
«Se continuate ad adorare il vostro Dio qui, vi uccideremo tutti»

«Se continuate ad adorare il vostro Dio qui, vi uccideremo tutti». La minaccia rivolta dai terroristi islamici di Al-Shabaab ai cristiani di Garissa è di quelle da prendere sul serio. Il 2 aprile, infatti, i jihadisti hanno massacrato nel campus universitario della città kenyota 147 cristiani. E nessuno dubita che potrebbero ripetersi.
«LA MIA CATTEDRALE». A Garissa, però, i cristiani hanno deciso di non disertare la Messa. Patrick Gitau continua a recarsi nella cattedrale della città, Nostra Signora della consolazione, come tutte le domeniche. Dei pericoli che corre, non gli importa: «Ogni domenica vengo qui nella mia cattedrale», dichiara alla Cnn. «Sono stato battezzato in questa chiesa, non potrei che venire qui».
«PUOI MORIRE IN OGNI MOMENTO». La scelta è coraggiosa. Anche se la cattedrale è circondata ormai dall’esercito, tutti sanno che qualche soldato non potrà fermare i jihadisti. Ecco perché Esther, madre di tre bambini, ha scelto di lasciare la città per andare a vivere al di là del fiume: «È per colpa di Al-Shabaab che me ne sono andata da Garissa. Puoi essere ucciso in ogni momento, anche mentre cammini per strada. A casa non sei al sicuro, possono sempre sbucare fuori dalla boscaglia».
DOVERE DI RESTARE. Monsignor Alessandro, originario di Malta, è arrivato in Kenya negli anni ’90. Dopo neanche tre anni, è stato costretto a tornare in patria a curarsi, visto che dei miliziani islamici gli avevano sparato. Cinque anni fa, però, ha deciso di tornare e non ha intenzione di andarsene: «Non è questione di scelta, rimanere qui è il nostro dovere. Nel momento in cui veniamo ordinati vescovi, dobbiamo restare, a prescindere da quello che accade. Finché rimane anche un solo cattolico, il mio dovere è di restare qui».
SE PUOI ANDARE A LAVORARE. Il governo abbia aumentato la sicurezza a Garissa, cercando di proteggere congregazioni e chiese, ma il pericolo è ancora alto. Suor Evelyn Ingoshe non sembra essere preoccupata: «Sapevo che venire in questa zona del paese, per un non musulmano, è pericoloso ma ho seguito il mio cuore e fatto ciò che volevo fare». Ha prestato servizio anche a Mandera, nel nord-est del paese, dove sono frequenti gli attacchi contro i cristiani. «Per me, se puoi andare a lavorare, puoi anche andare in chiesa».
Foto Ansa
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3 commenti
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in casi come questi spuntano sempre fuoti i soliti balordie beceri laicisti e ateisti per i quali la colpa di tutti i mali dle mondo sarebbe la religggggiooooneeeee… però gli stessi, prudentemente, si affrettano a specificare solo del cristianesimo. Sia mai che gli “altri” si arrabbino. Feccia.
Stavolta hanno fatto di meglio! Su quasi tutti i mass media è apparsa l’indignazione politically-correct per il massacro ma con furbizia: essendo un massacro di 147 studenti universitari, hanno voluto gabellarlo come un “attacco alla cultura” (e vai con i discorsoni dei grandi tromboni universitari e pseudointellettuali).
Peccato che si siano abilmente dimenticati di specificare che quei martiri sono stati accoppati perché cristiani. E infatti hanno cercato di mettere quanto più silenziatore possibile al fatterello che molti altri studenti NON sono stati massacrati (e anzi sono stati mandati in libertà) in quanto musulmani.
Siccome mostrare apertamente solidarietà a dei cristiani gli faceva un po’schifo, hanno avuto la bella pensata di camuffarla come attacco alle loro auguste istituzioni, e così con una delle loro due facce si sono divertiti a fare anch’essi un po’ i martiri, mentre con l’altra faccia continuavano e continuano imperterriti a sputare su quei cadaveri, su quelli passati e su quelli a venire.
Matteo 10,28;”Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna”.
Ottima frase: conforto per i perseguitati a causa del Vangelo, sprone per tutti gli altri, me compresa.