
Jugendamt, il caso arriva alla Camera. Interrogazione di Renato Farina
Tempi vi ha parlato negli ultimi giorni del caso Jugendamt – Ridateci i nostri bambini (l’ingiustizia di cui nessuno parla), «Mi hanno portato via Leonardo e Nicolò e l’Italia non fa nulla», Lo Jugendamt gli ha tolto i figli ma per la giustizia italiana i rapitori sono loro, Silvia Kalina, uno scheletro sorridente muore a San Vittore. Il 13 novembre l’onorevole Renato Farina (Pdl) ha presentato alla Camera un’interrogazione che di seguito vi riproponiamo.
RENATO FARINA. – Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione, al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
di recente emersa all’attenzione dell’opinione pubblica l’azione, che coinvolge cittadini italiani, dello Jugendamt. Di esso così riferisce il settimanale Tempi, nel suo sito internet in data 10 novembre 2012: «(È un) ente statale tedesco, qualcosa di più che un ufficio di assistenza giovanile, come invece si pensa. L’organizzazione, che svolge anche un’encomiabile opera a difesa dei giovani sottoposti a violenza, ha la funzione di sostegno attivo ai tribunali e di difesa degli interessi della Germania. Il codice sociale tedesco prevede per legge che lo Jugendamt intervenga sempre quando ci sono della cause di divorzio tra genitori che hanno figli minori, soprattutto quando a separarsi sono coppie binazionali. In tribunale, al momento della separazione, sono presenti la mamma, il papà e come parte in causa lo Jugendamt (il terzo genitore). Il suo compito è quello di garantire il Kindeswohl, letteralmente «bene del bambino», che per i tedeschi non è il bene superiore dei figli – come previsto da tutte le convenzioni internazionali – ma è il bene del bambino secondo la comunità tedesca. In poche parole: lo Jugendamt tende ad anteporre l’essere tedesco dei bambini al loro vero bene, facendo in modo che nessun minore lasci la Germania, che l’affido esclusivo non venga mai dato al genitore straniero, e interrompendo o rendendo difficile i suoi contatti col figlio. Come? Ad ogni costo, con qualsiasi mezzo, spesso anche con misure penali»;
in particolare, si riferisce la vicenda della signora Marinella Colombo, la quale si è vista privata del diritto di vedere il proprio figlio, come ha raccontato lei stessa nel libro «Non vi lascerò soli» (Rizzoli editore). Come riferisce la sintesi curata dalla casa editrice, l’autrice «ha scritto questo libro senza mai uscire di casa. Da più di un anno, infatti, è agli arresti domiciliari, accusata di avere rapito i suoi bambini. La sua, però, non è la solita storia di genitori che usano i figli come terreno su cui sfogare vecchi rancori e desideri di vendetta. Nella sua storia niente è come ci si aspetterebbe che fosse. Nel 2006, quando si separa dal marito tedesco, Marinella ottiene l’affidamento. Da subito però l’istituzione che in Germania ufficialmente tutela i minori, lo Jugendamt, si insinua nella causa di separazione. Nel 2008, per non perdere il proprio lavoro, Marinella è costretta a tornare in Italia. Pur essendoci un accordo tra lei e il marito, a sua insaputa una mattina Leonardo e Nicolò vengono prelevati dalle forze dell’ordine a scuola, e riportati a Monaco di Baviera. Marinella scoprirà anche che sulla sua testa pende un mandato di cattura internazionale per sottrazione di minori, emesso già mesi prima, mentre i bambini, però, erano in vacanza con il marito. Ma le irregolarità non si fermano qui: la sua drammatica vicenda porta alla luce le pratiche anomale e discriminanti dello Jugendamt nei confronti dei coniugi stranieri di coppie miste, testimoniate dalle decine e decine di cause pendenti presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Oggi i bambini sono in Germania, il giudice tedesco scrive che manca loro moltissimo la mamma, ma respinge ugualmente ogni richiesta avanzata da Marinella per non essere cancellata dalla vita dei suoi figli. Ma lei non si è arresa. Continua a lottare contro una giustizia che a dispetto di quel che sostiene non si interessa affatto del bene di chi dovrebbe essere protetto: i bambini. Chi restituirà loro l’infanzia che gli è stata rubata?»;
il polacco Marcin Libicki, ex presidente del comitato per le petizioni del Parlamento europeo, da tempo denuncia lo Jugendamt come organizzazione unica in Europa finalizzata a difendere gli interessi della Germania contro quelli dei cittadini di ogni altro paese. E non è il solo a farlo. Anche l’eurodeputato Nathalie Griesbeck (Aide) della commissione Libertà e giustizia sta cercando di portare alla luce questi casi: «Si tratta di situazioni estremamente gravi e dolorose. Ci sono tantissime coppie binazionali che incontrano enormi difficoltà. L’Unione Europea, la commissione Libertà e giustizia e anche la commissione per le Petizioni, sono sollecitate molto frequentemente, a dimostrazione che esistono tantissime situazioni di questo tipo in tutto il continente. In Europa ci sono 27 legislazioni nazionali diverse e solo con una stretta collaborazione si potrà riuscire a far capire allo Jugendamt che la sua posizione non rientra nel rispetto dei diritti dell’infanzia e del diritto alla vita familiare»;
riferisce Tempi che in Francia è stata la Rete televisiva France3 a portare alla luce queste vicende. «Sono migliaia le famiglie vittime della politica nazionalista dello Jugendamt secondo cui un bambino nato in Germania deve crescere lì», ha raccontato la conduttrice. «L’organizzazione è in grado di influenzare il giudice tedesco determinandone la decisione». Nel caso riportato da France3, agenti dello Jugendamt hanno detto alle bambine che i genitori erano pazzi, e per ordinare alla polizia di prelevarle da scuola hanno utilizzato un referto psichiatrico il quale sosteneva che i genitori non erano in grado di fare crescere i figli. Per fortuna la famiglia è riuscita a scappare all’estero dove i medici li hanno dichiarati sani e in grado di far crescere i loro figli;
l’articolo 11 del regolamento Bruxelles II bis prevede che il bambino possa essere ascoltato durante il procedimento di rimpatrio o di affidamento ad altre famiglie se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità. Questo non accade pressoché mai, facendo supporre che il diritto tedesco non sia in accordo con quello europeo. Invece lo è, ma nessuno ferma lo Jugendamt. «Già varie volte le istanze giuridiche europee hanno sottolineato queste violazioni: da una parte la Corte di giustizia dell’Unione Europea con una sentenza del luglio 2010 e dall’altra anche la Corte europea dei diritti dell’uomo», dice ancora Nathalie Griesbeck. «Lo Jugendamt non rispetta i regolamenti e le convenzioni europee. L’Europa non può intervenire con la forza, ma in ottemperanza di queste sentenze lo Jugendamt dovrà uscire dalla sua concezione restrittiva e che oltraggia, come riconosciuto dalla giurisprudenza, il diritto di vivere in famiglia e il benessere dei bambini»;
l’eurodeputata Cristiana Muscardini (Conservatori social riformatori) e la collega Nathalie Griesbeck, il 30 giugno 2011 hanno interpellato la Commissione europea: «È normale, ammissibile, legittimo, l’uso del mandato d’arresto europeo contro genitori colpevoli soltanto di amare i propri figli sopra ogni altra cosa?». La risposta data da Viviane Reding a nome della Commissione è stata: «Gli Stati membri hanno convenuto, a livello di Consiglio, che l’autorità giudiziaria emittente il Mae debba eseguire un controllo della proporzionalità, valutando la gravità del reato commesso, la durata della condanna e i costi e i benefici che l’esecuzione di un mandato d’arresto comporta». Spetta quindi alla Germania valutare le circostanze particolari di ogni singolo caso. Certo che se è lo Jugendamt a richiedere il Mae, difficilmente la Germania si opporrà -:
se questi fatti corrispondano al vero;
come il Governo abbia, nel caso citato di Marinella Colombo, tutelato l’interesse del bene supremo dei minori e come intenda far valere questi principi nelle sedi internazionali opportune e nei rapporti bilaterali con la Germania. (5-08428)
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