Ma Cristo, che non era alla moda neppure ai suoi tempi, ha detto proprio questo: se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavatelo, è meglio per te.
Quando i barbari hanno finito di espiare i loro peccati, allora e solo allora gli mando Rondoni e Vittadini ad educare il loro io al senso religioso. L’educazione senza la punizione è indistinguibile dalla diseducazione. Se le mie malefatte non le pago, mi sento autorizzato a farne delle altre. Non è vero quello che diceva Socrate, e cioè che basta fare conoscere ad un uomo il bene per convincerlo a fare il bene. Socrate non sapeva nulla del peccato originale, Rondoni invece dovrebbe saperne qualche cosa. A sua volta la “solidarietà” senza l’educazione e la punizione è peggio della diseducazione: è istigazione al vizio (che parola demodé!). Se infatti la Caritas mi dà il cibo e i vestiti gratis vita natural durante, se arrotondo con le elemosine e i furti, chi me lo fa fare di stancarmi facendo un lavoro serio? Occorre che qualcuno mi educhi ad amare il lavoro, qualunque lavoro, e che mi punisca se non ho voglia di lavorare. Invece i preti rossi della Caritas sotto sotto sono convinti che i loro “poveri” non commettono peccato se derubano i cittadini già derubati dallo Stato. Infatti agli occhi dei preti rossi i cittadini che pagano le tasse sono dei ricchi-egoisti che rubano ai poveri, i quali dunque hanno il diritto di riprendersi ciò che è loro. In fondo la teologia dei preti rossi della Caritas e dei monaci rossi di Assisi (era ora che il Papa li richiamasse all’ordine!) è questa: i poveri non hanno peccato né attuale né originale. Ed eccoci alla più satanica delle idolatrie: idolatria dei poveri e della povertà. Ed eccoci alla dittatura dei “poveri”, che nella nostra società sono autorizzati a compiere ogni sorta di violenze senza pagare il conto. La dittatura dei poveri o, come la chiamo io, la ‘pauperocrazia’ è soprattutto una dittatura mentale, una mentalità che ci è stato inculcata con metodi orwelliani. Impregnati come siamo di questa mentalità, chiunque rivendichi il diritto di non subire violenze da parte degli stranieri (che per inciso costituiscono l’ottanta per cento della popolazione carceraria) ci appare come un piccolo borghese egoista e retrogrado, incapace di adeguarsi ai cambiamenti della società. Probabilmente anche il direttore di Tempi ha pensato questo della sua collaboratrice mentre leggeva questa sua lettera. Se non l’ha pensato gliene rendo merito. Ma lo ripeto lo stesso: la legalità è una cosa seria. Senza legalità non c’è libertà. «Randy Barnett, nel suo lavoro del 1998 La struttura della libertà per definire la Libertà utilizza un’immagine: due grattacieli. Le Sears Towers di Chicago. La Libertà consente a migliaia di persone di ritrovarsi in quel luogo, ma secondo le regole architettoniche che lo governano: corridoi, intercapedini, scale, ascensori, cartelli, luci. Perché ognuno possa godere della propria libertà senza intralciare quella altrui» (C. Bonini, “Diritti & sicurezza”, Repubblica, 13/12/04). La civiltà occidentale ha prodotto cattedrali e grattacieli. Ebbene senza la legalità non abbiamo i grattacieli ma le bidonville lungo il fiume Reno.
Giovanna Jacob
Merci Mrs. Jacob. Adesso tiriamo il fiato. Settimana prossima altre due pagine di legnate.
(LA)