Le scuole paritarie chiedono di non essere soggette all’Imu. «A rischio la nostra sopravvivenza»

Di Laura Borselli
26 Ottobre 2012
Intervista a Marco Masi, presidente della Cdo opere educative. «L’attività scolastica di una scuola paritaria senza scopo di lucro deve essere considerata come non commerciale anche ai fini fiscali»

Dal marzo scorso Marco Masi, avvocato bolognese con un’esperienza decennale nel mondo della giurisprudenza scolastica, è presidente della Cdo opere educative, branca della Compagnia delle opere che associa circa 520 scuole non statali di ogni ordine e grado in tutta Italia. A lui abbiamo chiesto di fare il punto sulla situazione della parità scolastica, nei giorni in cui il disegno di legge Stabilità autorizza la spesa di 223 milioni di euro per il rifinanziamento delle scuole non statali. Una cifra che – a meno di stravolgimenti in sede di dibattito parlamentare – andrà ad aggiungersi a quanto stanziato dalla Finanziaria precedente, che per il 2013 aveva decurtato del 50 per cento le risorse destinate alle scuole paritarie. Un risultato che Masi accoglie con soddisfazione, non senza sottolineare che al fondo storico di 530 milioni di euro, è stato effettuato un taglio superiore all’8 per cento. Le scuole paritarie potranno disporre dunque di 499 milioni di euro (meno dell’1 per cento di quanto stanziato per la scuola statale, a fronte del 12 per cento di alunni). Ma c’è un’altra “minaccia” sulla loro strada. E si chiama Imu.

Il governo intende confermare l’Imu agli enti no profit. Come questo può riguardare le scuole paritarie?
Il governo ha confermato l’esenzione degli edifici religiosi, ma l’ha confermata per gli enti (anche no profit) che svolgono attività commerciale. Ora si aspettano precisazioni su cosa si intenda per “attività con modalità non commerciali”, ci potrebbero andare di mezzo le scuole paritarie che per l’ordinamento italiano sono costrette a chiedere una retta, dato che come ben sa chi per i figli sceglie scuole non statali, l’onere economico è in gran parte a carico delle famiglie. A differenza degli altri settori di welfare, infatti, non ci sono contributi pubblici o laddove ci sono coprono una piccola parte dell’onere del servizio.

Dunque le scuole vengono catalogate come enti commerciali?
Esatto. Noi proponiamo di cogliere l’occasione di questo dibattito sull’Imu per chiarire una volta per tutte che l’attività scolastica di una scuola paritaria senza scopo di lucro deve essere considerata come non commerciale anche ai fini fiscali. Andrebbe chiarito che fare scuola, da parte di un ente no profit, ancorché dietro il pagamento di una retta, non è attività commerciale, ma servizio pubblico. Un servizio riconosciuto come tale dalla legge 62, che inserisce le paritarie nel sistema nazionale di istruzione.

In cosa non è chiara la legge 62 sulla parità scolastica, che (lo ricordiamo) porta la firma di un ministro di sinistra come Luigi Berlinguer?
Da un lato, proprio con la legge 62 del 2000, l’Italia riconosce un sistema di welfare in cui la scuola paritaria è uno dei protagonisti e dall’altra dice che ai fini fiscali quell’attività, anche se svolta da un ente no profit, è di tipo commerciale. Però la stessa attività, se fatta da una scuola statale, non è commerciale. Negli altri paesi europei non esiste questa diversità di regime, esiste soltanto la natura dell’attività (servizio pubblico) a prescindere dal soggetto che lo eroga.

Vi riguarda anche l’innalzamento dell’Iva alle cooperative sociali dal 6 al 10 per cento?
Questo riguarda quelle scuole paritarie che sono gestite da cooperative sociali e anche noi, come tutto il mondo del sociale, auspichiamo che questo aspetto venga rivisto. Un salto dal 4 al 10 per cento è enorme e si riverserebbe sui costi sostenuti dalle famiglie.

C’è il rischio che le rette aumentino?
Il rischio è reale, dato che le rette dei genitori sono la principale fonte di finanziamento delle paritarie.

Lo Stato però sblocca periodicamente dei fondi per le paritarie. Da quando succede?
Il finanziamento ha un’origine antica. Fin dal Testo unico sull’istruzione elementare del 1928 esisteva una forma di sostegno pubblico alle elementari non statali. La legge 62 del 2000 non stabiliva un finanziamento diretto alle scuole paritarie ma contestualmente furono incrementati i fondi ai capitoli di bilancio dello Stato che prevedevano quei fondi. Un piccolo incremento ai fondi c’è stato nel 2002 e da allora c’è una riduzione costante anno dopo anno. I contributi vanno in gran parte alla scuola dell’infanzia e primaria, qualcosa per i docenti di sostegno e quasi niente alla scuola secondaria. Da un lato il sostegno alle paritarie è radicato nella storia della scuola italiana, dall’altra però quel sostegno è oggetto ogni anno di tagli, incertezze e ritardo nell’erogazione.

E cosa accade quest’anno?
La legge di stabilità prevede un parziale reintegro del taglio ma rimane comunque all’8 per cento in meno circa rispetto al dato storico di dieci anni fa.

Però si continua spesso a parlare di fondi “sottratti” alle statali per darli alle paritarie…
Grazie a Dio in questi anni c’è stato l’affermarsi di dati più che di schemi ideologici. Oggi la scuola paritaria accoglie il 12 per cento dell’utenza e questo permette allo Stato un risparmio di 6 miliardi di euro all’anno. Senza contare l’onere in carico agli enti locali che ci sarebbe ad accogliere il milione di studenti che oggi frequentano il servizio e le strutture delle scuole paritarie. A fronte di questo servizio il contributo di 500 milioni di euro circa che lo Stato dà ogni anno alle scuole è irrisorio. La presenza di queste realtà oggi è una enorme risorsa per lo Stato. Dal loro venir meno lo Stato subirebbe un grande danno sia sotto il profilo economico che sociale.

La crisi sta determinando uno spostamento degli studenti dalle scuole paritarie alle statali? Ci sono dei dati a questo proposito?
I dati dicono che dopo anni di progressivo aumento, da circa due anni c’è un lieve calo complessivo dei ragazzi che frequentano le paritarie. Poi c’è un dato che le nostre scuole sperimentano quotidianamente: soprattutto nelle superiori, dove le rette sono ovviamente più alte, le famiglie sono in difficoltà. Ricordiamo inoltre che in Italia chi manda i figli alle paritarie non ha alcuna possibilità di detrarre le spese per l’istruzione che sceglie per i propri figli.

In più questo ddl Stabilità prevede una stretta sulle detrazioni per le famiglie…
Purtroppo sì. Noi apprezziamo molto il gesto del governo che sembra aver sbloccato i fondi per le paritarie. E ora auspichiamo che questo sia fatto completamente non solo per il 2013 ma per il triennio a venire.

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