La vita è un’avventura. Cioè un incidente considerato nel modo giusto

Di Caterina Giojelli
10 Novembre 2017
Fin dalle prime righe di "Per un’altra strada" di Caterina Maggi accade l'inaspettato. Finalmente una storia per bambini che non scorre nel mainstream adulto

«Questa storia inizia a Ravenna, nella calda estate dell’anno 1240. Qui le strade odorano di mare e si vedono i pescatori stanchi tornare la mattina dopo le lunghe notti passate sulle barche, sotto una luna che illumina tutta la costa. Le contadine spargono fiori di croco sulle rive del mare, così la loro bellezza, simile a un sole giallo spaccato in cielo, li incoraggia a partire quando la stanchezza prende il sopravvento. Mi chiamo Leone e ho diciassette anni». Ecco finalmente un inizio, uno di quegli inizi disposti con cura e affetto per bambini presi per mano come bambini: non più vanvere e fiammette emozionali accese dal mainstream adulto, ma parole curate in colore, sapore e spessore che accendono un’avventura – giacché nei bambini l’avventura non è mai un semplice proposito, ma una condizione e insieme un’occasione all’altezza del bisogno ardente e spalancato di affacciarsi fuori dalla finestra di casa, fuori, sulla vita.

maggiEccoci dunque tra bianchi destrieri e cotte di maglia, sovrastati dalla concitazione di spade sguainate, l’andirivieni dei servi su e giù per le scale dei grandi palazzi, donne urlanti coi bambini in braccio mentre gli uomini di Federico II invadono Ravenna: un istante decisivo per un io piccolino, «forte quanto un filo d’erba durante la tempesta», tutto convinto che il suo destino sia diventare un cavaliere come il suo grande papà, «sicuro e forte come i tronchi degli alberi enormi che fanno ombra ai bambini quando giocano nelle ore più calde della giornata». Ma fin dalle prime righe di Per un’altra strada, scritto da Caterina Maggi ed edito da La Vela (77 pagine, 10 euro) nella collana per bambini La Zucca Volante, accade l’inaspettato. E con l’inaspettato, un nuovo inizio, una nuova storia che aspetta Leone che smarrisce i genitori in battaglia e parte per cercarli alla volta di una terra sconosciuta, oltre l’orizzonte spiato dalla finestra del palazzo da bambino, una terra popolata da nuovi incontri, e nuovi inizi.

Scriveva Chesterton che «un’avventura è solo un incidente considerato nel modo giusto; un incidente è solo un’avventura considerata nel modo sbagliato»: Leone se ne accorge subito inciampando nei suoi nuovi compagni di viaggio, un ex carcerato che fa il fabbro, un ex ladro che ora coltiva la terra, un monaco, un ragazzino che come lui ne ha passate di tutti i colori. Imparando a saldare il metallo, a trebbiare il grano, a cogliere l’uva, a stare in silenzio per ascoltare. Imparando da chi gli insegna, cioè mostra il segno, il significato che vive in ogni cosa tra la paura e lo stupore: non mancano, sulle strade rese dure dal sole o ingoiate dalle notti più scure, i briganti, le fughe a rotta di collo, volti incontrati lungo sentieri sconosciuti a suggerire che in ogni circostanza, nota e ignota, la posta in gioco è scoprire che il vero volto del mondo «è un destino a misura della nostra felicità. Di fronte allo spettacolo della cattedrale di Ferrara – scrive la chestertonianissima Annalisa Teggi firmando la prefazione di Per un’altra strada –, Leone vede il senso delle sue vicissitudini scolpito su pietra: ogni uomo è una piccola storia di cui il mondo ha bisogno, ma è una storia che canta in coro con una grande storia. Nessuno è un sasso abbandonato dentro la corrente impetuosa di un fiume malvagio».

Servono occhi e cuore per lasciarsi sorprendere da un’avventura, scoprire chi si è attraverso gli amici accanto. Non è una specializzazione da adulti supponenti e condizionati dal vivere nel mondo. Ma da ragazzini capaci di riconoscere che ciò che perdi è tuo perché qualcuno te lo ha donato, e che ciò che trovi è molto più di quanto credi di aver perduto: «Ricordate ciò che mi chiedeste poco prima della battaglia? – scriverà Leone in una lettera al padre che non smette di cercare – “Devi scoprire con passione lo scopo a cui sei chiamato, lo dovrai scoprire con tutta la forza che possiedi” (…). Adesso ho capito cosa intendevate quella mattina». E la risposta che darà il ragazzino è per tutti i piccoli e i grandi che oggi come allora, in una piccola città, bianca e immensa nella sua piazza, distesa e scura nella campagna del tredicesimo secolo, sanno che il viaggio è appena iniziato.

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